(Estratto dell’articolo di Wanda Marra – il Fatto quotidiano) – […] Matteo Renzi ha ricominciato ad agitarsi. La fine della legislatura è vicina e il fu Rottamatore deve raggiungere un obiettivo per nulla scontato: farsi rieleggere. […] le principali speranze di Matteo sono riposte in quell’Enrico Letta che defenestrò da Palazzo Chigi senza pietà. Renzi […] non può rinunciare al seggio da parlamentare: un po’ perché per continuare la sua carriera parallela deve avere una certa influenza in politica; un po’ – anzi, soprattutto – perché ha bisogno dell’immunità per proteggersi dai guai giudiziari.

Il centrino di Calenda & C.: nessuno vuole Renzi in lista

IL LEADER DI IV CERCA UN “TETTO” – Immunità. All’ex premier serve una rielezione a tutti i costi: l’ultima speranza è che lo salvi il Pd.

(DI WANDA MARRA – Il Fatto Quotidiano) – Tra una presentazione della sua ultima fatica simil-letteraria, Il Mostro, qualche attacco frontale alla magistratura, pizzini distribuiti qua e là a nemici ed ex amici, Matteo Renzi ha ricominciato ad agitarsi.

La fine della legislatura è vicina e il fu Rottamatore deve raggiungere un obiettivo per nulla scontato: farsi rieleggere. Asticella piuttosto bassa per l’ex Mr. 41%, colui che sognava di dominare l’Italia con un grande Partito della Nazione. Ma otto anni e svariati errori madornali dopo, la realtà è questa. Con una variabile ancor più paradossale: le principali speranze di Matteo sono riposte in quell’Enrico Letta che defenestrò da Palazzo Chigi senza pietà. Renzi ormai fa più il lobbista e il conferenziere che il politico. Eppure non può rinunciare al seggio da parlamentare: un po’ perché per continuare la sua carriera parallela deve avere una certa influenza in politica; un po’ – anzi, soprattutto – perché ha bisogno dell’immunità per proteggersi dai guai giudiziari.

È dunque partito da lontano. Italia Viva è di fatto un partito morto da tempo. Matteo non si decide a scioglierlo: non perché pensa di investirci o di rilanciarlo, ma perché preferisce lasciarlo spegnersi da solo. Sarà nei fatti, quando alle prossime Politiche gli eletti saranno un esiguo drappello. I gloriosi progetti di centro con Giovanni Toti e Gaetano Quagliariello si sono quantomeno arenati. Toti, peraltro, non ha gradito che il leader di Iv abbia fatto l’accordo con Bucci per Genova, senza passare per lui. Nei progetti iniziali c’era anche l’idea di convincere pezzi di Forza Italia a convergere in un contenitore centrista, da Mara Carfagna a Mariastella Gelmini passando per Renato Brunetta. Soprattutto gli ultimi due non sembrano convinti affatto. Lunedì Renzi ha provato a rilanciare l’“area Draghi” suscitando reazioni non proprio entusiastiche. Nei corridoi di Palazzo Chigi si sprecavano le battute su quanto Renzi “porta sfiga”, mentre Carlo Calenda è andato all’attacco frontale: “C’è anche un tema inaccettabile del lobbying internazionale: non si può essere pagati dall’Italia e dall’Arabia Saudita”. La realtà è che dentro Azione, un raggruppamento centrista con Renzi non lo vogliono: il suo effetto “scacciavoti” ormai è assodato. Talmente assodato che lo sa pure l’interessato. E infatti confida nel Pd. Con un piano A e un piano B. Il piano A prevede un accordo su un ristretto numero di collegi (per se stesso, Maria Elena Boschi, Francesco Bonifazi, Teresa Bellanova, Ettore Rosato e Raffaella Paita); il piano B invece è decisamente hard e passa per presentarsi come indipendente nelle liste del Pd. Alla base c’è la consapevolezza che i voti per vincere un collegio Renzi non ce li ha più o meno in nessuna parte d’Italia. Letta per adesso non si espone. E non apre, ma neanche chiude. Il rapporto tra i due negli ultimi mesi si è rinsaldato, complice l’elezione del presidente della Repubblica, quando hanno giocato di sponda. Da qui ad accogliere Matteo e il suo cerchio magico, però, ce ne passa. Sei collegi, per iniziare, sono tanti.

E ci sono da superare le resistenze degli altri componenti dell’ipotetico campo largo. Resta difficile pensare che i Cinque Stelle accettino una coabitazione con Renzi. Per risolvere in parte il problema, per Letta potrebbe essere più semplice far riempire lo spazio al centro da lui che da Azione: perché Calenda pone un veto sull’alleanza con Conte, e invece Renzi no. La soluzione ottimale per il segretario del Pd potrebbe essere il proporzionale: Letta spera nell’aiuto di Renzi per riuscire a farlo, convinto che servirebbe anche a lui. Per adesso, però, la fotografia racconta di tante trame e pochi voti.