I diari di Marcello

(“SEGNALI ACUSTICI” di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Quando un giornalista che non sa nulla intervista un pregiudicato per mafia che sa tutto, il risultato sono “I diari di Marcello”, nel senso di Dell’Utri, usciti ieri sul Foglio: una tetra parodia de Le mie prigioni di Silvio Pellico, peraltro identica alle interviste che Dell’Utri rilasciava quando era solo indagato e tutti dicevano che sarebbe stato assolto. Invece s’è beccato 7 anni definitivi. Ma questa, per l’intervistatore Salvatore Merlo e per l’intervistato, è la prova che è innocente, in base al teorema del garantismo all’italiana […]

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  1. SEGNALI ACUSTICI

    (di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Quando un giornalista che non sa nulla intervista un pregiudicato per mafia che sa tutto, il risultato sono “I diari di Marcello”, nel senso di Dell’Utri, usciti ieri sul Foglio: una tetra parodia de Le mie prigioni di Silvio Pellico, peraltro identica alle interviste che Dell’Utri rilasciava quando era solo indagato e tutti dicevano che sarebbe stato assolto. Invece s’è beccato 7 anni definitivi. Ma questa, per l’intervistatore Salvatore Merlo e per l’intervistato, è la prova che è innocente, in base al teorema del garantismo all’italiana: se ti assolvono era un complotto, se ti condannano è un complotto. Quindi vai con la banalizzazione, l’aneddoto, la battutina, la strizzata d’occhio. Silvio inventava “spiritosaggini su Mangano, il famoso stalliere di Arcore”. La più bella è proprio quella dello “stalliere”: Dell’Utri è rimasto l’unico a chiamare così il mafioso che nel ’74 mise in casa a B. dopo il patto di mutuo soccorso con i boss Bontate, Teresi, Di Carlo e Cinà. Lui però sostiene che fu tutto un equivoco: “Che ne sapevamo noi?”, “Non sembrava un mafioso vero”, al massimo finto. Sì, è vero, quando gli portò Mangano e Cinà, B. commentò: “Uhm, accidenti che facce”. Poi pensò che “la faccia di Mangano poteva tenere lontani i malintenzionati”. Tipico dei malintenzionati regolarsi in base alle facce e degli statisti farsi proteggere non dai carabinieri, ma dai mafiosi di faccia o di fatto: la via omeopatica alla sicurezza. Ci sarebbero pure le intercettazioni anni 80, quando in Fininvest scoppiavano le bombe e Silvio&Marcello pensavano subito a Mangano: “Un botto… fatto con affetto… un segnale acustico… un altro farebbe una lettera, lui mette una bomba”. Meglio sorvolare.
    L’intervistato che percula l’intervistatore e l’intervistatore felice di farsi perculare parlano di Ingroia. Dell’Utri: “Un babbasunazzo”. Merlo: “Un mezzo citrullo”. Dunque a farlo condannare a 7 anni è stato l’altro mezzo: fosse stato tutto intero, gli avrebbero dato l’ergastolo. Non manca “quella gran minchiata della Trattativa”: infatti la Corte d’appello ha condannato Bagarella e prescritto Brusca per aver trattato con Dell’Utri e assolto Dell’Utri per aver trattato con Bagarella e Brusca (ma Merlo non lo dice perché non lo sa e Dell’Utri perché lo sa). Poi un simpatico avvertimento a Cairo: “Voleva prendere il mio posto a capo di Publitalia… irriconoscente”. Una laude a Draghi (“Mi ha convinto, simpatia epidermica”). E un bel quadretto familiare con vista Quirinale: “Alla festa di compleanno di Berlusconi ad Arcore, l’ho potuto riabbracciare: c’erano Confalonieri, Galliani, i figli di Silvio, i nipoti, tutta la famiglia”. Uhm, accidenti che facce. Mancava solo Mangano, prematuramente scomparso. Per stavolta, niente botti.

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  2. I tempi cambiano e con essi le abitudini. Per esempio, Agnes intervistava i brigatisti per indagare storicamente sugli eventi drammatici degli anni 70, Merlo intervista un condannato per mafia non pentito per riabilitarlo agli occhi dell’opinione pubblica e buttare discredito sui magistrati che lo hanno inagato,giudicato e condannato.

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  3. Pizzini a mezzo stampa.

    Per fargli gli auguri almeno la pagina l’hanno dovuta pagare, a lui invece la danno gratis, gli mandano anche a casa il dattilografo.

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