Si tratta fino a tardi, e la seduta della commissione Giustizia prevista in serata salta. “Non possiamo votare senza i pareri del governo” spiegano. Per ripartire serve un’intesa politica. Con Conte che stamattina sarà ancora alla Camera e poi vedrà i senatori.

(pressreader.com) – di Luca De Carolis – Il Fatto Quotidiano – La trattativa tra l’avvocato che deve diventare capo e la ministra che magari sogna altri Palazzi è piena di grovigli, una sfida di pazienza e di diritto su reati da togliere, tempi processuali da ricalcolare e norme da riscrivere. Un gioco a incastri che il presidente del Consiglio abituato a correre, Mario Draghi, non si aspettava e non voleva. Non si attendeva questi guai.

Con i magistrati antimafia (e non) di mezza Italia a protestare, le associazioni a fare muro, perfino certi penalisti a confessare perplessità. Ma ieri sera dal fronte opposto ulula la Lega di Matteo Salvini, ancora offeso con il premier che lo aveva bacchettato sui vaccini. Così ecco Giulia Bongiorno: “In merito alle proposte di modifica della prescrizione, la Lega è favorevole al testo approvato in Cdm e leale agli accordi presi”. Mentre fonti del Carroccio teorizzano che “l’Italia non può essere ostaggio dei capricci di Grillo e Conte”. Ergo, la Lega prova a sbarrare il passo al Giuseppe Conte che invoca modifiche alla riforma e a Draghi e Cartabia, che cercano di concederle.

Aumentano i giocatori, nella partita che si disputa innanzitutto tra l’ex premier e la ministra della Giustizia, che dopo aver visto Draghi lunedì ieri entra ed esce più volte da Palazzo Chigi con la sua bozza di mediazione, un testo che cambia di continuo. Tutto questo, mentre in serata trapela il durissimo parere della Sesta commissione del Consiglio superiore della magistratura, che domani verrà discusso dal plenum: “Le ricadute pratiche dell’improcedibilità potrebbero essere rilevanti e drammatiche, in ragione della situazione di criticità di molte delle Corti d’Appello”. Una leva in più per Conte, che in mattinata incontra i deputati del M5S di quattro commissioni diverse alla Camera e lì cala l’avvertimento di cui domenica aveva già scritto il Fatto e che il suo staff aveva provato a smentire: “È chiaro che una prospettiva di fiducia alla riforma senza alcune modifiche sarebbe per noi difficile”. E anche se dopo, davanti ai cronisti, sarà più sfumato (“Le minacce non mi piacciono, sulla fiducia valuteremo alla fine”) in conclusione dirà: “Non voglio neppure considerare l’ipotesi in cui non venga modificato il testo”. Tenendosi aperta un’uscita d’emergenza: “Valuteremo al momento se fare votare gli iscritti sull’accordo”. Perché l’imperativo resta quello, vere modifiche al testo. Conte ne parla a lungo con i deputati, spiegando: “Abbiamo tracciato linee e punti fermi con una squadra di lavoro tecnica, a partire dai reati di mafia, terrorismo e corruzione”. Ossia quelli che vanno assolutamente “salvati” dalle norme della controriforma Cartabia sull’improcedibilità. È questa la linea rossa dietro cui l’ex premier non può arretrare. Certo, riconosce, “i margini di manovra sono ristrettissimi. Ma li sto sfruttando tutti e ce la sto mettendo tutta”. Assicura: “Ho avuto un colloquio costruttivo con Draghi, ma ho chiarito che la proposta originariamente formulata pone problemi serissimi al Movimento”. D’altronde, rivendica, lui sta per diventare capo del M5S proprio per questo: “C’è necessità di una leadership chiara e forte per interloquire con il governo e ottenere dei risultati”. Nello specifico – ma questo agli eletti non lo dice – Conte vuole estendere quanto più possibile l’elenco dei reati non toccati dalla riforma, aggiungendo quelli a sfondo sessuali e quelli ambientali. E vorrebbe anche intervenire sulla norma che concede al Parlamento di indicare ai pm su quali notizie di reato indagare in via prioritaria. Anche questa censurata dalla commissione del Csm “come in possibile contrasto con l’assetto dei poteri”. Nodi di cui ieri Conte parla più volte, soprattutto con Draghi.

Si tratta fino a tardi, e la seduta della commissione Giustizia prevista in serata salta. “Non possiamo votare senza i pareri del governo” spiegano. Per ripartire serve un’intesa politica. Con Conte che stamattina sarà ancora alla Camera e poi vedrà i senatori.