(Alessandro Di Battista – tpi.it) – Cos’hanno in comune Bernie Sanders, Jill Stein, Jean-Luc Mélenchon, Ségolène Royal e Pablo Iglesias? Sono politici considerati o moderati e tendenzialmente di sinistra. Sono occidentali e democratici. Sono stati, chi più e chi meno, apprezzati e sostenuti dall’informazione mainstream quando si sono opposti ferocemente ai Trump, ai Sarkozy, ai Rajoy di turno. Inoltre, hanno tutti quanti condannato l’invasione dell’Ucraina senza tuttavia aver evitato di parlare delle cause del conflitto, degli errori dell’occidente e delle bugie della NATO.

Mélenchon, leader de La France Insoumise, il principale partito di sinistra francese, si è opposto all’invio di armi a Kiev, ha criticato l’esclusione della Russia dal sistema swift considerandola controproducente, e ha invocato la neutralità dell’Ucraina.

Ségolène Royal, idolo della sinistra europea quando sfidò Sarkozy alle presidenziali francesi e per poco non divenne la prima Presidente donna della République, ha dichiarato. «Non allineiamoci ad interessi che non sono i nostri. La Francia, dai tempi di De Gaulle in poi, ha sempre avuto un ruolo di mediazione e deve continuare ad averlo perché siamo stati noi, ad un certo punto, ad aver avuto il coraggio di dire che non ci allineeremo sistematicamente ai nostri amici americani, rispettando i nostri amici americani, essendo coscienti che loro agiscono sempre nel loro interesse, che hanno interesse a frammentare l’Europa, hanno interesse ad indebolire le nostre economie, hanno interesse ad ostacolare un’alleanza con la Russia sul piano economico e scientifico perché diventeremmo un continente importante. Ogni volta che sono state imposte sanzioni anche come conseguenza di una guerra, pensiamo all’Iraq – una lezione da ricordare – è l’Europa che si espone a migrazioni di massa, è l’Europa che si espone a crisi economiche, è l’Europa che si espone alla frammentazione». In sostanza considera europeismo ed atlantismo non proprio sinonimi ed io la penso esattamente come lei.

Pablo Iglesias, uno dei fondatori di Podemos nonché ex-vicepresidente del governo spagnolo è andato addirittura oltre. Si è opposto all’invio di armi spagnole a Kiev, si è opposto a quelle sanzioni che colpiscono indiscriminatamente la popolazione russa e ha addirittura criticato la decisione presa dall’Ue di oscurare i media russi. «Russia Today e Sputnik danno notizie a favore del governo russo? Assolutamente sì, così come Mediaset o Atresmedia fanno gli interessi dei loro proprietari. In tempo di guerra fanno propaganda? Ovvio. Cosa significa censurarle? Che la libertà di informazione è solo un ipocrita discorso liberale». Esprimere tali opinioni fanno di Iglesias un sostenitore di Putin?

Anche negli Stati Uniti, il Paese del maccartismo – ovvero quell’atteggiamento che, negli anni ’50, tendeva a considerare pericolosi sovversivi tutto coloro che avessero una minima simpatia per il socialismo – si possono ascoltare voci in dissenso dal pensiero dominante, o meglio, dal pensiero che domina i programmi televisivi o le prime pagine dei giornali.

Jill Stein, leader del Partito dei Verdi USA, ha detto: «La guerra è un imbroglio ed un crimine contro l’umanità. Dobbiamo condannare l’attacco di Putin, dobbiamo essere solidali con le persone in mezzo al fuoco incrociato delle grandi potenze gestite da oligarchi e guerrafondai nazionalisti. E dobbiamo dire la verità sulle provocazioni USA/Nato che ci hanno portato qui». Anche lei iscritta al partito di Putin?

