(Francesco Grignetti – la Stampa) – Si avvicina la data fatidica del 16 dicembre, quando Cgil e Uil chiameranno i lavoratori italiani allo sciopero generale contro il governo. E le polemiche cominciano a diventare sempre più calde. Per uno scherzo del calendario, Matteo Salvini e Maurizio Landini si trovano entrambi a Bari. Ed è quasi inevitabile che dicano male l’uno dell’altro. Ma sono in tanti a criticare Cgil e Uil. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, torna a criticare le motivazioni dello sciopero generale: «La battaglia fra padroni e servi, è una battaglia fordista del ‘900, il mondo del lavoro si è trasformato».

Il leader della Lega, come suo solito, ci va giù pesante: «Stiamo lavorando, impegnandoci per ottenere risultati sulla manovra, dalle tasse alle bollette. La Cgil invece blocca il Paese. Uno sciopero generale in un momento così delicato per l’Italia e gli italiani è davvero contro il Paese, contro i lavoratori, contro il buon senso». Ecco, per Salvini la questione è davvero semplice. Da una parte c’è lui con «l’Italia del sì», e dall’altra parte c’è la Cgil «che convoca uno sciopero generale nel momento più sbagliato».

Per chiarirsi, fa anche un esempio pratico. «Come Lega abbiamo proposto la reintroduzione dei voucher in agricoltura, ma ci hanno risposto di no (dalla Cgil, ndr). E allora? Chissenefrega». Gli risponde a stretto giro Landini. «Se dentro il governo non si capisce che ci sono persone che, pur lavorando, sono povere e non riescono ad arrivare alla fine del mese, e che aiutare chi sta peggio è l’unica strada per riunire questo Paese, allora vuol dire che c’è qualcosa di profondo che va cambiato. Forze di maggioranza che ragionano in questo modo non ce le meritiamo».

Il segretario della Cgil è davvero in rotta di collisione con il governo e con la maggioranza. Non sarà un miliardo di euro in più o in meno sulla riforma delle tasse che potrà ricucire una rottura così profonda. Perciò quello del 16 dicembre è uno sciopero tutto politico. Sui valori di fondo: «C’è una distanza tra questo governo e la vita». Landini esce infatti dallo stretto territorio delle rivendicazioni sindacali e fa piuttosto riferimento all’astensionismo alle recenti Amministrative.

«C’è una parte maggioritaria del Paese che non si sente rappresentata. Noi abbiamo il dovere di dare voce a chi non ce l’ha e di cambiare la politica». E a chi vuol dare voce? «Non rispondiamo a questo o a quel partito, ma alle lavoratrici e ai lavoratori, ai pensionati e ai giovani precari».

Questo è il suo obiettivo, e della Uil: «Tutti gli 8 miliardi destinati al fisco vadano al lavoro e ai dipendenti; una riforma fiscale che tuteli i salari e le pensioni più basse; superare la precarietà nel lavoro, quindi cancellare forme di lavoro precarie assurde; prevedere un nuovo contratto unico di ingresso al lavoro che sia fondato sulla formazione e sulla stabilità; una vera riforma delle pensioni; rilanciare gli investimenti a partire dal Mezzogiorno». Come si vede, una scelta di campo che non contempla gli equilibri trovati dal governo, tra spinte diverse e tra partiti molto diversi. E infatti non meraviglia che Bonomi protesti all’opposto, perché le imprese hanno avuto troppo poco.

«Questa manovra sottrae 13 miliardi alle imprese. Mancheranno agli investimenti», dice. Secondo Confindustria, non è il momento di destinare fondi in assistenza spicciola, bensì di concentrarli in grandi obiettivi. «Questa – dice dal palco di Ateju, la kermesse di FdI – è una occasione storica. Dobbiamo fare crescita, sennò non ripagheremo il debito emergenziale che abbiamo contratto. Noi rimbalziamo; non stiamo crescendo. E l’anno prossimo il rimbalzo scenderà. Dal 2023 cresceremo solo dell’1,5%. Non basterà a ripagare il debito».

Per concludere: «Lo sciopero ci rattrista molto. Ci sono temi sul lavoro da affrontare. La proposta migliore non è andare in piazza penalizzando il lavoro». Ed è sarcastico, Bonomi, sulla radice tutta politica di questo sciopero. Di fronte ai temi dei contratti pirata, dello sfruttamento o del fisco «ci siede a un tavolo ci si confronta, altrimenti come dice Greta è un bla bla bla».