Lo scrittore: «L’Italia “minuta” ha ducizzato Super Mario. E ora l’isteria sociale serve a conservare i privilegi del Pd e dei boiardi».

Pietrangelo Buttafuoco, l’Italia è diventata il Draghistan?
«Beh, ci siamo avviati verso la ducizzazione di Mario Draghi».
Com’è accaduto?
«Sotto sotto, gli italiani sono sempre in attesa dell’uomo della provvidenza. È uno scarico di responsabilità che
costruisce, intorno al personaggio ducizzato, un imperativo: “Sbrogliatela tu”».
C’era un’alternativa?
«Quella che la buonanima di Pinuccio Tatarella indicò con un’espressione, cui si accompagnava una ben precisa
mimica: “Mbroglio, aiutami tu”. Il caos che offre sempre un’opportunità. L’Italia minuta, però, si affida sempre
all’uomo della provvidenza».
Draghi, in questo ruolo, ci si rispecchia?
«Credo che abbia sufficiente spirito per staccarsi da sé stesso, ovvero, dall’immagine che gli altri gli hanno cucito
addosso. D’altronde, chi è ducizzato, alla fine, si accorge che “governare gli italiani non è difficile; è inutile”».
I giornalisti, alla conferenza stampa di dicembre, applaudivano il premier…
«Una scena da megadirettore galattico che fa gli auguri di Natale a Fantozzi…».
Ora, però, complice la partita sul Quirinale, si stanno aprendo le prime crepe nell’agiografia. Oggi si aspetta
altrettanta condiscendenza, quando Draghi illustrerà il decreto sull’obbligo vaccinale?
«In politica, le valutazioni si fanno alla fine. Draghi ha ancora il pallino in mano. Mario Monti, quando la regina madre
del glamour, Daria Bignardi, gli consegnò il cagnolino Empy, si lasciò palesemente risucchiare dalla hybris».
A Draghi non capiterà?

«Glielo dico da uomo di teatro: lo osservo e noto che lui, piuttosto, va per sottrazione. Un’altra cosa, semmai, non lo sta aiutando».
Quale?
«La tenaglia dentro cui è stretto: da un lato, l’emergenza che non finisce; dall’altro, una burocrazia che, più che a
trovare una via d’uscita dal Covid, è impegnata a far sì che l’emergenza stessa prosegua. Ecco perché il suo vero
errore è stato all’inizio».
Che errore?
«Tenersi Roberto Speranza, per cedere ai dettami del Cencelli».
Il Covid sta diventando una malattia burocratica?
«Sì, perché siamo tutti contagiati, ma, grazie a Dio, senza che si vedano più scene come quella delle bare di Bergamo.
Però ogni emergenza reclama la costruzione di una casta, che su quell’emergenza sopravvive. Mi ricorda la vicenda
della lotta alla mafia».
In che senso?
«A un certo punto, lo Stato sconfigge militarmente Cosa nostra. Eppure, ogni volta, c’è qualcuno che ti dice: “Eh, ma
non è finita”, “Eh, ma la mafia può rialzare la testa”. Il punto è che l’emergenza è una mano santa».
Per quella nuova casta?
«Per questa burocrazia onnipotente, che ha trovato un sistema facilissimo per tenere sotto controllo i disastri
sociali».
Un’emergenza-diversivo?
«Nella mia Sicilia, non c’è una strada che non sia del tutto dissestata. Però, invece di ripararle, si pensa alle
mascherine all’aperto».
Nessuno può opporsi?
«Di certo non i partiti: quasi tutti in crisi profonda, perché hanno perso i loro blocchi sociali di riferimento. Alla fine,
anche questo ha determinato la ducizzazione di Draghi. Al momento, quindi, abbiamo una sola certezza».
Sarebbe?
«Che non si tornerà alle urne».
Quindi, Draghi al Colle e governo Ursula, con la Lega fuori?
«Probabile. Anche perché l’unica dialettica in atto nella realtà italiana è quella tra chi è dentro e chi è fuori dal
sistema».
Laddove la principale forza di sistema è il Pd, no?
«Per dirla con Totò, è il partito dei caporali, quelli che comandano sempre. Come quelli che, durante il regime fascista, vestivano in orbace e poi andarono a reggere le file dell’antifascismo».
Come diceva Ennio Flaiano, i fascisti si dividono in fascisti e antifascisti…
«Esatto. Ora, è indubbio che il partito di sistema abbia dei vantaggi, perché ha dalla sua la burocrazia, la casta
inamovibile. Però anche la Lega ha un vantaggio».
I consensi?
«Non tanto. È che è l’unico partito con un blocco sociale di riferimento: il famoso popolo delle partite Iva, delle
saracinesche alzate alle 6 del mattino, del Nord produttivo. Questo popolo ha espresso governatori e amministratori
locali».
