Altra grana per il Movimento: in uscita oltre 20 morosi, qualcuno aveva smesso di pagare le quote già dal 2020. Alcuni di loro non versano una lira da più di un anno, altri hanno bonificato qualche quota lasciandosi però indietro migliaia di euro di debiti. Tra i parlamentari che seguiranno Luigi Di Maio […]

(DI LORENZO GIARELLI – Il Fatto Quotidiano) – Alcuni di loro non versano una lira da più di un anno, altri hanno bonificato qualche quota lasciandosi però indietro migliaia di euro di debiti. Tra i parlamentari che seguiranno Luigi Di Maio in “Insieme per il futuro” ce ne sono molti – più di 20, dunque più di un terzo – che dicono addio al Movimento senza aver onorato gli impegni economici con la forza politica che li ha eletti. Provocando così una grana niente male a Giuseppe Conte, che in questo modo si ritrova un buco da oltre mezzo milione: circa 600 mila euro di crediti difficilmente recuperabili che si uniscono al problema dei mancati introiti futuri, vista la cospicua riduzione dei gruppi parlamentari (e dunque dei contributi erogati dalle Camere).

Dopo la riorganizzazione contiana, da aprile 2021 ciascun eletto 5S dovrebbe versare 1.000 euro al mese come auto-tassa di finanziamento del Movimento e altri 1.500 euro come restituzione, conseguenza di quel vecchio principio etico per cui lo stipendio dei parlamentari era ritenuto troppo alto. Certo, il Movimento avrà crediti da recuperare anche da chi è rimasto, ma almeno per quelli potrà far valere le proprie sanzioni interne.

A contribuire a quel mezzo milione di debito ci sono anche parecchi big in fuga. È il caso di Vincenzo Spadafora, che in 14 mesi (da aprile 2021, appunto) ha versato al M5S 10.500 euro dei 30 mila dovuti. Se vorrà mettersi in pari prima di chiudere la porta, dovrà sborsare quasi 20 mila euro. Primo Di Nicola, che sarà il capogruppo in Senato, è invece fermo al 2021, anno in cui ha versato 20 mila euro. Anche l’ultimo bonifico del deputato Mattia Fantinati è piuttosto invecchiato: a febbraio 2021 versò 6 mila euro; poi più nulla. Il suo debito da aprile 2021 è di 30 mila euro, ma – come per altri fuoriusciti – sulla carta le pretese potrebbero essere anche maggiori andando più indietro nel tempo. Prima di allora, infatti, i versamenti andavano in parte a Rousseau e in parte sui conti del Movimento, ma senza una quota forfettaria prestabilita, motivo per cui è difficile quantificare il denaro mancante.

A ogni modo, anche solo prendendo questa data come riferimento il materiale non manca. Luciano Cadeddu non versa nulla dal 2020, così come Daniele Del Grosso (e dunque il debito rispetto al nuovo corso è di 30 mila euro a testa). A settembre 2020 risalgono le ultime notizie bancarie di Luca Frusonedesaparecido dei versamenti. Vita Martinciglio ha pagato fino a marzo 2021, poi, evidentemente scontenta della nuova fase, ha deciso di smettere. Nessun bonifico neppure da Emanuele Scagliusi e Simone Valente, entrambi fermi all’agosto 2020. L’onorevole Patrizia Terzoni invece è arrivata fino all’aprile 2021, data entro la quale aveva già versato la ragguardevole cifra di 12 mila euro. Dopodiché, neanche più un euro.

Il deputato Stefano Vignaroli sembrava voler tenere un buon ritmo, con 6 mila euro versati a maggio del 2021, ma quello rimane il suo ultimo contributo: ne mancano 24 mila. Marta Grande, a lungo presidente della prestigiosa commissione Affari esteri alla Camera, è indietro di tutto il 2021 e 6 mesi del 2022. Marianna Iorio scucì un unico assegno da 12 mila euro nel febbraio 2021: non ha più replicato. Gianluca Vacca, altro big della scissione, in tutto il 2021 ha bonificato 6 mila euro, mentre Generoso Maraia dall’anno scorso ha donato soltanto 8.500 euro.

Non è finita: tra i morosi ci sono anche Vincenzo Presutto , uno degli scudieri campani di Di Maio (in pari per il 2021 ma non per l’anno nuovo); Vittoria Casa (6 mila euro versati in un anno e mezzo); Gianluca Aresta (11 mila euro nel 2021, poi stop). Gianluca Rizzo, deputato siciliano al secondo mandato, è fermo da gennaio, Andrea Caso da ottobre dell’anno scorso. Un mese prima, a settembre, un altro fedelissimo di Di Maio come Sergio Vaccaro faceva arrivare il suo ultimo bonifico: mancano all’appello 8.500 euro. Gianfranco Di Sarno era stato un orologio svizzero fino a ottobre, ma adesso deve circa 15 mila euro al Movimento. Anche lui, come i colleghi, non tanto per fedeltà al M5S, ma per non rinnegare una promessa elettorale.