Ieri Giuseppe Conte ha detto che lui e il Movimento 5 Stelle torneranno in Rai. Secondo Conte, occorre sospendere “l’assenza simbolica dalle testate del servizio pubblico radiotelevisivo” perché “in uno dei momenti più delicati e difficili di questa pandemia (…) è indispensabile metterci la faccia e avere un filo diretto con gli italiani” […]

(di Andrea Scanzi – Il Fatto Quotidiano) – Ieri Giuseppe Conte ha detto che lui e il Movimento 5 Stelle torneranno in Rai. Secondo Conte, occorre sospendere “l’assenza simbolica dalle testate del servizio pubblico radiotelevisivo” perché “in uno dei momenti più delicati e difficili di questa pandemia (…) è indispensabile metterci la faccia e avere un filo diretto con gli italiani”. La decisione, molto più giusta di quanto non fosse apparso l’Aventino mediatico di due mesi prima, è anche servita a ricordare ai più che il M5S esiste ancora. Dal governo Draghi in poi, i 5 Stelle non stanno praticamente toccando palla. E Conte? Quali sono i problemi che ancora deve affrontare?

– Transizione. Tralasciando i continui disastri del renziano Cingolani, chissà perché spacciato da Grillo per “grillino”, Conte deve affrontare una “transizione” assai peggiore di quella “ecologica”: quella della classe dirigente. Alla Camera lo sopportano in pochi e al Senato la situazione migliora di pochissimo. I parlamentari rispondono molto più a Di Maio e/o Grillo che non a Conte, percepito (non a torto) come qualcosa di nettamente diverso dal primo M5S. Deputati e senatori 5 Stelle godono oltremodo nel rendere la vita difficile a Conte, un po’ perché sanno che non verranno ricandidati e un po’ perché il livello politico-neuronale di molti parlamentari è appena sopra quello della cernia.

– Cunial, Baroni eccetera. Il problema della “classe dirigente” resta enorme, e non è solo una questione di fedeltà ma più ancora di qualità. Sin qui i 5 Stelle non hanno fatto alcuna selezione: bastava iscriversi ed essere incensurati. Un po’ poco. Infatti si è visto chi hanno fatto entrare nelle istituzioni: Barillari, Mastrangeli, Fucksia, De Pin, Gambaro, Cunial, Martelli, Baroni, eccetera. Ma stiamo scherzando? Conte dovrà radere democraticamente al suolo questa (non) classe dirigente, salvando chi merita di essere riconfermato (i nomi non mancano) e procedendo per il resto con la logica (metaforica) del lanciafiamme: se sei arrivato a portare gente come Cunial in Parlamento, vuol dire che il problema di competenza e meritocrazia neanche te lo sei posto.

– Leadership. Chi comanda nei 5 Stelle? Teoricamente Conte, di fatto (dicono) Di Maio e Grillo. Di Maio è bravo, scaltro e conosce l’ambiente molto più di Conte: o i due collaborano sul serio, o il “nuovo M5S” muore sul nascere. Quanto a Grillo: non è più politicamente lucido da mesi. Ha meriti enormi, anzitutto come artista coraggioso e visionario, ma dalla crisi del Conte-2 ha fatto quasi più danni di Renzi (ho detto “quasi”).

– Dibba. Conte piace agli italiani, ma l’amore non è eterno e lui non ha altre frecce a parte se stesso. Per questo ha bisogno di Di Battista, che ora gongola (giustamente) perché su Draghi e sull’attuale M5S sta avendo ragione su tutto. Di Battista può andare da solo, ma con le Lezzi e qualche scappato di casa ex grillino non va lontano (e lo sa). Finché i 5 Stelle staranno dentro il governo Draghi, Di Battista non rientrerà mai. Giusto. Ma entrambi sanno che hanno bisogno l’uno dell’altro (e Conte ha più bisogno di Dibba che non viceversa), soprattutto nella prossima campagna elettorale. Se Di Battista riuscisse a controllare la sua iper-coerenza guerreggiante, potrebbe portare al nuovo M5S carisma e voti, controbilanciando al tempo stesso la “spinta iper-pidina” che pare caratterizzare Conte. Difficile ma non impossibile. E lo sanno entrambi.

– Concludendo. Il “cantiere Conte”, l’unico a poter salvare i 5 Stelle, è ancora apertissimo. E il lavoro da fare è tanto.