(Luigi Ippolito – il Corriere della Sera) – La Gran Bretagna finisce sul banco degli imputati. L’atto d’accusa più duro lo ha scagliato – dalle colonne di Repubblica – Walter Ricciardi, l’igienista consulente del nostro ministero della Salute: gli inglesi «hanno sbagliato tutto fin dall’inizio», «si sono illusi che la campagna vaccinale avesse risolto tutto», ora «facendo circolare il virus in modo incontrollato, agevolano la formazione di nuove varianti».

Cosa ne pensano a Londra? Sostanzialmente, nulla. Perché qui da mesi, tranne qualche sprazzo, il Covid è praticamente scomparso dalla conversazione pubblica. Sui giornali si fa fatica a trovare qualche articolo dedicato alla pandemia (e il fenomeno italiano dei virologi che pontificano a tutte le ore non esiste e non è mai esistito).

Il dibattito politico si occupa di altro: la corruzione dei conservatori, la battaglia della pesca con la Francia, la Cop26 a Glasgow: non certo del coronavirus. Vista da qui, l’Italia sembra davvero vivere in un universo parallelo.

Cose come il green pass e le mascherine in Inghilterra sono sconosciute: a luglio sono state abolite tutte le restrizioni e la popolazione, dopo qualche esitazione, ha abbracciato con slancio la libertà ritrovata. Da due mesi la vita è tornata alla normalità: club, feste, palestre, tutto funziona a pieno regime.

E i contagi? A metà ottobre c’è stata una fiammata, con i casi arrivati a 50 mila al giorno. È stato in quel momento che sono sembrati preoccuparsi: da più parti – soprattutto dall’opposizione laburista – si è invocata l’immediata introduzione del piano B, ossia il ritorno alle mascherine al chiuso, al lavoro da casa e una blanda forma di green pass (che qui incontra forti resistenze ideologiche in tutto lo spettro politico, in un Paese con un Dna liberale).

Ma Boris Johnson ha tenuto duro: e da allora i casi hanno cominciato a calare in maniera costante (adesso sono scesi a 30 mila al giorno). Gli esperti britannici ritengono che il picco sia ormai passato e la questione è stata di nuovo derubricata.

Certo, con numeri del genere da noi sarebbe comunque allarme rosso. Ma sembra evidente che in Gran Bretagna hanno un approccio filosoficamente diverso: in Europa di fatto pare che si punti al «Covid zero», una strategia che a Londra è considerata palesemente assurda; i britannici hanno accettato che il Covid è ormai una malattia «endemica», con la quale bisogna convivere.

D’altra parte, non è di gran lunga la prima causa di morte: ben avanti vengono i tumori, gli ictus, gli infarti, le altre malattie respiratorie… E allora, l’importante per loro è che non ci sia una pressione insostenibile sul sistema sanitario nazionale: finché ci sono letti liberi negli ospedali e non muore troppa gente, il resto conta poco.

Forse c’entra anche il tradizionale stoicismo britannico, keep calm and carry on, state calmi e andate avanti; o il fatto che grazie all’approccio ultra-liberale l’economia corre come nessun’altra in Europa, con una crescita annua stimata al 6,5 per cento. Come che sia, a Londra il dibattito sul Covid fa tanto 2020…