Avendo fatto un po’ di politica e avendo conosciuto i 5 Stelle in Parlamento, ho sempre avuto piena consapevolezza dei loro vistosi limiti culturali, politici, di classe dirigente. E tuttavia ho pensato e continuo a pensare che sottovalutarli o peggio […]

(DI FRANCO MONACO – Il Fatto Quotidiano) – Avendo fatto un po’ di politica e avendo conosciuto i 5 Stelle in Parlamento, ho sempre avuto piena consapevolezza dei loro vistosi limiti culturali, politici, di classe dirigente. E tuttavia ho pensato e continuo a pensare che sottovalutarli o peggio liquidarli con parole sprezzanti – al modo dei Renzi e dei Calenda – sia stato e sia, ancor più che ingeneroso, miope. Una prova di superficialità.

Un distaccato analista, più ancora di un politico, quand’anche giudicasse nullo o addirittura negativo il loro concreto contribuito in termini di risultati pratici, dovrebbe quantomeno riconoscere due cose: 1) essi hanno intercettato una domanda, se si vuole, anche un sentimento-risentimento che avrebbe potuto prendere una piega assi più inquietante e persino violenta, e l’hanno parlamentarizzata; 2) il consenso raccolto nel 2018 e, certo, oggi in larga parte evaporato, tuttavia fu di dimensioni tali (lo votò un italiano su tre) da meritare allora, ma ancora oggi, qualcosa di più di una smorfia di compiaciuta irrisione. Pur ammesso che vi fosse una dose di anti-politica, possiamo concludere che il problema della disaffezione da politica e istituzioni sia alle nostre spalle? Con gli attuali numeri dell’astensione dalle urne?

Intendiamoci, per parte sua, il M5S è chiamato a qualcosa di più di un’autocritica. Più chiaramente: a fare un bilancio schietto e onesto dei limiti genetici del suo progetto politico. Esemplifico: non solo l’evaporazione del consenso, ma ancor prima l’indeterminatezza della sua identità politica, la dissoluzione della sua rete di base (i meet-up), la qualità complessiva (salvo eccezioni) della sua classe dirigente, l’emorragia di massa dei suoi gruppi parlamentari, quel che è peggio, nelle più diverse e talora imbarazzanti direzioni. Nonché la endemica litigiosità interna.

Solo partendo da questi due presupposti complementari – dal lato dei detrattori, non esorcizzare il macigno della macroscopica sintomatologia di una stagione politica rappresentata dal M5S e, da parte di esso, un ripensamento in radice del sostanziale esaurimento della loro esperienza – si può impostare, io credo, ragionevolmente e utilmente, una riflessione sul loro presente e sul loro futuro.

Non mi è dato di svolgere qui l’intero ragionamento. Mi limito alla mia personalissima conclusione. La maturazione, nel tempo, di una cultura di governo – che non è di oggi – è stata un guadagno. Ed è difficile non riconoscere che, a tal fine, decisivo è stato il contributo di Conte. Pur tanto bersagliato dal vecchio establishment in quanto avvertito a sé estraneo, si devono soprattutto a lui la gestione della pandemia e la conquista del Recovery Fund grazie a un negoziato a corda tesa con la Ue. Può darsi che egli sia meno versato per una leadership politica e tuttavia onestà vorrebbe – specie da parte di chi è stato attore-protagonista dell’intera avventura del M5S (in primis Di Maio) – che si riconoscesse che oggi a Conte è affidata – lo esprimo brutalmente – una missione al limite (e forse oltre) dell’impossibile. Cioè – anche se lui non lo può dichiarare così – non già rivitalizzare il movimento, ma aprire una stagione nuova a tutti gli effetti. Cambiasse o meno la sigla. Non ripensare, ma “pensare ex novo” la ragione sociale del M5S o come esso si chiamerà. La quale, a mio avviso, non può configurarsi né come un impossibile ritorno alle origini (modulo Di Battista) né, per converso, come un partito schiacciato sull’establishment (alla Di Maio), aggiungendosi al già affollato “partito di Draghi”, ma piuttosto disegnando un soggetto politico connotato da una spiccata sensibilità sociale e ambientalista e dalla cultura della legalità. In un rapporto di collaborazione ma anche di differenziazione rispetto al Pd lettiano.

Bersani, uomo saggio, parla di una sinistra di nuovo conio. Forse ciò risponde a una domanda sociale e politica inevasa e comunque, realisticamente, non vedo alternative per il M5S. Per questo penso che bisognerebbe portare rispetto a chi è stato caricato di una missione forse impossibile.