(Tommaso Merlo) – La vera emergenza nazionale è politica. Siamo in piena ondata partitocratica. Coi partiti che trattano dietro le quinte per eleggere il loro Presidente della Repubblica, ne vogliono uno che gli permetta di restare imbullonati alla poltrona fino all’ultimo giorno utile. Li chiamano “equilibri”. La loro ambizione è spremere fino all’ultimo euro ed arrivare alle elezioni con un nuovo menù di succulente promesse. Lo chiamano “patto di legislatura”. Il tutto ovviamente per alto senso di responsabilità e per il bene di tutti noi. Già, senza di loro non ce l’avremmo mai fatta a fronteggiare la pandemia. Meritano un monumento. Nel frattempo da dietro le quinte filtrano brusii e stucchevoli frasi fatte mentre i cittadini lottano tra lavoro precario e malpagato e bollette alle stelle. Altro che anni Novanta, son tornati i gloriosi anni Ottanta. Altro che rivoluzione populista, trionfo di un’austera restaurazione. In giro nessuna idea e visione alternativa. Nessuna opposizione, nessun dibattito. La vera emergenza nazionale è democratica. Siamo in mano ad una politica sempre più autoreferenziale e lontana dalla realtà mentre gran parte dei cittadini non vota e non s’informa nemmeno più, figurarsi cosa gliene importa del nuovo inquilino del Quirinale. Nulla. Sanno che alla fine se gli va bene spunterà il solito matusalemme che si trascinerà stancamente da una cerimonia all’altra a predicare retorica patriottica davanti ad un pubblico dormiente. Questo mentre la Costituzione continuerà ad essere ignorata se non calpestata come del resto la realtà. La chiamano “figura di alto profilo” anche perché “di moralità” sarebbe grottesco visto che aleggia lo spettro di Berlusconi. Un nome indegno di un paese civile ma perfetto per questa politica e la fase storica che stiamo vivendo. Trattative di palazzo, cittadini fuori al freddo. Trattative di palazzo, stampa nei corridoi. Ormai politica e informazione compongono un circolo altolocato di parrucconi e parrucchini che strombazzano tra di loro mentre la realtà va da tutt’altra parte. La vera emergenza nazionale è anche culturale. Ormai la cappa parruccona ha reso l’aria irrespirabile e anche per pescare un degno Presidente della Repubblica la partitocrazia dovrebbe stare al largo dai palazzi romani, sondando quella società civile che è l’anima e la carne del paese e che nulla ha a che fare con la mesta restaurazione in corso. Ed è proprio la società civile la vera incognita politica di oggi. La politica sente puzza di bruciato e cerca di guadagnare tempo. Spera che alla prossima campagna elettorale tutti dimentichino questa imbarazzante legislatura ma anche se prevalesse l’indignazione e la rassegnazione va beno lo stesso. Meno persone partecipano, più se la godono serenamente. La politica sa che dall’inquilino del Quirinale dipende il suo futuro a breve termine, mentre dalla società civile dipende il futuro del paese e pure a lungo a termine. Ma per adesso la società civile sonnecchia. E’ frastornata dall’ennesima cocente delusione e la pandemia che ha alterato le priorità. E’ poi stanca d’intossicarsi la vita per niente. Tutti i segnali confermano però che non ha nessuna intenzione di mettere la retromarcia. Piuttosto se ne sta a casa e cambia canale. La politica può anche tentare di tornare indietro, ma la storia va solo avanti. Già. La società civile attende sorniona nuove proposte politiche capaci di riaccendere speranze ed entusiasmi. Proposte che ridiano senso alla politica e valore alla democrazia. Non facile ma fattibile. La società civile italiana è stata storicamente gravida di proposte politiche innovative. E negli ultimi anni ha dimostrato di essersi emancipata dalla vecchia politica e dall’informazione e di essere più che mai disposta a rischiare. Se lo ha fatto una volta, lo farà anche una seconda. L’importante è che quelle proposte siano all’altezza dei tempi e mirino al tanto agognato cambio di paradigma. La vera emergenza italiana è politica, democratica e anche culturale. Siamo nel pieno dell’ennesima ondata partitocratica. Altro che anni Novanta, son tornati i gloriosi anni Ottanta. Altro che rivoluzione populista, trionfo di un’austera restaurazione. Ma la politica può anche provare a tornare indietro, la storia va invece solo avanti.