(Maria Egizia Fiaschetti – corriere.it) – La condizione imprescindibile, oltre all’accento sul programma (dalla turnazione dei vigili al termovalorizzatore), è il veto all’ingresso dei grillini in giunta.
In serata Carlo Calenda scopre le carte, ma non arretra sullo sbarramento al M5S: «Voterò Gualtieri perché mi corrisponde di più, Michetti non ha uno straccio di programma e di classe dirigente, ma non è un’indicazione di voto urbi et orbi». Il nodo sostanziale resta l’esclusione dal governo della città dei pentastellati, «che hanno lasciato un disastro epocale».
L’ex ministro dell’Economia, che non ha mai aperto all’ipotesi puntando sulle risorse interne alla coalizione di centrosinistra, ribadisce: «Se confermo che non ci saranno i 5 Stelle in giunta? L’ho detto, noi siamo abituati a fare ciò che diciamo». Non bastassero le sue rassicurazioni — la familiarità con il leader di Azione si fonda sulla comune esperienza europea e di governo — interviene anche il segretario del Nazareno, Enrico Letta, che in questa fase gestisce i negoziati rilanciando il «modello Siena»: «Nei prossimi giorni cercherò Calenda, Conte e Renzi e, più in generale, tutti coloro con cui possiamo dialogare. Non sarà un apparentamento, ma una proposta ai cittadini. La sfida ora è tra noi e la destra, il ballottaggio non è la continuazione del primo turno».
Il disappunto dell’ex premier
La nettezza di Gualtieri, però, apre una smagliatura nella trama tessuta a livello nazionale da Goffredo Bettini e nel Lazio da Nicola Zingaretti, ora tra gli sponsor principali di Gualtieri. Dalle parole di Conte traspare chiaro il disappunto per la mossa di Calenda, in qualche modo destinata a minare l’intesa Pd-M5S: «Sta facendo un percorso autoreferenziale. Siamo orgogliosamente forti della nostra storia, lui è all’inizio di un cammino politico nazionale e quindi dettare condizioni agli altri mi sembra quantomeno arrogante».
È ancora più indignata Roberta Lombardi, assessora grillina alla Transizione ecologica nella giunta Zingaretti, che punge: «Interessante che mentre il M5S dà prova di apertura al dialogo a tutti i livelli, una certa sinistra radical chic continui a guardare il M5S con senso di superiorità». Se non fosse che i calendiani si blindano e alzano la posta: «Il Pd chiarisca se l’esclusione riguarda solo i politici M5S o anche i tecnici… Non vorremmo che Gualtieri inserisse in squadra qualche collega dello studio di Conte…».
Nel frattempo l’ex ministro del Tesoro, che lunedì incontrerà Virginia Raggi, si prepara al comizio finale in piazza San Giovanni (il 16 ottobre) storica roccaforte della sinistra, poi espugnata dal V-Day grillino. Dalle parti di Enrico Michetti, che invece vedrà la sindaca uscente venerdì, si ragiona su come rimpolpare il vantaggio di soli tre punti sull’avversario di centrosinistra. La linea ufficiale vuole che l’unico sherpa sia il programma, ma dietro le quinte sono già partiti i negoziati.
Elettorato fluido
Il «tribuno» lanciato da Giorgia Meloni potrebbe pescare consensi sia tra i pentastellati, elettorato fluido più sensibile al voto d’opinione (i sostenitori duri e puri di Raggi non digeriranno mai l’appoggio a Gualtieri) sia tra i sostenitori di Calenda (nei Municipi il voto disgiunto ha premiato il leader di Azione). Raggi, archiviati i toni aspri della campagna elettorale, dopo aver esortato gli avversari a lasciare da parte l’acredine per il bene di Roma, prova ad accreditarsi e a restare in pista con l’invito in Campidoglio rivolto a Gualtieri e Michetti «per fare il punto sui dossier più importanti, tra cui la candidatura a Expo 2030, percorso che deve continuare ad ogni costo».
Astensione programmata
di Marco Travaglio
Anch’io, come Padellaro, ho visto i colleghi del Giornale Unico esultanti per la morte del populismo (notizia, fra l’altro, fortemente esagerata). E mi sono domandato: ma che avranno da gioire, con Salvini e Meloni insieme al 40% e un elettore su due astenuto?
Certo, la gioia incontenibile è per la sconfitta degli odiati 5Stelle di Conte (peraltro non candidato). Ma c’è di più. Per noi democratici, fissati con la Costituzione e la sovranità popolare, l’astensione è un tragedia: per lorsignori, che democratici non sono anche se fingono bene, è una risorsa.
Anzi, è il fondamento del loro piano oligarchico: meno gente vota e meglio è, perché alle urne vanno solo quelli che votano “bene”. Non i bifolchi brutti sporchi e cattivi delle periferie, che sbagliano sempre a votare; ma i buoni saggi moderati e obbedienti delle Ztl.
Nella Prima Repubblica, senza vincoli di bilancio e di spesa, il potere si garantiva i consensi degli ultimi distribuendo posti, soldi e prebende clientelari, scambiando voti e favori con le mafie e chiudendo un occhio sull’illegalità di massa (evasione, abusivismo, lavoro nero, falsi invalidi).
