Valentina Di Mattei, coordinatrice del Servizio di Psicologia Clinica dell’Irccs Ospedale San Raffaele e professoressa associata presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, spiega le problematicità di queste feste natalizie. “Ci sono meno restrizioni e non uguali per tutti. Si programmano eventi, che poi saltano all’ultimo minuto, costringendoci a riorganizzarci”. Adolescenti, caregiver e famiglie, per tutti un consiglio: “Non isolarsi. Così si alimenta la sofferenza”

(Luisiana Gaita – ilfattoquotidiano.it) – La quarta ondata di Covid è arrivata alle porte del Natale, il secondo da quando la pandemia ha sconvolto il mondo. Non solo nulla è come prima, ma neppure è come a dicembre 2020. Perché da molti punti di vista queste festività sono più faticose. “È una fatica diversa. Un anno fa c’era una chiusura totale che ci ha costretti a rinunciare a una serie di abitudini, tradizioni, riti a cui eravamo abituati. Una situazione definita, dettata da regole chiare e uguale per tutti, da un certo punto di vista più semplice rispetto a quella di oggi” spiega Valentina Di Mattei, coordinatrice del Servizio di Psicologia Clinica dell’Irccs Ospedale San Raffaele e professoressa associata presso l’Università Vita-Salute San Raffaele. “Quest’anno stiamo vivendo una situazione di maggiore incertezza, una delle cose che la mente peggio tollera – aggiunge – perché determinate cose si possono fare, ma entro certi limiti. Ci sono meno restrizioni e non uguali per tutti. Si programmano eventi, che poi saltano all’ultimo minuto, costringendoci a riorganizzarci”. Possiamo decidere se viaggiare tra una regione e l’altra “ma questo comporta una serie di accorgimenti e, soprattutto, un’assunzione individuale di responsabilità rispetto ai nostri comportamenti”.
COME UTILIZZARE CIÒ CHE LA PANDEMIA HA INSEGNATO – Le feste di Natale, dunque, potrebbero complicare ancora di più una situazione già esasperata “ma dobbiamo fare tesoro di ciò che la stessa pandemia ci ha insegnato” commenta la psicologa clinica. “Abbiamo potuto sperimentare – aggiunge – la grande capacità di adattamento della mente umana e abbiamo capito di poter superare anche periodi molto difficili. Dopo la fase dello shock, d’altronde, occorre passare attraverso quelle di adattamento ed elaborazione prima di poter dire che ne siamo usciti”. Ma non da soli: “Non possiamo farcela da soli. È fondamentale riscoprire i valori dell’azione collettiva, della reciprocità e solidarietà che appartengono al Natale. Quante volte, in passato, ne abbiamo sentito parlare, ma senza comprenderne appieno il significato? Ora possiamo farlo”. Per questo è importante mantenere vive le relazioni, il dialogo con le altre persone. “Tutti gli studi dimostrano che, dove c’è isolamento, c’è maggiore sofferenza dal punto di vista mentale – sottolinea la psicologa – mentre, oltre alla famiglia, anche comunità, gruppi sportivi, parrocchie aiutano ad affrontare con maggiore equilibrio e serenità le situazioni stressanti e difficili”. Un altro aspetto è quello del racconto del proprio disagio. “È difficile riconoscerlo e chiedere aiuto” e l’Italia non fa certo eccezione “ma dall’inizio della pandemia si è parlato molto della sofferenza mentale, facendola uscire dalle categorie stereotipate in cui in genere la si tiene”. Oggi, dunque, “si ha meno timore di chiedere aiuto. Le rilevazioni nazionali sulle richieste dei cittadini – spiega Valentina Di Mattei – indica una importante crescita della domanda. E sono tanti quelli che, per varie ragioni, hanno bisogno di un supporto in più”.
VIVERE IL LUTTO O LA BATTAGLIA DI UNA PERSONA CARA – Basti pensare a chi in questi due anni ha vissuto un lutto, più o meno recente. Non hanno certo aiutato le misure restrittive. Da quelle che hanno coinvolto gli ospedali, a quelle sui riti funebri. In molti non sono stati accanto ai propri cari come avrebbero voluto. “Il Natale, poi – spiega la professoressa Mattei – si associa a una serie di tradizioni e abitudini rituali che, dal punto di vista mentale, sono molto importanti perché costituiscono dei punti di riferimento che garantiscono una percezione continuativa della nostra identità. Il fatto di vivere questo Natale senza la persona cara persa ha costretto a confrontarsi con la nuova realtà in modo doloroso”. Un vuoto che diventa molto pesante anche per chi ha combattuto insieme alla persona affetta da Covid, per chi ha scandito le proprie giornate nella cura verso il familiare malato. “Il peso dell’assistenza non è semplice – aggiunge – anche se ci sono situazioni diverse, a seconda delle risorse familiari, ma anche economiche di cui si può disporre. La persona che si prende cura dei propri cari generalmente è talmente coinvolta nel suo ‘compito’ che difficilmente pensa a se stessa”. Raro, dunque, che chieda aiuto psicologico “anche se ne avrebbero bisogno”.
