Sul portale della struttura non si trova più l’ultima cartella. Il sospetto del padre: «L’hanno tolta dopo il vostro articolo»


(Patrizia Floder Reitter – laverita.info) – Sono scomparse le testimonianze della Via Crucis di Elisabetta Federico, morta a 17 anni il 3 novembre del 2020 per un trapianto sbagliato di midollo osseo all’ospedale Bambino Gesù di Roma. In realtà ben più di quattordici stazioni, senza nulla togliere alla Passione di Cristo, erano descritte in 958 pagine di una cartella clinica di cui, sul portale del paziente dell’importante presidio pediatrico, non c’è più traccia. Il padre di «Lisa», il biologo Maurizio Federico responsabile del Centro per la salute globale presso l’Istituto superiore di sanità, un mese fa aveva annunciato alla Verità che stava per essere ultimata la denuncia nei confronti del dipartimento di oncoematologia e terapia cellulare e genica, diretto da Franco Locatelli.

Nel reparto del coordinatore del Cts nonché presidente dell’Css, tenace sostenitore del vaccino anti Covid a tutti i minori, la ragazza era morta per «un’infezione risultata fatale assieme a una pessima donazione di cellule staminali», denunciarono papà Federico e mamma Margherita Eichberg, soprintendente alle Belle arti e archeologia per l’area metropolitana di Roma. L’ipotesi accusatoria è di omicidio colposo, a meno che la Procura non intenda contestare un reato più grave, l’esposto sarà presentato tra dieci giorni. «La mia impressione è che l’ultima cartella clinica, quella relativa all’agonia e alla morte di Lisa, sia stata tolta dopo quell’articolo sul vostro giornale», sostiene il biologo, «una mossa assurda perché se volevano intervenire su quei dati non c’era bisogno di farla sparire. Bastava sostituirla con quella eventualmente “modificata”. Ma chiaramente si vuole ostacolare un’eventuale azione giudiziaria».

La cartella era stata scaricata dal portale del paziente lo scorso 4 gennaio, dai genitori della ragazza che volevano
affidare ad esperti le perizie sulla morte della figlia. «È sempre stata presente online, assieme alle altre due: quella del ricovero dal 17 giugno all’8 agosto 2020 e quella dei trattamenti in day hospital dal 13 agosto ai primi di ottobre dello stesso anno. Ora però mi sono accorto che è stato tolto tutto il dossier con i dati relativi all’ultima degenza di Lisa, dal 7 ottobre al 3 novembre, quella in cui fu praticato il trapianto fatale». Un giudice sequestra le cartelle cliniche online, non certo i faldoni in cartaceo da portare in Procura con un furgone.

La mossa di far sparire un file è davvero sconcertante. Alla giovane di origine ucraina, adottata all’età di cinque anni
assieme al fratello Bodgan di sei, nell’estate del 2020 venne diagnosticata una citopenia refrattaria, malattia benigna
del sangue derivata da un alterato funzionamento del midollo osseo. I genitori avrebbero voluto curarla con terapie
immunosoppressive, molto meno invasive, invece al Bambino Gesù venne deciso il trapianto. Dopo un lungo ricovero,
in cui la ragazza si prende un germe antibioticoresistente, il 7 ottobre la ragazza entra nuovamente nel reparto del
professor Locatelli per il trapianto di midollo osseo. Il donatore viene trovato in Germania «ma con un peso diverso
da quello di mia figlia, che era di corporatura robusta, e con un gruppo sanguigno incompatibile», precisa il biologo.

Non si pensa a un donatore di riserva, anche se si era in epoca Covid e malgrado le raccomandazioni del Centro nazionale trapianti di stabilire un percorso sicuro e protetto. Quando arriva il midollo del donatore, risulta evidente
che era inadeguato. Non presentava il quantitativo sufficiente di cellule ematopoietiche utili per Lisa, che però era già
stata «condizionata» per impedire il rigetto del trapianto, quindi non aveva più cellule staminali né globuli bianchi o
rossi. «Nel reparto diretto da Locatelli effettuarono una plasmaferesi che, come scrive uno dei nostri periti “è efficace
nel ridurre il titolo anticorpale ma non abbastanza dallo scongiurare l’incompatibilità dell’infusione della sospensione
midollare”. Tutto quel sangue incompatibile finì nel corpo di Lisa tra sofferenze atroci, segnali di un’emolisi acuta
grave». Di quello che successe, con gli organi della ragazza sempre più compromessi, il biologo aveva sottolineato
ampi passaggi contenuti nella cartella clinica. Come quello che si scriveva il 20 ottobre: «Esame clinico del marcatore
cardiaco Nt-proBnp. Valori altissimi, già segno di danno cardiaco, probabilmente relato alla crisi emolitica ed
all’eccesso di liquidi». O il 28: «Il cuore è ormai irrimediabilmente danneggiato. Urine colore marrone, emazie a
tappeto».

Il 2 novembre i sanitari valutano il «chimerismo post trapianto», ovvero la coesistenza di due patrimoni genetici
differenti e scrivono: «Si documenta la totale assenza del Dna del donatore nel midollo della ricevente. Si certifica che
il trapianto è totalmente fallito». A mamma Margherita il professor Locatelli ha fatto un solo commento: «In Germania ci hanno fatto uno scherzetto». Nella prima pagina della cartella clinica scomparsa, dopo i dati dell’accettazione di
Lisa, nata il 29 marzo del 2003, si legge un laconico: «Dimessa il 3 novembre 2020 alle 2.35 e 26 minuti. Area rossa».
La giovane aveva cessato di vivere