Nessuno mi toglierà dalla testa che Matteo Messina Denaro si sia preso da solo

(Paolo Farinella, Prete – ilfattoquotidiano.it) – Il tripudio “ostativo”, ancor più rafforzato, oggi ballava il tango e tutti i generi danzanti. Danzano i carabinieri che, quatti quatti, cacchi cacchi, lo arrestano in una clinica in pieno giorno a Palermo, dove aveva sempre vissuto (non era l’alba antelucana l’ora degli arresti “come Dio comanda”?). Danzano i quattro gatti palermitani che si trovano lì per caso e inneggiano i carabinieri, eppure don Matteo andava e veniva da quella clinica, ma nessuno si è mai accorto di nulla. È la folla che un giorno grida “osanna” e il giorno dopo “crocifiggilo”.

Danza il Presidente della Repubblica, addirittura si liquefanno il nostalgico del Senato e l’ipercattolico della Camera. Colei che occupa la presidenza del Consiglio dei Ministri afferra al volo l’aereo presidenziale, senza nemmeno il tempo di cambiarsi di abitino, e vola a Palermo sul cimelio di Falcone e Borsellino, a Capaci. In questa “giornata particolare” che fa trend avrebbe disertato anche l’incontro in Vaticano. Il più esotico ministro degli Interni, che si trova in Turchia con quel gentiluomo di autentica e assodata democrazia che è Erdogan, sembra un miracolato per subitanea grazia ricevuta. Tripudio universale con “inni e canti sciogliamo, fedeli”, dimenticando che tutti costoro stanno varando una contro-riforma della Giustizia che, se fosse già attuata, avrebbe reso impossibile la presa di Diabolik, u siccu, perché pur essendo costretto al buio di uno spazio angusto, poveretto, riusciva a mantenere un metabolismo perfetto, da manichino. Chissà che non lo fosse, visto che qualcuno lo spostava per il mondo intero, ma lui era sempre a Palermo, a due passi da dove si è fatto trovare.

Messina Denaro, il macellaio, l’esteta dell’acido pronto uso per bambini da sciogliere in giornata, addirittura si autopresenta: “Sono Matteo Messina Denaro”, o forse per essere capito, visto che i carabinieri sono palermitani, si sarà autopresentato nella santissima lingua superiore, ah: “Matteo Messina Denaro sugnu, ah!” e magari si è profuso in stupita impressione per la capacità investigativa dello Stato che alla scadenza del mutuo trentennale, con comodo, passa a ritirare l’atto di chiusura e lui, pacifico, tirando anche un sospiro di sollievo: “Baciamo le mani a vossia, ma come mai, così presto siete arrivati? Sempre qua io abitai e vi vedevo passare e spassare e io mi divertivo pure, ah!”.

L’ultimo, ma non ultimo, a danzare la danza del ventre è Berlusconi. Poteva mancare? Lui è un caso inestricabile e problematico: crede di averlo preso lui, Messina Denaro, per farlo curare a San Raffaele. Il poveretto si crede Dio, con la differenza che “Dio è in cielo in terra e in ogni luogo, ma Berlusconi c’è già stato”. Graviano, un uomo di punta della cosca, dichiarò nel 2009 ai magistrati di Firenze di avere fatto affari miliardari con l’inquilino di Arcore e nel processo Dell’Utri nel 2014 la Cassazione, nella sentenza definitiva, scrive nero su bianco che la Fininvest di Berlusconi non solo ebbe rapporti costanti con la mafia, ma addirittura la pagava. Ci manca solo che, da un momento all’altro, dall’Egitto arrivi la nipote di Mubarak con la regina Cleopatra al seguito per danzare il ballo dei sette veli.

Nessuno mi toglie dalla testa che don Matteo Messina Denaro, “omo di panza e di rispetto”, si prese da solo e permise ai gaudenti prenditori di “acciuffarlo” (copyright E. Mentana) senza fatica perché voleva essere preso. Con un cancro e forse anche con i mesi contati, da uomo di finissima efferatezza ha fatto due conti, ragionando pressappoco così: vicino alla morte, voglio morire da par mio, dando uno schiaffo a questi quaquaraquà che da 30 anni mi proteggono, nascondono, lasciandomi indisturbato a fare gli affari nostri. Stiamo scherzando? Qui l’unico signore “iu sugnu!”. Sono io che mi prendo da solo e a voi presento il conto perché mi dovete curare, proteggere, dare da mangiare e farmi dormire tranquillo. Starò attento a non prendere caffè. È certo che devo morire, ma intanto nell’attesa, vi lascio credere che se io parlo se la devono fare sotto tutti, tutti quanti, perché con me potrebbe morire Sansone e tutti i santissimi Filistei! Parola di galantuomo. W l’Italia della scena… a scena aperta!