E la leadership di Matteo Salvini? Il giochino della stampa, in questi mesi, è stato proprio di contrapporre la linea
«rigorista» degli amministratori del Nord a quella del segretario.
«Mah… La Lega è il più antico partito sulla scena. E ha un Dna “leninista”. Ha visto che alla fine anche Giancarlo
Giorgetti si è riallineato?».
Che ne dice di Giorgia Meloni?
«Ha un’occasione ghiottissima: diventare leader dei conservatori, svelando una volta per tutte che la sua destra ha già
fatto un bagno di contemporaneità. E poi, anche Fratelli d’Italia ha un gruppo dirigente avanzato nella società, con i
suoi sindaci e i suoi governatori. Pure la questione che sta ponendo in questi giorni è matura e interessante».
Di che si tratta?
«L’idea che la si debba smettere di discutere solo di Covid e vaccini, per focalizzare quello che sarà l’argomento degli
argomenti: verso quale società stiamo andando. Cosa che il Pd non sa fare, perché è concentrato sull’obiettivo di
conservare i propri privilegi».
Eppure, la «cura» Enrico Letta lo ha riportato davanti ai concorrenti nei sondaggi.
«Il partito è nella condizione di Maria Antonietta: intento a controllare la cottura delle brioche…».
Quindi, verso che società andiamo? Una società del controllo?
«Ah, io mi sto regolando così: se mi dicono di inocularmi la Nutella, lo faccio, purché la smettano di rompermi le
scatole».
Solo che non la smettono… Dovevamo uscirne con due dosi di vaccino, ora il «ciclo completo» ne prevede tre. Che per
quasi metà degli italiani saranno obbligatorie.
«Il problema è che c’è un impazzimento, uno scavo mentale governato dalla burocrazia. Dopodiché, è ovvio che siamo
tutti controllati. È ovvio che, mentre io e lei parliamo, qualcuno ci ascolta e ci individua» (in effetti, dopo l’intervista, si verifica una curiosa coincidenza. A un certo punto, Buttafuoco aveva citato Totò. Ebbene: aprendo per caso
Instagram, ci accorgiamo che l’applicazione «suggerisce» proprio una foto del mitico attore…).
A proposito di burocrazia. Massimo Galli, trivaccinato e nondimeno ammalatosi seriamente, in due giorni ha ricevuto
tampone, sequenziamento della variante e monoclonali. Il Covid dell’italiano medio non è così privo di intoppi…
«Le rispondo citando il matematico Antonio Iannizzotto: “Dottor Galli è quella cosa / che si prende l’Omicrone / poi gli
danno il monoclone / per tornare a predicar”».
Geniale. Però insisto sulla questione dell’Italia lacerata. Sergio Mattarella, nel discorso di fine anno, ha parlato di
unità nazionale. Non le pare che, piuttosto, tiri aria di guerra civile?
«Lei dice guerra civile. Io dico che dobbiamo rileggere la letteratura. È stato già scritto tutto».
Ad esempio?
«Osserviamo dei meccanismi mentali, come il “dagli all’untore”, che aveva già visto Alessandro Manzoni. Tant’è che
ricordo che uno degli insulti più biechi della mia infanzia era la parola ‘mpestato, appestato. Ci sono sempre state
queste forme di isteria sociale, che determinavano esclusione e violenza. Veicoli utilissimi per conservare lo status
quo. E le dico di più».
Sentiamo.
«Uno dei cavalli di battaglia del teatro popolare, al Sud, dopo l’Unità d’Italia, era un personaggio, Don Procopio
Ballaccheri, protagonista di un capolavoro: U contra, cioè “il contravveleno”».
Cosa raccontava l’opera?
«La violentissima dinamica che si scatenò, nella popolazione, attorno al colera, con il bipolarismo tra “baddisti” e
“culunnisti”».
Chi erano?
«I primi pensavano che il governo centrale, per sfoltire la sovrappopolazione meridionale, facesse circolare delle
polpette avvelenate, che causavano il colera. I secondi erano i positivisti, quelli che si affidavano alla scienza e
ritenevano che il colera viaggiasse attraverso “colonne d’aria”».
Avevano torto entrambi.
«Già. Ma l’ansia della povera gente, alla ricerca del contravveleno, dell’antidoto, è la stessa di oggi. In queste
circostanze, manca sempre la serenità di affidarsi a chi ne sa davvero».
Non ci farà mica il pistolotto sulle fake news e la scienza?
«No, anzi: per me sono insopportabili sia i fanatici del vaccino sia i fanatici dell’antivaccino».
Lei a chi dà retta?
«L’unico esperto che seguo è Francesco Vaia. Il solo che ragiona e spiega bene le cose. Ecco: anziché tenere in piedi
‘sto Cts, il governo alzi il telefono e parli con lui».
Le fratture sociali sono, per citare il suo ultimo romanzo, «cose che passano»? E come ne usciremo?
«Sicuramente cambiati. Non è detto migliori…”