Forse è colpa della fornace agostana di Lucifero, forse no. Fatto sta che tra coloro che sottovalutano lo scandalo fascioleghista di Claudio Durigon c’è persino quell’antifascismo radical chic e filo-draghiano…

(pressreader.com) – di Fabrizio d’Esposito – Il Fatto Quotidiano – Forse è colpa della fornace agostana di Lucifero, forse no. Fatto sta che tra coloro che sottovalutano lo scandalo fascioleghista di Claudio Durigon c’è persino quell’antifascismo radical chic e filo-draghiano che negli ultimi tre anni ha invocato l’eterno mussolinismo a ogni piè sospinto per attaccare Matteo Salvini, soprattutto ai tempi del governo gialloverde. Epperò le gravi parole del sottosegretario all’Economia rimandano a un problema di fondo della politica italiana: l’istituzionalizzazione di una destra normale che condanni definitivamente il fascismo.

Al contrario, tutte le volte che si avvicinano le urne forzisti, leghisti e meloniani fanno a gara per solleticare la pancia nostalgica del Paese. Lo ha fatto Durigon a Latina con la proposta di reintestare il famigerato parco ad Arnaldo Mussolini, fratello corrotto del duce. E lo fece finanche il grigio Antonio Tajani due anni fa, alla vigilia delle elezioni europee. Da presidente in carica dell’Europarlamento affermò che Mussolini aveva “fatto cose positive”. È un tic revisionista, questo, che c’è sempre stato, anche se con sfumature diverse. Durante la Prima Repubblica la corrente andreottiana della Dc era il rifugio di tanti fascisti che volevano diventare e morire democristiani, in primis Giuseppe Ciarrapico e Vittorio Sbardella alias lo Squalo. L’avvento di Silvio Berlusconi, poi, più che liberare gli animal spirits del capitalismo ha tolto definitivamente le briglie agli ammiratori del Ventennio. A cominciare dallo stesso ex Cavaliere. Nel 2013, e proprio in occasione della Giornata della Memoria, B. disse che Mussolini “leggi razziali a parte, fece bene”. Quattro anni più tardi, alla presentazione di un libro di Bruno Vespa, ebbe il coraggio di affermare che “Mussolini proprio un dittatore non era”. Vale la pena ricordare anche il suo sodale condannato per mafia Marcello Dell’Utri, editore dei falsi diari del duce. Sentenziò Dell’Utri: “Mussolini era troppo buono, un uomo straordinario e di grande cultura, alla Montanelli (sic!). Non fu un dittatore spietato come Stalin”.

Ecco, questo è lo stantio brodo di coltura da cui nasce il fascioleghismo di Durigon. Tenendo conto, ovviamente, della destra postmissina passata per il disastro di An e che oggi ha finito la sua traversata nel deserto con il boom di Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni, appunto. Ieri in un’intervista al Corsera, pur di non dire qualcosa contro il fascismo, ha ribaltato astutamente la questione: “Non avrei toccato due nomi come quelli di Falcone e Borsellino”, i due magistrati eroi cui è dedicato il parco di Latina. Non solo. Arnaldo Mussolini non viene citato e si fa riferimento a generiche “personalità”. Un lapsus indicativo: non fratello corrotto del duce bensì “personalità”. È come se il lavoro di Gianfranco Fini per ripudiare il fascismo – dalla svolta di Fiuggi alla condanna di Gerusalemme nel 2004 – non fosse mai avvenuto.

Anzi, il rinnovato vento delle destre sul finire degli anni Dieci ha condotto a una regressione preoccupante. Dal revisionismo si sta passando tout court a un nuovo negazionismo, che porta a tollerare, anche a sinistra, la frase di Durigon. Ma è normale che un sottosegretario di Stato rivaluti Arnaldo Mussolini? Dicono quelli che minimizzano: “Sono solo parole, è una polemica estiva”. Allo stesso tempo, purtroppo, restano parole sulla carta quelle pronunciate da Mario Draghi lo scorso 25 aprile, come ha ricordato Gad Lerner sul Fatto. Peraltro Durigon è ormai un pezzo da novanta della Lega: tre anni fa, il 7 agosto del 2018, era con Salvini a Sabaudia quando la Lega provocò la crisi del Conte 1. È un politico affamato di potere e poltrone ed è fascista. Il suo caso è soltanto un banale problema di toponomastica?