Giuseppe Conte farebbe bene a chiarire: il M5S si opporrà all’invio di nuove armi a Kiev (come titolava in prima pagina Il Fatto lunedì scorso), salvo compiacersi poche ore dopo in tv dei successi conseguiti dall’esercito ucraino grazie anche ai nostri aiuti militari (approvati in Parlamento […]

(DI GAD LERNER – ilfattoquotidiano.it) – Giuseppe Conte farebbe bene a chiarire: il M5S si opporrà all’invio di nuove armi a Kiev (come titolava in prima pagina Il Fatto lunedì scorso), salvo compiacersi poche ore dopo in tv dei successi conseguiti dall’esercito ucraino grazie anche ai nostri aiuti militari (approvati in Parlamento col voto determinante del suo partito)?

In troppi stanno facendo i furbi e strumentalizzano il dilemma ucraino – armi sì o armi no – al solo fine di giustificare un incremento accelerato delle spese militari da inserire nel bilancio dello Stato. Va chiarito che l’invio di rifornimenti bellici a Kiev c’entra come i cavoli a merenda con i 6 miliardi messi a budget martedì scorso alla Commissione Difesa del Senato per l’acquisto di carri armati, cacciamine, missili, elicotteri. E con gli svariati altri miliardi dirottati alla produzione di armamenti su richiesta della Nato, che il governo Draghi vorrebbe stanziare come se non fosse in carica solo per gli affari correnti. Bene hanno fatto i senatori M5S a opporsi a quel che definiscono un “colpo di mano di fine legislatura”, a vantaggio della “potente lobby del complesso militare-industriale”. Ma questo nulla c’entra con la scelta se sostenere ancora militarmente gli ucraini o interrompere le forniture. Lo stesso Conte si è compiaciuto degli esiti positivi della controffensiva ucraina nel nordest, che ha portato alla liberazione di vasti territori occupati. Pur depurandola dai toni trionfalistici della propaganda bellica, si tratta di una notizia che impone a noi tutti una riflessione sincera.

Sarebbe stato meglio – non dico per gli ucraini, che hanno già risposto combattendo per più di duecento giorni, ma per noi europei e per noi italiani – se l’esercito di Kiev si fosse arreso subito di fronte all’aggressione di Putin? Ovvero se le mire imperiali di un regime etnonazionalista fossero state subite senza colpo ferire, vista la (apparente) disparità delle forze in campo? Siamo sicuri che Putin si sarebbe accontentato e che la nostra sicurezza, il nostro benessere, ne avrebbero tratto giovamento?

Si sono dette e scritte molte stupidaggini su questa sporca guerra. Compreso il fatto che Putin l’avesse già vinta, e tanto valeva riconoscerlo nell’interesse della popolazione civile destinata a sopportarne il giogo. Per non smentirsi, qualcuno sottolinea un’ovvietà. E cioè che l’Ucraina non avrebbe resistito senza l’apporto determinante delle armi e dell’intelligence della Nato. È vero. Ma non è tutta la verità.

Dopo il fallito colpo di mano con cui Putin tentò di accerchiare Kiev e deporre Zelensky, ripiegando su una guerra di posizione che oggi si rivela più difficoltosa del previsto, decisivo s’impone riconoscere la diversa natura dei contendenti: i soldati ucraini combattono con il sostegno della popolazione, intenzionata a difendere strenuamente l’indipendenza nazionale ottenuta nel 1991. I soldati russi, reclutati in province lontane, sono invece mandati a combattere senza sapere neanche il perché. Gli esperti militari e i cattedratici della pseudoscienza chiamata geopolitica, sono portati a misurare i rapporti di forza ignorando il fattore umano rappresentato dalla volontà popolare. Lo sperimentarono amaramente gli americani in Vietnam. Così come lo sperimentano gli israeliani che con la loro superiorità bellica ebbero facilmente ragione delle armate dei paesi arabi, quando tentavano di buttarli a mare; ma che sono tuttora costretti a fare i conti con l’indomita volontà d’indipendenza del popolo palestinese.

Ho ben presente la diffusa antipatia suscitata anche fra i nostri lettori da svariate manifestazioni del nazionalismo ucraino, esasperate dal fatto che l’Ucraina, pur non essendo un regime autocratico come la Russia, certo non è neppure un modello di società liberale. Lo stesso Zelensky viene spesso liquidato come burattino di potenze straniere anziché come legittimo capo di governo. Sono sentimenti che ostacolano una visione serena dei fatti e inducono a far proprie teorie fantasiose, secondo cui la controffensiva di Kiev sarebbe stata pianificata al solo scopo di favorire Biden nelle elezioni di midterm e i governanti europei alle prese con il caro bollette. Quasi dovesse dispiacerci se tornano sotto controllo ucraino i territori occupati dagli invasori.

Tali considerazioni non esimono chi ci governa dal ricercare la via del negoziato e del compromesso, offrendo a Putin una via d’uscita dal pasticcio in cui è andato a cacciarsi. Tanto meno giustificano il dissennato progetto di riarmo che i vertici Nato pretendono di imporre ai paesi europei. Ma sulla necessità di mantenere il sostegno a Kiev io continuo a pensarla come il compianto presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia che fece la Resistenza dapprima in una brigata partigiana e poi arruolato in un esercito regolare.