Si passa la sera scolando Barbero

(Anna Lombroso per il Simplicissimus) – Capisco che ogni tanto c’è bisogno di distrarsi recandosi al PortaPortese, il mercatino dell’usato globale dove si trova ancora qualche reperto di passate ideologie, arcaici valori e principi impolverati. Ma che noia stare là a rovistare come tra quei banchi messi su, con due cotogne dell’albero in cortile, vecchi centrini e tazzine scompagnate, da donnette con lo scialle in testa e monelli di posti remoti, mentre piovono bombe umanitarie scaricate da droni comandati a migliaia di km di distanza.

Proprio come nel rito domenicale del generone romano alcune signore e alcuni cavalier serventi vogliono far giustizia dell’ingenuo bric à brac proposto dal professor Barbero, in vena di rimembranze degli anni ’70 che ha regalato, estemporaneamente rispetto al fatidico 8 marzo, una sua diagnosi delle cause della disparità di genere.

Duole vederlo vittima dei demoni della visibilità conquistata coraggiosamente a proposito di Foibe e Green Pass, che, per smania pedagogica e divulgativa o per quel tanto di vanità che coglie chi è alla prese con un nuovo progetto, in questo caso “Donne nella Storia” abbia fatto ricorso a una datata paccottiglia di stereotipi, permettendo che gli si ritorcessero contro con speculari banalità e pregiudizi.

Per carità l’uomo è avveduto e intelligente, si è limitato a chiedersi se non vi siano “differenze strutturali” – non genetiche – “ fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi “ proseguendo col dire che è vero che ci sono “donne chirurgo, altre ingegnere e via citando, ma a livello generale, siamo lontani da un’effettiva parità in campo professionale” e chiedendosi  se non sia possibile che “le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che servono ad affermarsi”.

E già su questo diciamo che ha toppato: conosco un buon numero di donne che hanno subito molestie sul lavoro da parte di colleghi e superiori maschi, ma ne conosco altrettante e forse di più che sono state angariate da quote rosa gerarchicamente consolidate, da “sorelle” che hanno sciorinato tutto il repertorio di veleni, invidie e piccole feroci crudeltà che da sempre costituirebbe una componente fatale della concorrenza sleale attribuita a quello che, per doverosa cautela, il professore ha evitato di chiamare ”sesso debole”.

Tanto che è lecito sospettare, senza andare troppo indietro nella sua materia, che anche la marchesa de Rambouilet o madame du Deffand, perfino Olympe de Gouges, le animatrici dei salotti illuministi e les Cytoiens che sferruzzavano a Place de la Concorde, si dedicassero a qualche intrigo, a qualche malizia da usare come arma contro altre donne, non sconosciuta peraltro anche a suffragette e militanti emancipazioniste.

Che ingenuità, professore, dicendo così ha scontentato tutti:  le donne dolcemente complicate dududu;   le orfane dell’Udi rimaste a inorgoglirsi della specificità di genere, sensibilità indole all’accudimento, integrità, e del portato femminile, dalle eroine risorgimentali mogli e fidanzate dei carbonari, alle infermiere di Addio alle armi, alle staffette e agli  angeli del ciclostile.

E pure le Soroptimist con le loro storie di riscatto grazie papà e marito, e le donne manager, che si prestano a rivendicare la loro tenacia, la loro ambizione e  le loro giacche virili su Vanity Fair, quelle del 99% che hanno fatto di determinazione arrivismo, autoreferenzialità le qualità per  sfondare il soffitto di cristallo e procedere alla cruenta sostituzione di maschi prepotenti, tracotanti, anaffettivi, incompetenti, con altrettante diversamente maschi più agguerrite grazie a secoli di risentimento e oppressione, particolarmente dotate di pervicacia appartenendo a cerchie vincenti che per dinastia, rendite, fidelizzazioni sono astate ammesse nei centri di potere e nei posti di comando.

