(Tommaso Merlo) – Il Movimento è morto da tempo. Siamo alla scissione del nulla. Doveva rivoluzionare l’Italia ma si è dissolto miseramente nei palazzi del potere. Partenza a razzo e poi tracollo, coi portavoce trasformati in onorevoli qualunque di un partitello qualunque. Cravatte, auto blu, alta società, ma non solo. Anche tanto egoismo. Sul gruppo hanno prevalso capetti e correnti. Sugli ideali, meschinità e ambizioni. Ma quello che ha davvero rovinato il Movimento è stato il voltare le spalle alla sua idea originaria. Invece cioè d’investire nella democrazia diretta ed ampliare la partecipazione dei cittadini in modo che la guida politica rimanesse davvero a loro, il Movimento si è sempre più arroccato nei palazzi. Finendo così nelle mani di una classe dirigente che si è rivelata a tratti imbarazzante. Arroccandosi, il Movimento non solo ha perso la rotta e le idee, ma anche il coraggio e la forza di lottare per cambiare il paese. Questo perché in democrazia la spinta viene solo dal basso, dalla strada. Omologandosi, il Movimento si è smarrito e ammosciato fino a farsi progressivamente risucchiare dal sistema. Frasi fatte, protocolli politically correct, vuoto chiacchiericcio. Tattiche e ordinaria mediocrità. Politica qualunque di un partitello qualunque. Con l’aggravante che essendo nato rivoluzionario, oggi il Movimento è percepito come traditore da quei milioni di cittadini che ci avevano creduto. E in politica come nella vita non c’è niente di peggio. Del resto parlano i fatti. Tra una scusa e l’altra, oggi il Movimento è al governo con tutti i suoi storici nemici. Da Berlusconi a Renzi. Da Draghi al Pd. E vanno pure d’amore e d’accordo. Da sogno ad incubo. Da speranza a fregatura. Il risultato è noto a tutti. Piena restaurazione e il fu Movimento non lo vota più nessuno nemmeno a pagamento ormai da anni. Neanche attaccarsi disperatamente alla giacchetta di Conte gli è servito. Il Movimento sopravvive giusto nei palazzi romani tra arazzi e mobilia rococò. Tra microfoni che nessuno ascolta più e ordinaria mediocrità politicante. Altro che rivoluzione, a rimorchio del sistema marcito che dicevano di voler smantellare. Un tracollo repentino quanto la sua ascesa. Ma la delusione non deve spegnere le speranze. Questo perché a votare Movimento è stato l’elettorato più dinamico, tutti coloro che non appartengono a nessun partito e che disgustati dalla vecchia politica vogliono cambiamento radicale. Lo volevano allora e lo vogliono anche oggi. Checché ne pensino Lorsignori, i veri protagonisti del 2018 sono stati quegli elettori, non il Movimento e i suoi reggenti. Sono stati i cittadini che dopo decenni di umiliazioni, si son ritrovati attorno ad una proposta politica innovativa che ritenevano sensata. Il Movimento è stato cioè solo il punto d’incontro di quei cittadini e delle loro istanze. È finita male? Pazienza. Quei milioni di elettori sono ancora lì come del resto lo sono le loro istanze. E quando gli verrà proposto un nuovo progetto valido di cambiamento, non esiteranno a sostenerlo. È solo questione di tempo. Una conferma viene dalle percentuali bulgare di astensione, gli elettori non vogliono tornare a minestre riscaldate. Vogliono andare avanti e non indietro. Già, la delusione non deve spegnere le speranze. È solo questione di tempo. I politicanti possono arrovellarsi fin che vogliono, ma le società prima o poi trovano sempre il modo di procedere. Un conto è la mediocrità quotidiana, un conto la storia. Il Movimento è morto da tempo. Siamo alla scissione del nulla. Ma morto un Movimento se ne fa un altro.