(Emanuele Buzzi – corriere.it) – Dopo le parole di Sergio Mattarella, che allontanano l’idea di un suo bis, i partiti continuano a interrogarsi sul prossimo inquilino del Quirinale. «Si dice che la sinistra cerchi un presidente che li tenga al governo anche se continuano a perdere le elezioni», attacca Giorgia Meloni. Che assicura: «Io cerco un presidente che stia lì a fare rispettare le regole a tutti nella stessa maniera e a far esercitare il diritto del voto». E se Antonio Tajani assicura che il centrodestra condurrà i giochi, proponendo «un solo candidato», la visione di Forza Italia è ben diversa da quella dell’alleata sul voto anticipato: «Draghi resti fino al 2023». Gli azzurri insistono su Silvio Berlusconi: «Toccherà a lui scegliere cosa fare — dice Tajani — ma dal punto di vista politico che tutti i giornali parlino di lui come possibile presidente è la nostra grande vittoria politica». E c’è poi il centro della coalizione che apre al confronto: «I nostri primi interlocutori sono nelle posizioni centrali, si tratti di Calenda o di Renzi», spiega Osvaldo Napoli (Coraggio Italia).

La posizione del M5S

Walter Veltroni ricorda quando «a casa mia incontrai Fini e Casini e discutemmo di Carlo Azeglio Ciampi». Era il 1999 e alla base «del metodo Ciampi c’era in primo luogo l’autorevolezza di Ciampi, il suo prestigio e la sua dimensione europea». Il nome di Mario Draghi è ancora tra i più citati nel totonomi: meglio al Quirinale o a Palazzo Chigi? «L’importante è che ci sia equilibrio tra un presidente autorevole e un governo autorevole che concluda la legislatura», avvisa Veltroni. Nel dibattito qualcosa si muove, sottotraccia, nel M5S. Tra i parlamentari nelle ultime settimane si sta assistendo a un fiorire di incontri, segreti o meno, con un unico tema: il Quirinale. Big, gruppi, gruppetti mostrano i muscoli e fanno pesare la loro influenza. L’unico passo avanti fatto segnare dai parlamentari in questi giorni è la presa di posizione di Giuseppe Conte, che in assemblea ha dichiarato di essere contro il voto anticipato. Il leader M5S, in un’intervista a un quotidiano olandese, ha assicurato che il Movimento «non cerca di trasferire Draghi da Palazzo Chigi al Colle». C’è un però: «Anche se non c’è dubbio che il candidato presidenziale più adatto sia qualcuno di alta morale, capace di raggiungere l’unità nazionale».

Grillo tace

L’opzione di una convergenza su Draghi rimane aperta, ma c’è chi, come Luigi Di Maio, sta cercando di tutelare il premier in questa fase delicata. «Si stanno muovendo tutti», assicura un dirigente pentastellato. Conciliaboli in cerca di garanzie, con lo spettro delle elezioni anticipate a fare da collante tra peones e big. «Nessuno vuole votare nel 2022: serve un accordo politico o trarremo le conseguenze», avvisa un 5 Stelle. E mentre tutti discutono, Beppe Grillo tace. Il garante spera in un ripensamento di Sergio Mattarella riguardo a un possibile bis: il fondatore vede nell’attuale capo dello Stato una garanzia in una fase complessa come quella dell’attuazione del Pnrr. Mentre il M5S si dilania tra guerriglie e discussioni, Grillo — che con Draghi conserva un filo diretto e un rapporto di stima — cerca una soluzione che permetterebbe anche ai 5 Stelle di prendere ossigeno. Il garante è di continuo tirato per la giacca da deputati e senatori. Negli ultimi giorni a preoccuparlo sono i malumori per le nomine interne di Conte. Per fine mese si attendono quelle per i vari comitati tematici. Poi, a Montecitorio, ci sarà l’elezione del capogruppo con Davide Crippa, il suo «rivale», sempre più indirizzato verso una riconferma.