Meloni nei guai. La premier al leader di FI: “Sostegno all’Ucraina saldo e convinto”. E parte la battaglia dei partiti su Viale Mazzini. Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato il Festival di Sanremo a scoprire il vaso di Pandora sulla Rai e sull’Ucraina […]

(DI GIANLUCA ROSELLI – Il Fatto Quotidiano) – Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato il Festival di Sanremo a scoprire il vaso di Pandora sulla Rai e sull’Ucraina? È stata la kermesse canora a far emergere le differenze nella maggioranza sulla guerra, con una Giorgia Meloni schierata sul fronte atlantista e al fianco di Kiev e gli alleati assai più neutri, se non addirittura filo-russi, come evidenziato ieri dalle parole di Silvio Berlusconi. Dall’altra, invece, le polemiche sul Festival hanno fatto esplodere la questione Rai a livello politico, con la maggioranza pronta al cambio dei vertici della tv pubblica e le opposizioni ad alzare le barricate.

Ma torniamo sull’Ucraina. “Se fossi io il premier non andrei a parlare con Zelensky perché stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage di soldati e civili, ma se lui non avesse attaccato le due repubbliche del Donbass tutto questo non sarebbe accaduto”, ha detto ieri il leader di Forza Italia all’uscita del seggio a Milano. Pensieri in parte già espressi negli audio rubati in autunno durante una riunione con i gruppi azzurri, che ora rincara dicendo che va fermata la fornitura di armi: “Tu domani ordini il cessate il fuoco – ha consigliato a Biden di dire a Zelensky – , anche perché noi da domani non vi daremo più dollari e non ti daremo più armi”. Una posizione nettamente diversa da quella della premier Meloni sulla questione Ucraina, e infatti sul tema interviene subito Palazzo Chigi.

“Il sostegno all’Ucraina da parte del governo è saldo e convinto, come chiaramente previsto nel programma e come confermato in tutti i voti parlamentari della maggioranza che sostiene l’esecutivo”, si sbriga a far sapere una nota informale dello staff di Giorgia Meloni. Proprio in queste ore, del resto, è entrato in Gazzetta Ufficiale il sesto invio di armi a Kiev. Ma la questione ora in qualche modo andrà affrontata, perché su un tema così delicato non si può procedere in ordine sparso, con i tre partiti di governo su tre posizioni differenti. E anche se Forza Italia si è affrettata a chiarire che Berlusconi non ha mai messo in discussione il sostegno a Kiev, restano le parole di ieri, che arrivano dopo il distinguo di Matteo Salvini sul caso dell’intervento di Zelensky a Sanremo. “Preferirei che non ci fosse, al Festival io voglio sentire musica e canzoni. Comunque non lo guarderò”, aveva detto il leader leghista.

Poi c’è la Rai. L’attacco di esponenti meloniani di primissimo piano dopo il caso Fedez con il sottosegretario Gianmarco Mazzi (in passato consulente del Festival, tra l’altro) a sostenere che nella tv pubblica bisogna procedere “a un cambio di narrazione” che dovrà avvenire a partire da “un cambio dei vertici” ha messo tutti sul piede di guerra. La questione televisiva, infatti, finora era stata rimandata sia perché non rientrava tra le urgenze del Paese, sia perché Meloni sul tema ha voluto prendersi del tempo. Se si era giunti a una sorta di tregua armata della premier con l’ad Carlo Fuortes, dopo Sanremo gli accordi sono saltati e ora tutto torna in discussione. Il caso Fedez e la pessima gestione del video mancato di Zelensky hanno provocato l’irritazione della premier, che ora pretende un cambio di passo. Ma pure su questo terreno la maggioranza sembra divisa e tutti si sono precipitati a marcare il territorio. “Una riflessione sulla gestione della Rai nel suo complesso andrà fatta”, osserva Salvini. “Ho visto cose ideologicamente spostate a sinistra. Non è giusto. Ma non voglio arrivare alla sostituzione dei vertici, semmai vorrei una Rai che faccia di più il suo mestiere di tv pubblica”, sostiene Berlusconi. Reduce, tra l’altro, dalla sconfitta della controprogrammazione al Festival messa in campo da Mediaset.

Ma in vista di una battaglia senza quartiere sulla tv, anche l’opposizione si fa sentire. “Giù le mani dalla Rai!”, avverte Stefano Bonaccini (Pd). Mentre per il 5S Giuseppe Conte “la Rai ha bisogno di un profondo cambiamento”. La guerra dei partiti su Viale Mazzini è appena cominciata.