Addio allo scrittore Antonio Pennacchi. La notizia della morte è stata pubblicata dal sito di Repubblica. Nella sua carriera è stato finalista del premio Campiello e ha vinto lo Strega. Nato a Latina nel 1950 Pennacchi era stato operaio all’Alcatel Cavi. Prima di dedicarsi alla scrittura c’era stata la politica nella sua vita. Prima nelle file del Msi e successivamente in quelle del Partito marxista-leninista Italiano.

Una passione che tra gli anni Settanta e Ottanta lo aveva portato ad aderire al Psi e ai sindacati: Cgil e poi0 Uil. Nel 1983 la decisione di mettere un punto alla sua azione di attivista e di utilizzare il tempo sospeso della cassa integrazione per conseguire la laure in Lettere e filosofia. Ed è così con l’alloro conquistato che ha è iniziata la stagione parole e della scrittura. La sua prima opera Mammut viene pubblicata nel 1995, poco dopo sugli scaffali delle librerie arriva anche Palude.

Solo 2003 arriva Il fasciocomunista: vita scriteriata di Accio Benassi, romanzo autobiografico da cui nel 2007 è stato tratto il film Mio fratello è figlio unico, diretto da Daniele Luchetti con Elio Germano e Riccardo Scamarcio protagonisti. Nel 2010 arriva la fama con Canale Mussolini, finalista al Premio Campiello e vincitore tra gli altri del Premio Strega. Dopo sono arrivati Storia di Karel (2013), Camerata Neandertal. Libri, fantasmi e funerali vari (2014), Canale Mussolini. Parte seconda (2015), Il delitto di Agora (2018), rivisitazione del thriller Una nuvola rossa pubblicato nel 1998, e La strada del mare (2020). Nel 2011, in occasione delle elezioni comunali di Latina era tornato alla politica attiva sostenendo Futuro e Libertà e ottenendo l’1,05% delle preferenze.