È spiaciuto a alcune femministe “storiche” che non negano l’insicurezza delle donne “prodotto di una     cultura patriarcale che ha tenuto le donne per millenni fuori dal governo del mondo”, ma rimproverano a Barbero di considerarlo un dato “strutturale” scambiando per causa quella che invece è   una “conseguenza”, e, immagino,  a qualche collega storica che potrebbe ricordargli che la storia senza desinenza  in schwa ha  rimosso filosofe, pensatrici, combattenti, attiviste, trascurate dagli studiosi che dovrebbero  consegnare alla memoria collettiva le vicende umane.

E’ spiaciuto, e per questo merita invece particolare apprezzamento, a centinaia di fanatici del politicamente corretto che ne hanno approfittato per rifarsi delle sue esternazioni sul lasciapassare e sulla doverosa pacificazione che equipara vittime e carnefici,  e a Michele Anzaldi, Segretario della Vigilanza Rai di Italia Viva, che pretende che la Rai gli revochi le collaborazioni.

Perfino a Odifreddi che alterna un untuoso omaggio apocalittico: “ semmai le donne dovrebbero essere felici di non essere oggi rappresentate in maniera egualitaria ai livelli di comando, perché questo depone a favore della loro intelligenza e del loro valore”, alla critica alle rampanti e alle arrivate, quelle ”Lady di ferro”  che hanno raggiunto posti di comando, dimostrando che la scalata al successo delle donne finisce per replicare nelle modalità quella dei maschi e al femminismo che combatte a parole il maschilismo che le discrimina, “ma in pratica accettano il sistema che è basato su quello stesso maschilismo, invece di cercare di cambiarlo” e come? ma con la competenza, il mito  incontrastato dei nostri tempi.

Eh si, perché in un sistema che si regge sulle disuguaglianze e che vuole perpetuarle, è confortante immaginare un’utopia senza discriminazioni di genere che lo riscatti e dove la “minoranza” sociale e culturale delle femmine si affranchi grazie alla benefica occupazione dei centri di gestione del potere da altre e innumerevoli sapienti e efficienti nel solco di  Marcegaglia, Morselli, Fornero, Bellanova, Boschi, Cartabia, promosse  dall’ideologia del politicamente corretto a titane d’impresa e statiste per via di una specifica indifferenza feroce ai bisogni dei lavoratori o per  aver abbassato l’Iva sui Tampax.

A dirla tutta, e me ne dolgo, le ragionevoli e sane ovvietà del professor Barbero sono spiaciute anche a me. Sarà che non apprezzo che allo scontro di classe si preferisca l’apparentemente meno cruenta guerra dei sessi, con la speranza epifanica che uno dei due prenda il sopravvento grazie a caratteri biologici, antropologici e “strutturali” che fino ad oggi sono stati esaltati proprio per favorire oppressione, discriminazione, sfruttamento promossi a leggi naturali da ogni totalitarismo che ha fatto della cultura patriarcale uno dei suoi capisaldi.

Sarà che accetto con amarezza la svolta “post socialista” di parte del femminismo impegnato unicamente nel riconoscimento a norma di legge delle “minoranze”  e  nel  raggiungimento della “parità”, postulata anche nel Pnrr di Draghi,  avendo abbandonato ogni pretesa di superamento del capitalismo, perché ha convertito  uno dei più potenti movimenti antisistemici in una declinazione dell’ideologia neoliberista.

Sarà che di questi tempi la convinzione e l’auspicio che ogni donna sia in grado  di ottenere quello che vuole, come dimostrano quelle affermate, arrivate e appagate,  si dovrebbero estendere a tutti, mentre invece i messaggi che arrivano dall’alto sono quelli che raccomandano  la rinuncia, la sottomissione, l’obbedienza.

L’unica frase poco letta e citata dai critici di Barbero e che invece potrebbe riscattarlo delle sue paternalistiche banalità recita che basterebbe educare una generazione di giovani consapevoli e la situazione cambierebbe. Ha ragione, ma cosa possiamo aspettarci se i fini morali e pedagogici sono nelle mani di generazioni che hanno introiettato e inculcano condiscendenza, abdicazione e resa?