IL DIALOGO CONTRO L’ANSIA DEL RITROVO (E L’ISOLAMENTO) – Quando tutto è iniziato, una delle prime cose con cui si è dovuto fare i conti è stata proprio la necessità di tutelare le persone più fragili, malati e anziani. Sono seguiti mesi di isolamento, durante i quali i nonni non potevano stare accanto ai nipoti e poi un continuo tira e molla tra periodi con maggiori e minori restrizioni. In molti si auguravano che questo Natale fosse diverso ma, a quanto pare, le opzioni saranno due: l’ansia del ritrovo per chi deciderà di condividere le festività in famiglia e il senso di colpa per chi sceglierà di non farlo. “Rispetto al senso di colpa – replica Valentina Di Mattei – bisogna parlare apertamente con i nonni e chiedere loro quale modalità li farebbe sentire più tranquilli. Evitiamo l’isolamento senza un dialogo: l’anno scorso anche la solitudine ha fatto molti danni”. E questo vale, in generale, per chi è più fragile, per esempio per i malati oncologici. “A seconda delle diverse caratteristiche di personalità, ci sono persone che stanno bene in mezzo altri, anche a Natale e altre che preferiscono vivere questo momento con un numero limitato di persone”. Il consiglio, quindi, è un confronto diretto. Rispetto all’ansia del ritrovo, ci sono anche soluzioni alternative e strumenti, considerando il fatto che, rispetto allo scorso Natale, oggi c’è un alto numero di persone vaccinate: “Si possono concordare con le persone più fragili visite brevi, con tutta la cautela del caso, magari indossando la mascherina, mantenendo una distanza fisica ma garantendo quella relazionale”.
IL DRAMMA DEGLI ADOLESCENTI E IL COMPITO DEI GENITORI – Ma se c’è qualcuno a cui le feste da visite brevi e mascherina non vanno giù, quelli sono gli adolescenti, a cui è stata stravolta la vita. Niente feste, niente assembramenti, niente concerti. Il virus li ha separati dagli amici, a quell’età il loro stesso mondo. Nei mesi scorsi il Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha proposto di rendere fissa, a scuola, la presenza dello psicologo, mentre il deputato di Coraggio Italia Emilio Carelli ha presentato una proposta di legge per inserire uno psicologo professionista in ogni istituto scolastico del Paese. D’altronde i dati clinici parlano chiaro: “C’è stata un’impennata mai vista negli accessi agli ambulatori: depressione, ansia, disturbi alimentari, ma anche ragazzi che mettono in atto condotte autolesive”. Il Natale può contribuire a esasperare delle situazioni? “Può farlo nella misura in cui i ragazzi tendono a viverlo in modo idealizzato. Anche loro dovranno fare i conti con lo scarto tra i propri desideri e aspettative e la più frustrante realtà”. Il consiglio? “Cercare di trovare occasioni di socialità più ristrette, ovviamente con la dovuta la cautela” spiega la psicologa, secondo cui “questo momento può rappresentare un’occasione importante per i genitori, per parlare e trasmettere il senso del rispetto delle regole e della responsabilità individuale ai propri figli”. Per loro, soprattutto per i più piccoli, che ancora non potranno esibirsi per la recita di Natale e che non hanno ricordi ben definiti del Natale pre-Covid “bisogna cercare di mantenere il più possibile le tradizioni e i riti familiari”.
LA NEGAZIONE COME VIA DI FUGA – Ma queste sono anche le festività in cui l’Italia assiste a una divisione tra chi si è vaccinato e rispetta le regole e chi rifiuta il vaccino, le restrizioni e persino l’idea del virus, arrivando a negare i numeri dei contagi. “La negazione è un meccanismo di difesa della mente riconosciuto e che può essere più o meno adattativo” spiega la psicologa clinica, sottolineando che “ci sono meccanismi che ti aiutano ad affrontare la realtà e quelli che lo fanno, a scapito di alcuni aspetti di questa realtà. Alla base ci possono essere momenti particolarmente difficili, ma anche una mancanza di fiducia rispetto alle autorità e alla stessa scienza. Ma sono molto alte le spese a carico del funzionamento mentale – conclude – quando si mettono in atto alcuni di questi meccanismi”.
