Intellò da diporto

Lontano dai negroni sbagliati del Supersalone e dai red carpet veneziani, a Camogli il Festival della Comunicazione ha richiamato l’intellighenzia radical chic. Da Barbero e Cacciari fino alla star indiscussa: l’immunologa Antonella Viola.

il festival della comunicazione di camogli

(Andrea Frateff-Gianni – taag43.it) – Lo scorso week end, mentre a Milano si concludeva il Supersalone del Mobile, officiato dall’architsar Stefano Boeri, e a Venezia L’événement della regista francese Audrey Diwan vinceva il Leone d’oro per il miglior film della 78esima edizione della Mostra del Cinema, una serie di esimi giornalisti, intellettuali, artisti, personaggi della tivù, se ne stavano placidamente appollaiati a bere drink attorno alla piscina dell’Hotel Cenobio dei Dogi, a Camogli, potenziando l’abbronzatura, in attesa di partecipare al consueto appuntamento settembrino del Festival della Comunicazione, ideato con Umberto Eco e diretto da Rosangela Bonsignorio e Danco Singer.

il festival della comunicazione di camogli radical chic e cultura
Il panorama di Camogli.

Camogli, ritrovo radical chic di fine estate

Perché a Camuggi, oltre a pigià u belin sui scuggi, come dicono da queste parti, si fa ancora cultura e non è un caso che la parola d’ordine scelta quest’anno fosse “Conoscenza”. E in effetti, nonostante il sole cocente che per tutta la durata del festival ha bruciato sopra le teste dei partecipanti, la sensazione era di trovarsi lontani anni luce sia dal frastuono milanese causato dal Salone, che dagli accecanti flash fotografici del red carpet del Lido veneziano. Pochi negroni sbagliati e pochissimi vestiti da sera tra un proliferare di giacche blu e camicie azzurre button down. Al massimo costumi da bagno a piccoli fiori o piccoli quadretti. Ritrovo molto radical chic di fine estate, il Festival della Comunicazione, nonostante il Covid-19, raccoglie la crema della stampa nazionale che a turno si offre a un pubblico colto e attento che silenziosamente assiste alle conferenze che, una dopo l’altra, si susseguono, durante i vari momenti della giornata, per quattro giorni consecutivi, dal giovedì alla domenica. Tutto gratuito. Unico requisito richiesto: il Green Pass.

Festival comunicazione camogli: ritrovo radical chic
Un appuntamento del Festival della Comunicazione di Camogli (da Instagram)

Tra un Cacciari e una Lucarelli, spicca la star Antonella Viola

Perfino la spiaggia è silenziosa, non ci sono urla di bambini feroci e squilli invadenti di telefonini con suonerie improbabili, anche se a osservarli i giovani rampolli delle famiglie bene che ancora a settembre scorrazzano lungo la battigia sono tutti biondi con occhi chiari, tipo gioventù hitleriana. «Ma tu lo vai a vedere lo stesso il professor Barbero nonostante la sparata sul Green Pass?», chiede la signora milanese in caftano all’amica vicina d’ombrellone ai Bagni Miramare. Perché i nomi che contano ci sono tutti. C’è Ferruccio De Bortoli con Massimo Cacciari. Ci sono Piero Angela, Aldo Cazzullo e Luciano Violante. Federico Rampini, camoglino doc, è tornato apposta da New York per presentare in anteprima nazionale il suo nuovo libro Fermare Pechino. Anche Marco Travaglio e Mario Calabresi non mancano mai. Inoltre quest’anno ci sono pure, tra gli altri, Daria Bignardi, (che a Camogli non ci veniva da 40 anni), già in partenza per Procida, lo scrittore Fabio Genovesi, Selvaggia Lucarelli e Sabina Guzzanti. Anche se la vera star del festival è stata l’immunologa Antonella Viola, che con il firma copie dal suo libro, Virus Game, ha creato una fila chilometrica alla libreria del paese. Manca solo Jep Gambardella, con il suo panama d’ordinanza, anche se a guardare bene in platea e osservando l’età media, più che ne La Grande Bellezza sembra di essere dentro Youth.

l'appuntamento dell'intellighenzia a camogli
Una veduta di Camogli.

A Capossela va il Premio Comunicazione

Il rischio a volte è di trovarsi in una parodia di un’autoparodia di Arbasino, ma in realtà i temi toccati sono spesso interessanti come interessante è stata l’assegnazione del Premio Comunicazione a Vinicio Capossela, che ha praticamente chiuso il festival, con un intervento in coppia con Alessandro Barbero su La Divina Commedia, mentre turisti molto wasp con camicie di lino a righine si mischiavano nei ristoranti sul lungomare, insieme a giovani bon vivant dal doppio cognome, eredi di antichissime dinastie, a consumare cene a base di tartare di tonno e catalane di granchio, raccontandosi dell’estate appena trascorsa, in scomodissime case, magari ad Alicudi o in qualche sperduta isola greca. Quest’anno, per esempio, andava molto Patmos.

