Kiev promette altre vittorie: ma il 70% della regione è in mano alle truppe di Mosca. Continua la festa dei soldati ucraini che levano i fucili al cielo per la vittoria a Kherson, ma comincia anche il coprifuoco per procedere allo sminamento della città […]

(DI MICHELA A. G. IACCARINO – ilfattoquotidiano.it) – Continua la festa dei soldati ucraini che levano i fucili al cielo per la vittoria a Kherson, ma comincia anche il coprifuoco per procedere allo sminamento della città. Da Kiev si invita alla prudenza: il 70% della regione rimane sotto controllo russo. Non è comunque tempo di colloqui di pace: “Non credo che la ripresa dei negoziati sia possibile” ha detto ieri il procuratore generale ucraino, Andriy Kostin ai giornalisti della Bbc. Nell’oblast i cittadini sono rimasti senza acqua, senza riscaldamenti, senza elettricità – in macerie il 40% del sistema elettrico – e l’energia che rimane a civili e militari è quella della resistenza ad oltranza. “Stiamo vincendo, ma la guerra continua” ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmitro Kuleba, convinto che le aperture di Mosca alla diplomazia siano solo “una cortina fumogena”. I primi a volere la fine della guerra sono gli ucraini ma “finché vedremo la Russia mobilitare più coscritti e portare più armi in Ucraina, continueremo”. Il capo del dicastero dal vertice Asean (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) non ha escluso un incontro con l’omologo russo, Sergey Lavrov, che al momento però non lo ha richiesto, come vuole il protocollo. Il presidente Zelensky si spinge oltre: “Non dimentichiamo nessuno, non lasceremo nessuno indietro. Sarà lo stesso a Henicesk e Melitopol. Verremo in tutte le nostre città e villaggi del Donbass. Vedremo sicuramente le forze ucraine incontrare le bandiere ucraine in Crimea, che tengono lì, e ce ne saranno centinaia per le strade il giorno della liberazione”.

Quando la Russia vorrà davvero la pace “la ascolteremo e ci incontreremo sicuramente”, ma al momento la via negoziale non è tracciata. Il presidente ucraino ha escluso l’esistenza di una prospettiva immediata della fine dei combattimenti. Alcune delle condizioni richieste sono il ripristino dell’integrità territoriale, la persecuzione dei crimini di guerra russi, la confisca dei beni della Federazione per gli enormi danni subiti nel conflitto, soprattutto per gli attacchi piovuti dal cielo. Lo stesso segretario di Stato usa, Blinken, fa sapere: sarà Kiev a decidere tempi e modi di un eventuale negoziato con Mosca. Capitolo armi: Zelensky ha chiesto donazioni volontarie alla piattaforma governativa United24: “Dobbiamo difendere le acque dei nostri mari e le città dai missili russi in arrivo dalle navi”. I velivoli senza pilota, capaci di viaggiare ad 80 chilometri l’ora entro un raggio di 800 chilometri, hanno già funestato la flotta russa di Sebastopoli. Adesso per la produzione di ogni prototipo occorrono agli ucraini almeno 10 milioni di grivne, più di 270 mila dollari. “I droni navali ci aiuteranno a sbloccare i corridoi per le navi civili che trasportano grano per il mondo” ha assicurato Zelensky, ma nell’immediato a tentare di garantire un nuovo corridoio per i cereali sarà il presidente turco Erdogan, che ha promesso di parlare nelle prossime 24 ore con il presidente russo; intanto Putin ieri al telefono ha risposto solo al presidente iraniano Erahim Raisi.

La prospettiva del ritorno al tavolo dei negoziati è ormai più che rovesciata: è diventata invisibile. Lo sanno anche negli Usa. “Ha senso aspettare adesso”: è arrivato “il momentum ucraino, questo progresso creerà le condizioni per ogni discussione” ha detto William Taylor, ex ambasciatore americano a Kiev. Il diplomatico ha riferito ai reporter di Al Jazeera che “gli ufficiali americani non stanno facendo pressione o suggerendo agli ucraini di procedere con i negoziati”. Secondo un sondaggio condotto a fine ottobre dall’Istituto di sociologia internazionale di Kiev l’86% degli ucraini vuole che si continui a combattere. Solo il 29% della popolazione – per lo più residenti dell’Est – spera che i colloqui risolvano il conflitto. Almeno l’88% dei cittadini – ha riferito lo stesso ente a novembre – crede ormai in un futuro prospero del Paese nella famiglia dell’Unione europea. Tornando a Kherson, a sud della regione, sulla costa del Mar d’Azov e lontano dal Dnepr, è stata scelta la nuova capitale amministrativa dei filorussi: si tratta di Genichesk. A riferirlo Aleksandr Fomin, portavoce del governo creato da Mosca. “La Russia si riprenderà tutti i suoi territori”: ad assicurarlo, mentre infuriano le proteste dei falchi e degli interventisti, è l’ex presidente Dmitri Medvedev. La Federazione “per ovvie ragioni non ha usato tutto l’arsenale di possibili armi di distruzione. Noi cerchiamo di salvare la vita dei nostri militari e civili, i nostri nemici no”. È la linea che ribatte il regime Putin, ma viene smentita dai messaggi social dei soldati russi: il Cremlino ne ha abbandonati almeno 10 mila, rimasti intrappolati sulla riva destra del Dnepr.