(Francesco Merlo – la Repubblica) – C’era già prefigurato, nella parola “maggiorata”, l’eccesso della candidatura a Latina (e a Catania e in Veneto) della Bersagliera che, a 95 anni, da sola maggiora la lista di Antonio Ingroia, il suo avvocato, e la falce e martello di Marco Rizzo: «Avanti Lollo, alla riscossa, bandiera rossa».

E, a riprova che il soprannome “maggiorata” non solo ha imprigionato il suo corpo nelle famose forme prosperose, ma le ha pure imposto il destino di una vita spericolata (altro che Steve McQueen), c’è pure la battaglia di Gina Lollobrigida e del suo tuttofare innamorato Andrea Piazzolla contro la Cassazione: «Ci arrendiamo solo se ci ammazzano».

Esagerati? I giudici hanno nominato un tutore per aiutare il figlio Mirko a “proteggere” i soldi della mamma che, sempre più maggiorandosi con enormi parrucche e smodati gioielli, è spesso superospite in tv ma solo nell’ora del pensiero meridiano, quello maggiorato dal patetico.

La parola “maggiorata” fu inventata dallo sceneggiatore Continenza, un nome che esaltava o meglio maggiorava il bel gioco dei contrari. Vittorio De Sica interpretava, come oggi Ingroia, l’avvocato trombone dell’adultera Gina che aveva avvelenato la suocera: «Signor giudice, se la legge ritiene innocenti i minorati psichici, perché non si dovrebbe fare altrettanto con una maggiorata fisica»?.

Fu assolta grazie all’opulenza delle forme che elevò l’adulterio da reato penale e peccato mortale a necessità naturale giustificando, con la geometrica potenza di tette, fianchi e sedere, anche il crimine: omicidio sì, ma solo della suocera. Vale oggi più di allora quell’arringa di De Sica perché la vecchia Lollobrigida è molto maggiorata: per età, per la roba, per Rizzo e Ingroia che sembrano Franco e Ciccio nel film “I due comunisti-sovranistinovax- noeuro-noNato”.

Ed è maggiorata per il figlio e l’amante che se la contendono e per le opache perizie sulla sua lucidità. Nel 1982, all’Avana, intervistai Fidel Castro e gli chiesi se fosse vero che l’aumentada, l’incrementada, lo avesse conquistato sfrecciando in topless sul motoscafo. Eugenio Scalfari raccontò ( Grand Hotel Scalfari, Marsilio): «Non l’avevo mai incontrata. Perciò, vedendola, le ho detto: ‘Mi dispiace non averla conosciuta quarant’ anni fa, perché lei, signora Lollobrigida, era splendida’. Dandomi una lezione, mi rispose: ‘Lei, Scalfari, è ancora splendido’».

Eppure, Orio Vergani ( Diario – Baldini & Castoldi), facendo parte della giuria di Miss Italia nel 1947, la bocciò: «Non era una statua ma una statuina». Le fece pure un esame di cultura: «Mi disse che studiava pittura ma non aveva mai sentito nominare Amerigo Bartoli. Volevo troppo bene al vecchio Amerigo e non le diedi la spintarella che le avrebbe evitato il terzo posto”. Direbbe, 75 anni dopo, don Abbondio: “Amerigo Bartoli, chi era costui?”.