Categorie:Cronaca, Interno, Media

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6 replies

  1. Lettere a Luciano Fontana
    (Notare il nome del lettore del corriere della serva cui il direttore decide di rispondere)

    Caro direttore,
    molto bello anche se, al momento, solo in linea teorica, il concetto di «lavoro di cittadinanza» espresso dal ministro Giorgetti. È giusto correggere il tiro per aiutare chi ha la necessità, «girando» direttamente alle aziende i fondi destinati al Reddito di cittadinanza (circa 8 miliardi di euro) per «inserire» e «formare» lavoratori seguendo perfettamente le indicazioni di Industria 4.0 riguardo l’aggiornamento del mercato del lavoro post Covid. Impiegare in modo reale le persone, significa superare un concetto di «assistenzialismo» inadeguato e insostenibile per intraprendere la retta via. Speriamo!
    Luca Testera Pardi

    Caro signor Pardi,
    È ormai evidente a tutti, anche ai suoi più accesi sostenitori, che il Reddito di cittadinanza, misura simbolo dell’era grillina, non ha funzionato. Non ha abolito la povertà (come avventatamente si sbandierò da un balcone governativo) né tantomeno ha assolto alla sua funzione fondamentale: aiutare i disoccupati a fronteggiare i mesi senza salario e prepararli a trovare un altro lavoro. Sono fallite totalmente quelle «politiche attive» che esaminano il mercato del lavoro, studiano le competenze, formano i nuovi lavoratori e li mettono in contatto con l’azienda che vuole assumere. Tutto questo non è nemmeno iniziato e la speranza che il tema venga affrontato efficacemente con navigator e centri per l’occupazione burocratici e inefficienti è un’utopia. E allora è necessario cambiare rapidamente. Non tanto per negare la necessità di un reddito di povertà, uno strumento indispensabile che esiste in tutti i Paesi europei, ma per ridisegnare tutta la seconda parte del Reddito di cittadinanza. Perché il lavoro non si crea con i sussidi elargiti dallo Stato ma con la produzione, la crescita, l’innovazione messe in moto da tutti gli imprenditori, grandi e piccoli. Le aziende devono sicuramente essere coinvolte in questo processo, così come è essenziale dare una svolta radicale al sistema di formazione, in particolare di quella tecnica e professionale. Chiamiamolo pure «lavoro di cittadinanza», è un bello slogan. Ma soprattutto facciamolo.

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    • Il CorSera vorrebbe la reintroduzione della Leva obbligatoria, per caso? Oppure il lavoro coatto modello Gulag? O la bonifica delle paludi?

      Che poi il lavoro di cittadinanza l’hanno già fatto: la Buona squola, che ha mandato x 400 ore i ragazzi a lavorare aggratis, senza stipendio per metterli in cortocircuito con i genitori precari e i nonni esodati.

      Ps spero sempre che questi giornaloni smettano di chiedere i sussidi pubblici, ah già, quelli servono per la libertà di stampa.

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  2. Articolo un po’ cosi’, diciamo un riempitivo “tanto al chilo”… (a Genova diremmo.. “scritu a belin de can”.. e non penso sia necessaria la traduzione).
    Si inizia con un insipido:
    “Perché a Camuggi….si fa ancora cultura e non è un caso che la parola d’ordine scelta quest’anno fosse “Conoscenza””.

    Poi si prosegue con qualche nota insignificante:
    “Pochi negroni sbagliati e pochissimi vestiti da sera tra un proliferare di giacche blu e camicie azzurre button down. Al massimo costumi da bagno a piccoli fiori o piccoli quadretti” (la domanda e’ d’obbligo a questo punto: chissa’ se l’autore ha seguito i soggetti fino in spiaggia per svelarci questo importante dettaglio…oppure e’ andato di fantasia.. (a pois per rimanere in tema)).

    Il tutto condido da qualche grossolano e… calzante strafalcione:
    “Perché a Camuggi, oltre a pigià u belin sui scuggi, come dicono da queste parti..”
    perche’, caro Andrea Frateff-Gianni da queste parti si dice ” me ne batto o belin in sci schêuggi” modo stringato per indicare uno scarso interesse nei confronti del tema in discussione (o dell’articolo nel caso specifico!)….
    Quando si dice prendere un granchio eh (visto che siamo a Camogli, antico borgo di pescatori)!

    Caro Andrea Frateff-Gianni per chiudere ti invito ad andare “a pigià u belin sui scuggi” anziche’ scrivere articoli di questo tipo.

    Anche in questo caso la traduzione non penso sia necessaria: “belin” e’ termine internazionale. E “piggà” e’ un verbo: signifiica PRENDERE”. Chiaro l’invito…no?

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  3. Ogni tanto (anzi, ogni poco) si “incontrano” e si premiano tra di loro.
    Un po’ di soldi e di pubblicità in più non guastano. Mai.
    Tanto non hanno competitors: il fortino è ben presidiato.

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  4. Non so se sono stato e se sarò ancora,
    Non so se so qualcosa che sapevo,
    Non so se sapevo di sapere,
    Non si può mai sapere ma ormai è lapalissiano,
    Che ovunque e per gradoni, crocchi di polloni si accrescono nella desolante penuria che avanza.
    Ma non avanzerà più nulla e chi non aveva non avrà più.

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  5. Io non ho capito l’ironia che pervade tutto l’articolo, se poi
    “… ma in realtà i temi toccati sono spesso interessanti come interessante è stata l’assegnazione del Premio Comunicazione a Vinicio Capossela… ”
    E quindi? Tutto l’acido che cos’era?
    Rigurgiti di odio di classe?
    Che cosa urtava tanto il tizio, l'”intellighenzia” riunita? Le mise? La location?
    E capirai… Dove dovevano riunirsi, in discarica?
    Si percepisce solo rancore, ma contenuti zero…
    Ecco, magari accennare a qualcuno dei suddetti “temi interessanti”… ma all’articolista interessava altro, è evidente.

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