Il segretario piddino si sta preparando la via, ma ci sono moltissime variabili. Silvio Berlusconi non ha rinunciato al sogno quirinalizio e anche Italia viva avrà il suo peso. Giorgia Meloni e Matteo Salvini all’opposizione avrebbero dei vantaggi, ma per la presidenza ci sono piani B e C.

(Maurizio Belpietro – laverita.info) – Ci sono un piano A, un piano B e anche un piano C. Ai blocchi di partenza per l’elezione del presidente della Repubblica, ogni partito ha i suoi giochi. Quello di Enrico Letta prevede l’elezione di Mario Draghi come sostituto di Sergio Mattarella e l’operazione potrebbe trovare sponda in Giuseppe Conte, che in questo modo avrebbe finalmente un rapporto con il capo del governo che verrà, mentre oggi l’ex governatore della Bce quasi non gli risponde al telefono. Con Draghi a Palazzo Chigi, il capo dei grillini non tocca palla, mentre con un nuovo premier, possibilmente non tecnico ma politico, le cose cambierebbero: o per lo meno, questo è ciò che spera l’ex avvocato del popolo. A differenza di ciò che si dice, il piano A del Nipotissimo (è figlio del fratello del principale consigliere di Silvio Berlusconi) non prevede però che l’esecutivo venga appaltato a Dario Franceschini, il quale è tutt’altro che benvoluto da Draghi, ma a insediarsi sarebbe lo stesso Letta, che avrebbe l’appoggio oltre che della sinistra intera anche dei pentastellati. In buona sostanza, si tornerebbe al vecchio governo giallorosso, ma senza Conte, un’idea che piace al Pd, a Leu e in fondo anche ai grillini, che così avrebbero la possibilità di giocarsi l’ultimo scampolo di legislatura con posti di governo e sottogoverno, senza trovarsi di traverso lo stesso Draghi. Certo, l’operazione prevede che sia la Lega che Fratelli d’Italia finiscano all’opposizione, ma in fondo la faccenda potrebbe non dispiacere neppure a Salvini e Meloni, i quali è vero che si ritroverebbero il segretario del Pd a Palazzo Chigi, ma avrebbero un anno di tempo per fare una campagna elettorale con le mani libere e, visto come vanno le cose (nonostante le rosee previsioni non tutto gira per il verso giusto), potrebbe essere la mossa azzeccata. Sempre che la sinistra e i grillini non ne approfittino per cambiare la legge elettorale, scippando al centrodestra la vittoria alle prossime elezioni.

Probabilmente avrete notato che descrivendo il piano di Letta non ho parlato né di Italia viva né di Forza Italia, che pure in Parlamento controllano decine di onorevoli. Le ambizioni del segretario del Partito democratico prevedono un coinvolgimento sia di Renzi che di Berlusconi, ma si scontrano con i rapporti non proprio idilliaci tra il Nipotissimo e il Rottamatore e con le ambizioni del Cavaliere, il quale si sta giocando ogni carta pur di concludere la carriera politica in bellezza finendo, dopo la discesa in campo di trent’anni fa, con un’ascesa al Colle. Gli ostacoli sono difficili da superare, ma in politica mai dire mai.

E proprio perché nulla è escluso, c’è da fare i conti con il piano del reuccio di Arcore, il quale lavora da mesi al progetto di un suo insediamento al Quirinale. L’ex premier è convinto che tutto il centrodestra sarà unito e lo voterà come un sol uomo. In tal caso, per raggiungere l’obiettivo basterebbero poco più di una cinquantina di voti, che potrebbero arrivare dal cosiddetto gruppo Misto, ma forse anche da Italia viva, perché se Silvio diventasse presidente della Repubblica, per Renzi si aprirebbero praterie al centro, con la possibilità di ereditare ciò che resta di Forza Italia, e di ottenere un occhio di riguardo nel caso in cui per l’ex sindaco di Firenze maturassero guai giudiziari a seguito dell’inchiesta che lo vede indagato. Fantascienza? Come un giorno fa si è fatto scappare Enrico Letta, quando c’è di mezzo Berlusconi tutto è possibile: «Chi poteva immaginare che, decaduto dal Parlamento, nel 2014 avrebbe sottoscritto il patto del Nazareno?». Tuttavia, come sempre quando si ha a che fare con il Cavaliere, gli scenari possono essere anche altri. Se per caso non andasse in porto il piano A potrebbe esserci un piano B, ossia il sostegno a Draghi per il Quirinale, magari con la nomina a senatore a vita come risarcimento. Operazione che si potrebbe portar dietro, per controbilanciare, anche il laticlavio per Romano Prodi. Unico ostacolo: di senatori a vita ce ne sono già troppi e per un po’ potrebbe non essere possibile designarne altri.

Come dicevo, oltre ai piani A e B esistono pure i piani C, che prevedendo la permanenza di Draghi a Palazzo Chigi e l’impossibilità di eleggere Berlusconi, ipotizzano altri nomi. I gettonati sono tanti, a cominciare da Marta Cartabia per finire a Pier Ferdinando Casini. Però i candidati che hanno maggiori chance sembrano essere due: ovvero Giuliano Amato e Letizia Moratti. Del primo si sa tutto, perché è passato dalla prima alla seconda Repubblica, da Craxi al Pd, ed è prossimo a diventare presidente della Corte costituzionale. Gli italiani si ricordano di lui per il prelievo del 2 per mille sui conti correnti, un colpo di mano che in pochi hanno perdonato. Tuttavia, pochi ricordano l’articolo del Sole 24 ore con cui, quasi vent’anni dopo lo scippo, ne suggeriva un altro, questa volta sponsorizzando la patrimoniale. Anche di Letizia Moratti si sa molto, perché è stata presidente della Rai, ministro dell’Istruzione, sindaco di Milano e ora vicepresidente della Regione Lombardia, con la delega alla Salute. Per quanto la riguarda, ci sono pro e contro. Il vantaggio è che è ricca di suo e non è certo in cerca di soldi: quando fece Expo – perché Expo è merito suo – si pagò le spese, anche quelle di viaggio. Lo svantaggio è che, pur essendo una donna tosta, Letizia appare come una donna algida, quando invece, dopo due anni difficili e con il Covid, servirebbe un presidente che scalda i cuori. Certo, una donna al Quirinale, per di più di centrodestra, archivierebbe la stagione dei burocrati di partito. Al posto di politici, gli ultimi due del Sud, avremmo una manager del Nord. E forse per quel dimenticato ceto produttivo che tira la carretta nel Paese sarebbe una novità.

Infine, dopo i piani A, B e C di cui si è detto, c’è un piano d’emergenza, che incastra Draghi a Palazzo Chigi e Mattarella al Quirinale, con la scusa dell’esplosione dei contagi. E forse è il vero piano che, nonostante i depistaggi, nelle stanze del potere, anche quelle più alte, c’è chi accarezza.