(di Massimo Gramellini – corriere.it) – Quando ci eravamo rassegnati a vederlo scendere in campo agli Australian Open, e magari sputacchiare sulla mano con cui avrebbe stretto quella dell’avversario, Novax Djokovid – come ormai viene chiamato – è stato prima bloccato per ore all’aeroporto di Melbourne e poi rispedito in patria con una motivazione burocratica e perciò implacabile: la richiesta di visto da lui presentata non prevede esenzioni per i renitenti al vaccino.

Quindi, che Djokovic soffra di celiachia, che abbia già avuto il covid nei mesi scorsi, o semplicemente che lui sia lui, il marchese del Djokovic, e noi … (con quel che segue), poco importa: lo Stato australiano di Victoria ha deciso di negargli ciò che l’organizzazione del torneo gli aveva concesso in nome del business.

Col consueto piacere intellettuale che lo porta a sostenere l’insostenibile pur di fare stecca sul luogo comune, Giuliano Ferrara ha difeso il privilegio del Grande Esentato perché «sa giocare a tennis». Un classico esempio di realismo marxista, per cui nella Storia l’unica cosa che conta sono i rapporti di forza, il resto è piagnisteo da vittime. Secondo tale visione del mondo, la vita è sempre com’è e mai come dovrebbe essere: i ricchi, i potenti, gli spregiudicati e i più dotati possono infischiarsene delle regole che ingabbiano gli invidiosi e i mediocri.

Sia reso grazie all’oscuro burocrate australiano che, fermando Djokovic sulla porta di casa, ci ha ricordato che i vincenti non devono vincere sempre.