10 replies

  1. La distopia, a mia conoscenza, mette sempre l’uomo al vertice:
    In Blade Runner il dio della creazione è il dottor Tyrel; in the Truman show la storia è incentrata su un uomo; il poter rirornare a piacimento nel futuro è privilegio (comico) di un uomo; un Papa rivoluzionario si permise di dire che “Dio è anche madre”, ma durò 33 giorni a San Pietro.
    Le donne sono sempre destinate a ruoli di comprimarie, generatrici di vita, amanti o/e complici del male.
    Anche nei regimi e nelle rivoluzioni.
    È curioso, piuttosto, che dai luoghi che veicolano la bontà come primato, le redazioni “progressiste” per intenderci, vedano poltrone sempre riscaldate da chiappe maschili: giornali e partiti sono dominio loro, pur alzando grida ipocritamente sguaiate a difesa del corpo femminile oppresso e discriminato.

    "Mi piace"

    • Per quanto possa interessarti, io la penso diversamente…
      Le donne particolarmente italiane ( cattoliche e tendenti all’ipocrisia…), diversamente da quelle del nord europa, per dire ( di origini pagane, e protestanti od atee…), tendono a chiagnere e fottere in cerca di sostanziali favori o privilegi o aggredendo astiosamente i maschi .

      In un paese in cui sono la maggioranza demografica e di aventi diritto al voto, frignano continuamente e cercano particulari tutele , manco fossero una minoranza bistratta e debole.

      Un non senso, per chi ragiona anche in modo tendenzialmente obbiettivo… se uno è accecato dall’ideologia femminista ( o morto di f…a?) , può lanciarsi in sperticate lodi per ogni donna vivente ( o respirante?) nell’universo mondo Indistintamente…

      Così , sommariamente la penso.

      "Mi piace"

  2. Sogno un mondo in cui ciascuno potrebbe essere e fare ciò che vuole, in silenzio e senza politiche correttezze. E invece il modello è unico, cioè quello maschile.
    Questo significa che le donne devono avere ” pari opportunità” che in globalese significa fare quello che fa il maschio. A volte lo fa meglio, a volte peggio. Mi piacerebbe sapere a chi piace guardare la boxe femminile.
    Il massimo del ridicolo è che delega ad altre donne la sua capacità di cura, che viene ritenuta “lavoro” solo se diventa mercato. Se stai a casa a badare i tuoi figli non vieni pagata e sei considerata un peso. Se invece ti occupi dei figli degli altri ( maestra al nido, babysitter…) vieni pagata, quindi considerata un valore per il Paese. Quindi le madri sono costrette ad andare in fabbrica o in ufficio per pagare qualcuno che in fabbrica o in ufficio potrebbe andarci senza problemi ed invece si sostituisce a lei nel compito più sensibile e responsabile che esista: la crescita di una nuova vita. Il mondo alla rovescia.
    Chi cura la casa ed i figli dovrebbe essere pagato, mentre è costretto a pagare , facendo altro.

    "Mi piace"

  3. “Quindi le madri sono costrette ad andare in fabbrica o in ufficio per pagare qualcuno che in fabbrica o in ufficio potrebbe andarci senza problemi ed invece si sostituisce a lei nel compito più sensibile e responsabile che esista: la crescita di una nuova vita. Il mondo alla rovescia.
    Chi cura la casa ed i figli dovrebbe essere pagato, mentre è costretto a pagare , facendo altro.”

    Se Non erro è l’emancipazione femminile richiesta dal femminismo, Non è successa per caso sta cosa… potrei sbagliarmi, perché, per quel poco che so delle baggianate femministe, ne ho abbastanza e non mi interesso molto del tema…

    "Mi piace"

