(Massimo Gramellini – corriere.it) – Quanto è spontaneo e vicino al popolo il Salvini in maglietta rossonera che saltella tra i tifosi mandando pesantemente a stendere gli interisti. Non troverei niente da ridire, se fosse un operaio, un influencer, un dentista, un fruttivendolo, un tenore, un camionista, un ricercatore, un ricercatore disoccupato (mi esprimo per surreali elenchi, come piace a lui). Ma Salvini è un leader politico, cioè qualcuno che desidero, anzi pretendo sia diverso da me. Migliore di me. Più controllato, più educato, più consapevole delle conseguenze dei suoi gesti.

Al posto di Salvini, io avrei fatto esattamente quello che ha fatto lui. Ma lui non può fare quello che faccio io. O forse pensa che il suo attuale statista di riferimento – il Mahatma Gandhi – non morisse dalla voglia di intonare coretti goliardici contro la squadra di cricket rivale? Eppure, ha sempre saputo trattenersi. Bella forza, era Gandhi.

Allora prendiamo esempi più umani: qualcuno si immagina Andreotti che saltella per strada mentre spedisce a quel paese i laziali? Berlinguer che festeggia lo scudetto del Cagliari spernacchiando a squarciagola gli squadroni del Continente?

I politici della Prima Repubblica non esprimevano neanche le loro simpatie, figuriamoci le antipatie. Sono quelli della Seconda che hanno scoperto il tifo come instrumentum regni. Però si limitavano a urlare «forza». La Terza è nata con un «vaffa» e non riesce proprio a cambiare argomento.