La Gran Bretagna con la politica del rischio calcolato non discrimina tra immunizzati o no, eppure ha il nostro stesso livello di positivi. E le autorità di Tel Aviv ritengono gestibile un certo numero di contagi. Invece da noi si procede a colpi di minacce.

(Maurizio Belpietro – laverita.info) – «Non faremo come l’Inghilterra». Così, ieri, dalle colonne di Repubblica, prometteva Franco Locatelli, coordinatore del Comitato tecnico scientifico, già noto per aver mentito sul numero di ricoverati in terapia intensiva nonostante il vaccino. La perfida Albione è in pratica presa a esempio di ciò che non si deve fare. Per lo meno secondo gli «scienziati» italiani. Peccato che, a guardare i dati ufficiali, l’Inghilterra non pare messa peggio del nostro Paese. Nonostante non abbia adottato alcun green pass, limitando solo gli accessi ai grandi eventi e senza introdurre obblighi nei confronti della popolazione, due giorni fa a Londra e dintorni si segnalavano circa 162.000 nuovi contagiati, che se raffrontati ai nostri 141.000 dello stesso giorno sono una percentuale di nuovi positivi in linea con la nostra, considerando che il Regno Unito ha 67 milioni di abitanti, quasi 8 in più dell’Italia. I decessi sono stati l’altro ieri 155 contro i 111 registrati a casa nostra, ma il giorno prima quelli italiani pareggiavano il conto. Insomma, la Gran Bretagna si porta dietro un numero complessivamente superiore di vittime (149.000 contro 137.000), ma se si fa il confronto a parità di popolazione e con ciò che è accaduto negli ultimi sei mesi non c’è, con buona pace del professor Locatelli, molta differenza. O meglio: una differenza fondamentale esiste e riguarda il diverso modo di affrontare la pandemia. Gli inglesi hanno scelto di vaccinare subito tutti coloro che erano disposti a sottoporsi all’iniezione, senza obbligare nessuno, ma senza neppure discriminare chi non intendeva porgere il braccio. Prima di noi Boris Johnson ha scommesso sulle riaperture, scegliendo il «rischio calcolato» e, a differenza di noi, il governo di sua maestà la regina Elisabetta non ha reintrodotto divieti o obblighi se non l’uso di mascherine negli ambienti chiusi (ristoranti ovviamente esclusi), consentendo ai sudditi dei Windsor una vita apparentemente normale nonostante il Covid. Come abbiamo scritto ieri, per il ministro della Salute, una volta protette grazie al vaccino le persone più deboli, occorre lasciar circolare il virus, perché altrimenti non ci libereremo più della pandemia. Che un po’ è quel che hanno teorizzato anche le autorità sanitarie israeliane, le quali dopo aver provato con prima, seconda, terza e quarta dose, si stanno convincendo che per raggiungere la famosa immunità di gregge non ci sia altra via. E cancellando le quarantene per gli asintomatici vaccinati che sono entrati in contatto con un positivo, in Italia non si sta già facendo qualche cosa di molto simile?

Del resto, nonostante dica di non voler seguire la via inglese, dicendo che non sposerebbe assolutamente l’idea di far correre il virus, anche il prode Locatelli è costretto ad ammettere che secondo i dati inglesi dei pazienti con Omicron i ricoveri si sono ridotti di un terzo, che poi è ciò che conta, perché il numero di positivi è importante, ma fino a un certo punto, mentre la differenza la fanno le corsie degli ospedali e i letti occupati in terapia intensiva. Non solo, i casi inglesi dimostrano anche un’altra cosa e cioè che, nonostante un tasso di vaccinazione inferiore al nostro, in Gran Bretagna il numero di contagiati, malgrado avessero completato il ciclo vaccinale, è superiore ai positivi no vax nella fascia di età che va dai 18 ai 70 anni. È il paradosso di Simpson, dovuto al fatto che le persone inoculate sono molte di più di quelle che non lo sono? Certo, ma è anche il paradosso di un vaccino che protegge, ma con il tempo perde efficacia. Con il risultato che chi, avendo più di 50 anni, si è sottoposto all’iniezione anti Covid è in vantaggio, in quanto le ospedalizzazioni colpiscono di più i no vax. Tuttavia, la tendenza si attenua fino quasi a pareggiare i conti quando si parla di ricoverati con meno di 40 anni. Paradossi? Può darsi. Ma il paradosso più grande è che l’esempio in negativo indicato dai nostri professoroni tanto negativo non sembra. Senza aver rinunciato alle proprie libertà e senza aver discriminato i propri cittadini di fronte al vaccino, la Gran Bretagna sta dove stiamo noi.

Un’ultima annotazione: dopo aver introdotto l’obbligo vaccinale per il personale sanitario, arrivando così a una terza dose per i camici bianchi, il ministero della Salute guidato con mano traballante da Roberto Speranza è costretto a constatare che in una settimana i positivi tra di essi sono raddoppiati. Un vero successo di cui forse, prima o poi, qualche politico che si possa chiamare tale dovrebbe rispondere.