  4. Il problema sono i soldi. Per essere “emancipate” le donne dovrebbero essere in grado di mantenersi economicamente. L’emancipazione economica, cioè il lavoro salariato, viene concepito solo se produce “merci” cioè PIL. La “marce” può essere il lavoro intellettuale, quello manuale ma anche lo spaccio e il “meretricio”; tutto fa girare i soldi, tutto fa PIL
    Occuparsi del lavoro di cura non fa “girare i soldi”, qui di non è considerato importante, mentre lo è il suo surrogato( alla prole bene o male qualcuno deve badare…) cioè chi “naturalmente” sarebbe destinato a farlo si occupa di altro per pagare qualcuno altro che “, innaturalmente” lo farà. Il massimo, tra l’altro, della deresponsabilizzazione.
    I primi tre anni di vita dei figli dovrebbero essere pagati dallo Stato: le madri come dipendenti pubbliche. Tra l’altro lo Stato – ed il pubblico in generale- risparmierebbe sugli asili nido e tutto l’ambaradan che li circonda. Sarebbe un metodo infallibile per incrementare le nascite tra i concittadini. Ma tutto questo dovrebbe essere supportato da una propaganda almeno pari a quella che da anni si consuma nel disprezzo per le “casalinghe di Voghera”.
    Non succederà. Come succede negli Stati totalitari, più presto i piccoli vengono tolti all’arbitrio della famiglie e consegnati all’educazione “collettiva” e meglio è. E ci beviamo pure il fatto che bimbi di pochi mesi “stanno meglio al Nido perché lì socializzano”.
    E poi avanti così: a scuola dal mattino alla sera, ogni giorno della settimana. E la domenica, magari, dai nonni o si chiama la babysitter.
    E ben vediamo i risultati. Io le chiamo le “generazioni tempo pieno” dalla socializzazione infinita. Reale o virtuale che sia. Da soli non ci sanno stare, e ad annoiarsi men che meno: abituati ad essere “gruppo”, cioè gregge. Sempre.

    "Mi piace"

    • Io penso che la soluzione del problema figli, consista Soprattutto ( ma Non solo…), nella consapevolezza-responsabilità dei genitori, di quanti figli riusciranno a crescere-educare con le proprie forze, Senza affidarsi allo stato che non dovrebbe e Non può sostituirsi in gran parte ai genitori.

      Fare figli è un atto di responsabilità verso il figlio e verso la società, in primis, poi qualche aiuto compatibile con i tipo di stato o di istituzioni pubbliche nelle quali si vive , certo, va dato a mo’ di assitenza sociale.

      Ma chi fa figli solitamente è “adulto e vaccinato”, mi si scusi il possibile gioco di parole, cioè responsabile di quello che fa; Nessuno ordina a qualcun altro di fare figli , se Non è capace di crescerli ed educarli.

      Penso che quello che tu vorresti in tema crescita ed educazione dei figli manco nei paesi scandinavi o in Francia ci sia…
      ma ognuno è libero di pensarla alla sua maniera.

      Se non ricordo male l’emancipazione lavorativa era un tema del femminismo, comunque… ed ora tutte le femmine lavorano, contente ?

      Mi si passi la suddetta battuta, anche se qualcuno potrebbe trovarla di cattivo gusto, ma che vorrebbe sottolineare un tendenziale lavorio del femminismo ( come del maschilismo…) al divide et impera fra maschi e femmine, riuscito benissimo, almeno in italia ( Paese, in generale, estremamente, e “scientificamente” mi verrebbe da dire, atomizzato a mio modo di vedere…) , da quella che è la mia modesta, fosse anche poco fortunata, esperienza.

      “noi fummo divisi , calpesti e derisi”

      recita l’inno nazionale…

      "Mi piace"

  5. Le donne devono avere autonomia e Monica. È fondamentale. Per fare in modo che le donne mantengano autonomia economica anche nei primi tre anni di vita dei figli – un lavoro faticosissimo , questo sì “per il bene del Paese”! – occorre che diventino “,dipendenti statali”. Mai soldi pubblici sarebbero spesi meglio.Anche il lavoro di casa dovrebbe essere pagato.
    Se ricade in toto sulla donna, per necessità o per scelta, il marito che non collabora dovrebbe pagare. Purtroppo però con gli stipendi che girano…
    L’ indipendenza economica è fondamentale, e fondamentale è l’accudimento e la vicinanza materna e paterna- e dei nonni, per chi li ha – nei primi anni. Con tutto il rispetto per le brave maestre del Nido ( l’ultimo mestiere che farei…) che certamente fanno il possibile. Ma è tutta un’altra cosa.

    "Mi piace"

  6. Le quote rosa per decreto e la iper suscettibilità sono i peggiori nemici del’ auspicabile equiparazione non solo tra uomini e donne, ma tra tutti gli esseri umani

    "Mi piace"