Nella Seconda Repubblica, finiti i soldi e ingabbiati dalla Ue, la platea dei clientes s’è ristretta, ma per trascinare la gente alle urne s’è inscenato il finto bipolarismo Berlusconi-centrosinistra, le due facce furbe dello stesso sistema.
Un gioco a somma zero su una roulette truccata, dove vinceva sempre il banco. Con l’avvento dei partiti anti-sistema (i 5Stelle e poi la Lega salviniana e FdI) la maschera è caduta e le periferie sociali e politiche rassegnate a non contare più nulla han trovato qualcuno che parlava di loro, con loro e come loro. E sono tornate alle urne, mandando in tilt il sistema.
Che nel 2013 s’è ammucchiato in orrendi assembramenti contro natura (i governi Letta, Renzi e Gentiloni) pur di tenere i barbari fuori dal recinto. Ma nel 2018 ha dovuto arrendersi alla legge dei numeri e subire ben due governi di cambiamento: il Conte-1 e il Conte-2.
Nel 2021 le acque del Mar Rosso si sono richiuse violentemente col Conticidio e l’avvento di Draghi che, con la scusa dei vaccini e del Pnrr (già pronti col governo precedente), si allarga un bel po’ e svela il suo vero mandato: raddrizzare le gambe ai cani, cioè ai partiti, rendendoli tutti docili e obbedienti al sistema.
Raddrizzare le gambe agli elettori è più arduo: sono troppi. Ma basta raccontargli ogni giorno a reti unificate che il loro voto non serve a nulla, tanto Draghi (o una sua controfigura se lui ascenderà al Colle) resterà a Palazzo Chigi anche dopo le elezioni, comunque vadano, senza neppure l’incomodo di candidarsi. Così l’elettore si rassegna: se gli piace il presepe, vota “bene”; se non gli piace, sta a casa.
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Il problema è che lega e fdi non sono mai stati antisistema e per questo sono trattati con tutti gli onori. M5s lo è stato ma sembra essersene pentito ma tuttavia i suoi detrattori della casta non fidandosi della loro abiura continuano a trattarli come appestati.
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Grazie Raf
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Grazie
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Gli onesti elettori che nel 2013 e 2018, seguendo Grillo e Casaleggio, fecero l’impossibile mandando in crisi la casta, ultimamente, seguendo Grillo e Travaglio, hanno quanto necessario: hanno mandato affanculo Grillo, Conte, Di Maio, Fico, Crimi, Paganelli e compagnia bella. Dispiace solo che ci sia finita dentro anche Virginia Raggi. E anche probabile che entro poco tempo manderanno affanculo anche Travaglio e tutto il fatto quotidiano.
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L’unica cosa strabiliante qui, è il tuo cranio fracassato ed il cervello divorato da un mostro di cemento e acciaio che ti ha risucchiato anche l’anima
Curati
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Si Travaglio lo voglio sentire quando Conte e i poltronari sfileranno inginocchiati per entrare nel mucchio del PD assieme a Calenda, Renzi e Berlusconi. E disponibili a votare presidente della repubblica Draghi o un Casini qualsiasi .
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Non credo proprio
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Puoi votare il meno peggio se c’è un meno peggio.
Se invece sono tutti lo stesso pessimo prodotto con la sola differenza della confezione, cosa voti?
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Negare che giuseppi sia la serpe che intrufolarsi nel fu mv5s abbia avuto un ruolo fondamentale nella sua sistematica distruzione vuol dire non voler ammettere la realtà,
Prova ne é il continuo appello di giuseppi affinché il mv5 stronz sostenga il PD-l e il governo del rettile.
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Se la Raggi non è più sindaco di Roma, vuol dire che i romani non le hanno dato più fiducia. Se alle prossime elezioni gli elettori sfanculeranno il movimento 5 stelle, vuol dire che non gli hanno più dato la loro fiducia. Inutile cercare gombloddi a destra e a manca, basta farsi un bell’esame di coscienza e smettere di far finta di non capire e non vedere il perchè. Travaglio ottimo giornalista, meno quando gioca al Rosikone politico restroscenista delle alleanze. Lo squallido e nauseante giochino lo lasci pure ai giornaloni e a Dagospia, ai quali evidentemente fa così schifo essere rappresentati da gente onesta e perbene.
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Convengo, Travaglio da quando si è apparentato -anche legittimamente, per carità – politicamente al progetto Conte-PD, ha perso un bel po’ di smalto e capacità di analisi, rispetto a quando riportava semplicemente ed oggettivamente i fatti e relative sarcastiche bastonate.
Torni ad essere quello che era, quando nello squallore generale gli bastava un colpo di tosse per diventare un gigante dell’informazione, e soprattutto torni a ricordare cos’è veramente il PD ed a dare consigli anche scomodi e duri agli amici (es. Grillo)
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Come dici, voterai gualtieri?
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Non c’è niente da fare, questi del Pd sono talmente empatici che riescono a farti trovare votabile pure l’ammiratore della Wehrmacht Miketten.
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