Il casaro dipinto nell’infelice spot della Parmigiano Reggiano è caricaturale. Ma anche le polemiche non colgono proprio nel segno. Questi professionisti lavorano sì 365 giorni l’anno, ma a 3 mila euro al mese più premi produzione. Il vero sfruttamento è altrove.

(Stefano Iannaccone – tag43.it) – Un lavoro, quello del casaro, che richiede un impegno costante per un ciclo di produzione che va avanti 365 giorni all’anno. Per garantire la produzione di circa 35 mila tonnellate di Parmigiano Reggiano. Ma senza alcuno sfruttamento, anzi con ferie regolarmente retribuite, eventuali riposi compensativi dei turni notturni, e un salario molto più alto della media nazionale. Si parla di una busta paga di 3 mila euro al mese netti, con la possibilità, in base alla realtà produttiva, che sia anche più pesante. Sia chiaro: nessuna gentile concessione. Si tratta di un’adeguata retribuzione per un profilo altamente qualificato su cui ricadono la stragrande parte delle responsabilità del prodotto finale. Ma i problemi di sfruttamento si rilevano su altri punti della filiera, principalmente in quello di alcuni allevamenti dove i casi di abusi ci sono. Eccome.

La figura del casaro e la caricatura di Renatino

Il Renatino dell’infelice spot del Parmigiano Reggiano è insomma la rappresentazione, erroneamente caricaturale, del casaro, una figura professionale di grandi competenze. È un ruolo associabile a un manager di primo piano in un’azienda, che deve essere presente in ogni caseificio. Nelle realtà più grandi se ne prevedono anche di più, con incarichi a possibili vice. Certo, il lavoro è duro, perché latte viene lavorato tutti i giorni. Il casaro non svolge le proprie mansioni in comodi uffici: deve lavorare in posti freddi, di campagna, con un elevato tasso di umidità. Del resto le forme di Parmigiano Reggiano vengono fuori tra Parma, Reggio-Emilia, Bologna, Mantova e Modena, passando dalla montagna alla pianura, sia alta che bassa. Zone in cui il clima invernale non è propriamente un invito alla scampagnata. E quando è necessario ci sono anche turni di notte. Nulla di diverso rispetto a quanto capita per altri tipi di lavori dirigenziali.

Parmigiano reggiano: la vita e lo stipendio dei casari

I compiti e le responsabilità del casaro 

Ma quali sono i compiti, nel dettaglio? «Il casaro è una sorta di custode della produzione del Parmigiano Reggiano. Ha responsabilità a più livelli, perché da lui dipende la qualità del formaggio», spiega a Tag43 Uber Franciosi, segretario della Flai Cgil in Emilia-Romagna. «Deve conoscere il ciclo produttivo del latte e della stagionatura», aggiunge il rappresentante sindacale, «e deve tenere un rapporto con i responsabili degli allevamenti. È necessario infatti che monitori il processo di produzione del latte per garantire che sia di buona qualità». Una mansione delicata che richiede varie competenze, dunque. Ma, sottolinea Francionsi, «in tanti anni non mi è mai capitato che un “Renatino” venisse a denunciare una condizione di sfruttamento. Può capitare che in una realtà più piccola, il casaro possa avere dei periodi di impegni extra. Non sono però casi di violazione dei diritti, direi che si tratta di contingenze particolari, a cui si fra fronte con recuperi compensativi».

Lo stipendio di Renatino? Sui 3 mila euro più premi di produzione

Nel comprensorio di produzione del Parmigiano Reggiano, secondo i dati del 2019, ci sono in totale 321 caseifici. Ognuno è dotato della figura imprescindibile di almeno un casaro. Lo stipendio non è affatto male, si va dai 3 mila euro a salire. Ci sono poi dei premi di produzione che fanno gola: se alla fine del processo, il casaro riesce a garantire uno standard di qualità massimo, strappa un bonus di circa 5 mila euro in un anno. Se il livello è buono, il premio ammonta comunque a 1.500 euro. Questo, tuttavia, non esclude criticità nel settore. La Flai Cgil Emilia-Romagna cerchia in rosso un’altra questione: «Al di sotto della posizione del casaro si possono rinvenire situazioni di sfruttamento. In particolare negli allevamenti, dove i lavoratori non sempre vengono inquadrati regolarmente». A volte, infatti, chi lavora per prendere il latte dalle mucche riesce a portare a casa, a fine mese, una cifra intorno ai 1.000 euro con turni massacranti e senza alcuna tutela. I “Renatini” sfruttati, insomma, vanno cercati altrove. Lo spot del Parmigiano Reggiano è finito fuori fuoco rispetto alla  rappresentazione di una figura professionale. «È stata fornita una rappresentazione caricaturale», conclude Franciosi, «di un profilo che richiede un’elevata competenza professionale. Ma devo rilevare che, anche chi ha commentato quello spot, ha parlato senza informarsi sui fatti, su cosa significhi davvero fare il casaro».