Bernie Sanders che il maccartismo lo conobbe e lo sfidò apertamente dichiarandosi, in piena persecuzione anti-comunista un “convinto socialista”, sulla guerra in Ucraina ha scritto: «Putin può essere un bugiardo e un demagogo, ma è ipocrita che gli Stati Uniti insistano sul fatto che non accettiamo il principio delle sfere di influenza. Negli ultimi 200 anni il nostro Paese ha operato secondo la Dottrina Monroe, il diritto di intervenire contro qualsiasi paese che possa minacciare i nostri presunti interessi. Secondo tale dottrina abbiamo minato e rovesciato almeno una dozzina di governi. Per dirla semplicemente, anche se non fosse governata da un leader autoritario e corrotto come Putin, la Russia avrebbe comunque interesse per le politiche di sicurezza dei suoi vicini. Qualcuno crede davvero che gli Stati Uniti non avrebbero qualcosa da dire se, ad esempio, il Messico dovesse formare un’alleanza militare con un loro avversario?»

Su questo giornale, il 15 febbraio scorso, prima dell’invasione russa, espressi concetti analoghi«Cosa accadrebbe se Andrés Manuel López Obrador, Presidente del Messico, autorizzasse l’istallazione di basi militari russe o cinesi negli Stati di Sonora o Chihuahua al confine con il Texas o l’Arizona? A Washington si parlerebbe più di “minaccia imminente” o di “autodeterminazione dei popoli”?».

La libertà di opinione è un valore universale o del tutto parziale? La libertà di opinione la si può esercitare sempre o solo quando il mainstream lo concede? Esprimere un’idea è un diritto o una temporanea concessione dell’establishment il quale, a suo piacimento e attraverso manganellate mediatiche, ha la possibilità di zittire ogni forma di dissenso quando tale dissenso potrebbe ostacolarne l’azione?

In Italia vige un nuovo maccartismo. È strisciante ma reale. Nessuno, grazie a Dio, viene privato della propria libertà per una determinata opinione, tuttavia in molti sono drammaticamente provati da una costante diffamazione che, alla lunga, li induce all’auto-censura. All’auto-castrazione intellettuale. Anche i pregiudizi, d’altro canto, possono essere prigioni. Anche la strumentalizzazione costante può ingabbiarti. Anche la violenta demonizzazione del pensiero ti impone il silenzio. Anche nelle democrazia liberali esiste la censura, solo che non è dichiarata, come le guerre moderne.

L’intolleranza liberal (come la definisce Luciano Canfora) non ha colpito Barbara Spinelli, figlia di uno dei padri dell’Europa, colpevole di aver ricordato con uno splendido articolo su Il Fatto Quotidiano “le ragioni del conflitto”?

Non è squadrismo peloso aver estromesso dalla Scala uno straordinario direttore d’orchestra per non essersi schierato contro Putin (poi lui in Russia dovrà tornarci, non come tutti questi marines via twitter) come se fosse stato lui ad aver ordinato l’invasione dell’Ucraina? Non puzza di censura la delegittimazione subita da Marc Innaro, storico corrispondente Rai da Mosca, reo di aver ricordato su Rai 2 l’espansionismo della Nato?

Il maccartismo moderno è o non è fascismo?

Eleanor Roosevelt, moglie di Franklin Delano Roosevelt, il Presidente USA che il nazi-fascismo lo affrontò e lo sconfisse sul campo (grazie al decisivo contributo del’Unione Sovietica e al sacrificio del popolo russo), a proposito del maccartismo disse: «È stata una vera e propria ondata di fascismo, la più violenta e dannosa che questo Paese abbia mai avuto».

Nelle ultime ore sono accaduti due fatti potenzialmente decisivi. Mosca ha proposto una pausa per permettere l’evacuazione dei civili e Lavrov, dopo giorni di minacce ha fatto dichiarazioni meno belligeranti. «Si troverà una soluzione. Le nostre richieste sono minime» ha detto il capo della diplomazia russa.

La Russia è in difficoltà sul campo? Stanno cercando disperatamente una via di fuga perché temono di impantanarsi in Ucraina? L’opposizione a Putin da parte dei grandi oligarchi sta crescendo? Non ne ho idea. Non è questo il tempo del processo alle intenzioni, è il momento di cogliere le intenzioni, qualora fossero veritiere.

Se da Mosca dovessero arrivare segnali, tali segnali vanno raccolti immediatamente. Che siano segnali di debolezza ora non conta. Perché tra vincere e stravincere in mezzo potrebbero esserci decine di migliaia di morti.

È il momento di incaricare Angela Merkel dei negoziati con Mosca. Davanti ad una potenziale guerra nucleare è un dovere dire che si è disposti a trattare.