Nel pomeriggio l’incontro decisivo a Palazzo Chigi. L’ex premier ha un corposo fascicolo: vuole un piano sulla crisi sociale. All’incontro con Mario Draghi delle 16 e 30 a Palazzo Chigi, Giuseppe Conte si presenterà con un corposo fascicolo sotto braccio. Un testo di una manciata di pagine […]

(DI TOMMASO RODANO – Il Fatto Quotidiano) – All’incontro con Mario Draghi delle 16 e 30 a Palazzo Chigi, Giuseppe Conte si presenterà con un corposo fascicolo sotto braccio. Un testo di una manciata di pagine – ieri pomeriggio erano 7, in serata sono state limate – con le richieste del Movimento Cinque Stelle per continuare ad appoggiare il governo dell’ex capo della Bce. Il dossier è frutto di un lavoro collettivo con i suoi collaboratori e con i ministri del M5S, come si apprende da fonti vicine all’avvocato. Con questo “papello” da consegnare al premier, Conte chiederà una serie di impegni più ampi rispetto ai quattro paletti già fissati e anticipati sul Fatto di ieri, quelli su armi, reddito di cittadinanza, salario minimo e termovalorizzatore di Roma. Le questioni di principio fondamentali per il capo dei Cinque Stelle sono soprattutto due: la prima è la promessa di un impegno finanziario speciale del governo sulla questione sociale, la povertà e i salari. Il bonus di 200 euro una tantum stanziato dall’esecutivo è considerato una misura gravemente insufficiente, risibile rispetto all’erosione di potere d’acquisto causata dall’inflazione e alle proporzioni della crisi che rischia di spalancarsi di qui all’autunno. Conte chiederà quindi un piano complessivo contro la povertà, oltre all’introduzione del salario minimo e alla difesa del reddito di cittadinanza (tema su cui ieri si è esposto anche Beppe Grillo, con una rubrica sarcastica sul suo blog dal titolo “Bye bye povery”).

La seconda questione di principio è sulla pace: Conte e i Cinque Stelle chiedono un cambio di passo del governo sul conflitto ucraino; di uscire dall’inerzia del semplice invio di armi e di un impegno concreto perché l’Italia sia promotrice di negoziati e di una soluzione diplomatica.

Sono temi, soprattutto l’ultimo, su cui è difficile immaginare un’improvvisa e radicale conversione della linea di Draghi. Ipotesi scoraggiata anche dalle veline lasciate filtrare ieri da Palazzo Chighi: “L’agenda di governo è quella e certo non cambia in relazione a un incontro”, hanno riferito all’Adnkronos fonti vicine al premier. “C’è ascolto e massima attenzione” ai temi che saranno posti dal Movimento – alla stessa maniera in cui Draghi ritiene di prestare attenzione a quelli posti dagli altri partiti – ma “l’agenda resta la stessa e le sfide che attendono il governo non possono essere eluse, anche alla luce del Pnrr”, ha fatto sapere il presidente del Consiglio dalla villeggiatura di Città della Pieve. Draghi proverà inoltre a persuadere Conte di non aver pronunciato le parole contro di lui che gli ha attribuito Domenico De Masi nell’intervista al Fatto, ovvero di aver suggerito a Beppe Grillo di tagliarlo fuori dalla guida del Movimento.

Al di là degli aspetti personali, l’esito dell’incontro di domani dipenderà principalmente dalle questioni politiche: se il premier dovesse confermare l’atteggiamento di assoluta rigidità che raccontano le sue fonti, per i Cinque Stelle arriverebbe il momento delle decisioni definitive. Conte si farà un’idea del sentimento del corpo del Movimento nella riunione del Consiglio nazionale convocata per le 13, prima dell’incontro con il premier. Poi, a conti fatti, dovrà prendere una decisione: dentro o fuori. E se la situazione dovesse precipitare, l’ultima parola sul ritiro dei ministri e sull’eventuale appoggio esterno spetterebbe agli iscritti, così come è stato per l’adesione all’esecutivo.

Oltre al benevolo “ricatto” di Draghi (“non esiste governo senza M5S”) e al probabile effetto domino che un’uscita dei grillini avrebbe sulla Lega (non è difficile ipotizzare a quel punto che anche Matteo Salvini non muova le sue pedine), ieri è arrivata anche la minaccia esplicita di Dario Franceschini. Il ministro della Cultura ha chiuso la festa della sua corrente AreaDem con un messaggio poco distensivo verso i Cinque Stelle: “Se rompono con il governo, non ci sarà nessuna alleanza con il Pd nel 2023”. Parole a cui Conte non dà peso eccessivo: con l’attuale legge elettorale i dem e il M5S non possono prescindere gli uni dagli altri se vogliono evitare di essere irrilevanti nei collegi.