Categorie:Coronavirus, Cronaca, Interno, Sanità
L’ incidenza “schizza”; Omicron “farà strage”; la pandemia fa “crollare” le borse; le bollette saranno “shock”; l’ inflazione “galoppa”; ogni giorno una “strage” (leggi muoiono due o tre persone); le temperature sono “polari” ; gli ospedali sono “in affanno”; l’ anno prossimo sarà “il peggiore”; la povertà aumenta; ci aspetta “il coprifuoco”; ” tra un mese si ferma l’ Italia”… e questa ci dice che siamo ansiosi? Ma guarda un po’…
Si mettessero un po’ tutti d’accordo prima di esternare…
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mangiare verdure e bere molto
come?
non siamo ad Agosto?
mi sono portato avanti
Questa variante è molto contagiosa:
si diffonde più velocemente di altre e può infettare le persone anche se sono completamente vaccinate
I vaccini e i richiami sono ancora essenziali:
fanno un ottimo lavoro nel proteggere da malattie gravi che potrebbero portarti in ospedale
È più mite – se lo prendi, il rischio di aver bisogno di cure ospedaliere è fino al 70% inferiore rispetto alle varianti precedenti
ma ciò è in gran parte dovuto al fatto che molti di noi hanno sviluppato l’immunità dai vaccini e dalle infezioni passate
piuttosto che dai cambiamenti al virus
Anche se Omicron è più mite, perché è più contagioso, un gran numero di persone lo prenderà
e alcuni si ammaleranno ancora gravemente, il che mette sotto pressione il SSN
non è di Speranza ma tratto da un articolo odierno della BBC uk
(quelli che fino ad una settimana fa relegavano articoli sul tema Covid-19 nel fondo pagina)
attenzione che immunità non significa impermeabilità
ma
Condizione, innata o acquisita, in base alla quale un organismo è in grado di neutralizzare tutto ciò che gli è estraneo.
la neutralizzazione non è come nei fumetti un fulmine che secca il virus vedendolo, ma è quello che
banalmente chiamiamo malattia.
serve dire che, essendo tutti diversi, questa si svilupperà in modo differente o è superfluo?
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Tralasciando l’ottusangolo bolognese, poi mi fa strippare questa:
”’e chi rifiuta il vaccino, le restrizioni e persino l’idea del virus, arrivando a negare i numeri dei contagi”’
E fino a 3 settimane fa dicevano che i tamponi erano INAFFIDABILI salvo poi utilizzarli per fermare il virus sul bagnasciuga!
E i matti saremmo noi che non ci fidiamo delle lobby farmaceutiche, come quella che ha messo a capo dell’EMA la signora Cooke.
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Continui a stupirmi… Ma non ti eri suicidato?
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Possiamo semplicemente dire che siamo impreparati ad affrontare una devastante crisi mondiale dove il virus è la variabile eccezione, a conferma di un sistema disfunzionante e disumano, chiamato neoliberismo ? E fa sorridere che venga chiesto,ora , senso di responsabilità, solidarietà, spirito di collaborazione e collettività quando da mezzo secolo società e ” cultura” neoliberista spinge le persone in senso diametralmente opposto, verso un’ orgia di individualismo, competizione, menefreghismo di tutto , salvo il proprio interesse? Sono anni che ci massacrano i cabbasisi sulla ” bellezza e bontà ” di equilibrio e risoluzione, salvezza, grazie a mercati, finanza, economia, profitto, opportunamente né solidale né finalizzato al bene comune e collettivo, perché quello che conta è il successo e la ricchezza, personali , e gli altri possono pure crepare di indigenza, ed ora si pretende da quegli stessi individui e vittime collaborazione? Arriva un virus che fa saltare in aria la pessima” educazione” imposta, quella della comune indifferenza alla soppressione dei diritti altrui, purché il nostro sia salvaguardato, con la distruzione di ogni senso e significato di collettività, che ha permesso le peggiori ingiustizie sociali ed economiche, il dilagare di diseguaglianze, di esclusione sociale, di oppressione e colpa per la diversità, ed ora si fa appello alla collettività e bene comune, inesistenti? I NoVax esercitano un proprio diritto, l’ invito a vaccinarsi può essere solo finalizzato alla tutela della propria salute, senza alcun ipocrita appello al dovere civico, perché allora io mi aspetto che lo stesso invito sia rivolto a tutti i cittadini quando gli operai vengono licenziati o muoiono sul lavoro e di lavoro, quando milioni di poveri vengono lasciati al loro destino, quando i salari da fame sono intoccabile sacra legge di mercato, quando un omosessuale viene offeso, quando una donna viene esclusa dal lavoro per l’ eroica pretesa di maternità o quando una spiaggia diventa inaccessibile perché proprietà privata! Vorrei vedere in piazza milioni di persone vaccinate e non, a riprendersi quel significato di collettività e solidarietà cui abbiamo rinunciato molto prima del Covid, che offre ,invece, occasione di cambiamento in questo senso, e la nostra risposta non può e non deve essere di divisione e conflitto fra Sì Vax e NoVax, si pass o no pass, perché il virus passerà, mentre il diritto negato di uno che non viene difeso come il diritto negato di tutti, resta ed è purtroppo la peggiore epidemia del nostro tempo, cui purtroppo ci siamo lasciati vaccinare mentalmente senza alcuna protesta!
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Posso ospitare.
P.s. Anna, sei tu?
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Divide et impera, gentile @Alessandra. Siamo sempre lì.
Con un Governo costruito a tavolino è più che mai necessario che i cittadini non se ne occupino, lo lascino “lavorare” in pace e si scannino tra di loro.
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