(Stefano Piazza – la Verità) – Revocare le sanzioni imposte dall’Ue contro la Russia entro la fine di quest’ anno. Chi l’ha detto? Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov? Oppure il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov? Nient’ affatto, questo appello lo ha lanciato ieri il premier ungherese, Viktor Orbán: a suo avviso Bruxelles avrebbe imposto le sanzioni «trasformando un conflitto locale in una guerra economica mondiale».

Poi Orbán, che ha parlato durante un meeting del suo partito Fidesz, ha chiesto ai membri del suo partito «di fare tutto il possibile affinché l’Ue ritiri le sanzioni contro la Russia». Ma non solo, perché il governo ungherese avvierà a breve una consultazione nazionale, dal momento che «non è giusto che l’élite di Bruxelles abbia deciso da sola».

A chi fa spallucce ritenendo che l’Ungheria è un Paese secondario e che lo stesso Orbán sia solo un populista amico di Vladimir Putin e che non conta nulla, occorre ricordare che l’Ungheria è membro della Nato, dell’Ocse, del Gruppo di Visegrád e dell’Unione europea, nella quale è entrata il primo maggio 2004, e ha firmato gli accordi di Schengen.

Nonostante ciò, il leader ungherese è diventato una vera spina nel fianco per Bruxelles, che solo tre giorni fa lo ha accusato di «cattiva gestione dei fondi europei, corruzione, e soprattutto, di deriva antidemocratica». Inoltre la Commissione europea ha proposto il taglio del 65% dei fondi di coesione dell’Ungheria (pari a 7,5 miliardi di euro) poiché «permane il rischio posto al budget Ue, nel quadro delle violazioni allo stato di diritto, nonostante le misure promesse da Budapest di sistemare i problemi indicati dalla Commissione».

È opportuno ricordare che l’ammontare complessivo dei fondi di Coesione previsti per l’Ungheria è di circa 22 miliardi di euro. E che ne pensa Orbán, si è spaventato? Il rapporto dell’Ue secondo il premier è «una barzelletta»; affermazione fatta qualche giorno fa a Belgrado, dove ha ricevuto dal presidente serbo, Aleksandar Vucic (che già oggi è una mina vagante per l’Ue anche se la Serbia è solo un Paese candidato), un’alta onorificenza.

«Il Parlamento europeo già due-tre volte ha adottato simili documenti di condanna dell’Ungheria. Prima pensavamo che avessero una qualche importanza, ma ora vediamo che si tratta di una barzelletta», ha dichiarato Orbán. Successivamente l’esecutivo di Fidesz ha dichiarato che «entro fine anno provvederemo a dirimere tutte le controversie con la Commissione europea con una decina di provvedimenti ad hoc».

La richiesta di revoca delle sanzioni alla Russia non è che l’ennesimo capitolo di uno scontro che pare non finire mai con l’Unione europea e con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen: dall’accoglienza ai migranti, dalle riforme costituzional alla pena di morte, fino ai diritti Lgbt e più recentemente ai veti (poi ritirati) sull’embargo al petrolio russo, Orbán non perde occasione per votare contro e minacciare veti. E ora la richiesta di fermare le sanzioni è un problema che allunga la lista della grane che Bruxelles si ritrova ad affrontare.