Due Stati non hanno mai interessi perfettamente coincidenti. Figuriamoci i 30 coalizzati nella Nato. La sola geografia crea continue differenze. La guerra in Ucraina non affligge il Canada come la Polonia. Vale anche per gli Usa […]

(di Alessandro Orsini – Il Fatto Quotidiano) – Due Stati non hanno mai interessi perfettamente coincidenti. Figuriamoci i 30 coalizzati nella Nato. La sola geografia crea continue differenze. La guerra in Ucraina non affligge il Canada come la Polonia. Vale anche per gli Usa e i principali Paesi europei. Biden è entusiasta della guerra in Ucraina che separa l’Europa dalla Russia. Abituato alle guerre, i morti non lo turbano. Era vicepresidente quando la Nato bombardava la Libia nel 2011 e non fu impressionato nel vedere Gheddafi trucidato dalla folla. Era vicepresidente anche quando è scoppiata la guerra civile in Siria nel 2011, una mattanza che ha alimentato dall’esterno. Era vicepresidente quando è iniziata la guerra in Yemen nel 2015, che ha allevato come un bimbo nella culla fino all’arrivo di Trump nel 2017. Biden è stato anche protagonista del bombardamento delle postazioni dell’Isis in Siria e in Iraq, ed è stata la mente degli Stati Uniti in Ucraina nel 2014 quando Yanukovich veniva rovesciato. Ha visto in diretta l’uccisione di Bin Laden nel 2011 e ha sparato per otto anni in Afghanistan contro i talebani. La strage di Haditha in Iraq, un orrore paragonabile al massacro del Bataclan o di Charlie Ebdo, è stata compiuta dai soldati americani sotto Biden nel 2015.

Per Joe stomaco-duro, morti e distruzioni sono un fatto normale. Fosse per la sua coscienza, la guerra in Ucraina potrebbe andare avanti per vent’anni purché sia “moderata”, affinché Putin non usi l’arma nucleare contraria agli interessi americani, e “prolungata”, affinché la separazione tra Europa e Russia sia completa. Quanto a Italia, Francia e Germania la questione è più complessa. Colti di sorpresa dall’invasione, Roma, Parigi e Berlino hanno operato come dilettanti allo sbaraglio. Draghi è stato teleguidato da Biden, mentre Macron e Scholz sono apparsi come due bambini smarriti nel bosco all’imbrunire. All’inizio, hanno creduto che i russi avrebbero perso o che si sarebbero ritirati in fretta. Ma poi hanno capito che Putin userebbe l’arma nucleare piuttosto che perdere la guerra. E, così, Macron, Scholz e Meloni hanno iniziato a tifare per la Russia. La speranza che Putin vinca questa guerra al più presto cresce in loro con l’avanzare dei russi in Donbass e lo sventramento dell’Ucraina. Ecco perché Italia, Francia e Germania impediscono all’Ucraina di respingere l’attacco russo negando a Kiev le armi necessarie. Le armi che inviano sono tante in termini assoluti, ma poche in termini relativi. Rispetto alle armi di cui dispongono, sono tante (una batteria Samp-T su cinque); rispetto alle armi di cui dispone la Russia, sono poche. Quindi, o trovano un accordo con Putin o l’Ucraina viene distrutta. Chiunque vinca, l’Europa rimarrà instabile. Con una differenza: una cosa è una super-potenza revanscista con 6.000 testate nucleari e un territorio sconfinato come le sue risorse; altra cosa è uno Stato fallito che gridi vendetta senza voce. È più probabile che il sistema-Italia sopravviva alla vittoria della Russia che a quella dell’Ucraina, e Crosetto lo sa bene. La sconfitta della Russia – pensano Macron, Meloni e Scholz – sarebbe l’inizio della fine dell’Europa; la sconfitta dell’Ucraina, invece, sarebbe soprattutto la sconfitta di Biden: persino Enrico Letta ha capito che Putin non ha alcuna intenzione di andare oltre l’Ucraina. Il trio europeo si oppone a ogni iniziativa di pace e dà armi insufficienti che prolungano lo strazio. Mancano alcuni mesi alla grande offensiva di terra della Russia. Macron, Meloni e Scholz non vogliono utilizzarli per trattare. Paralizzati dalla loro inanità, si rifugiano in un cinismo da cui rischiano di essere sepolti.