(Tommaso Merlo) – Il Movimento può anche fallire, ma le istanze che lo hanno scatenato sono ancora vivissime nella società italiana. E quelle istanze hanno il dovere di andare oltre. Il Movimento alla fine era solo uno strumento e se fallisce basta trovarne un altro. Il Movimento non ha generato l’onda anomala del 2018, ma l’ha solo cavalcata salvo poi abbandonarla strada facendo. Dopo solo tre anni nei palazzi che contano, ha trionfato la restaurazione. Una disfatta totale. Con l’Italia in mano alla stessa giurassica partitocrazia di sempre. Stessi volti, stessi sproloqui, stesso vuoto. Con quel Movimento che era l’unica speranza di cambiamento che fa addirittura parte dell’ennesimo mega inciucio insieme a tutti i suoi nemici e traditori in un governo che sta distruggendo ad una ad una le conquiste che il Movimento ha faticosamente ottenuto. Una legislatura iniziata bene e finita in modo tragicomico. Tra Renzi e Berlusconi. Una disfatta totale. Il trionfo della restaurazione. Con tutti i cittadini che nel 2018 han votato per il cambiamento che si ritrovano senza nessuno che li rappresenti. Ma il Movimento era solo uno strumento e se fallisce basta trovarne un altro perché le istanze sacrosante che lo hanno scatenato sono ancora vivissime. La giurassica partitocrazia nostrana è troppo arrogante per cambiare e ci sono ancora un sacco di cose da fare. Davvero emblematica la difesa dei privilegi e dell’impunità da parte di Lorsignori mentre i poveri cristi galleggiano sempre nello stesso brodo. Il mondo corre avanti, l’Italia zoppica all’indietro. Oggi il Movimento si sta addirittura trasformando in un partito con tanto di salvifico leader supremo e nessuno che parla di “cose da fare”. Una drammatica involuzione politica e burocratica senza nessuna prospettiva se non aggiungersi alla lista di partitelli inutili che compongono la giurassica partitocrazia nostrana, una stampella del Pd a cinque stelle. Ma il Movimento non ha generato l’onda anomala del 2018, l’ha solo cavalcata e la sua epopea ha insegnato molto. Come ad esempio sia complessa la democrazia e quanto sia arduo il cambiamento. Per cambiare davvero ci vuole grande forza e perseveranza perché i conservatori sono potenti e determinati a non perdere la loro posizione dominante. È storia, non solo cronaca politica. Decenni di malapolitica nostrana richiedono decenni di ricostruzione. Altro che tre annetti striminziti per poi sventolare bandiera bianca fuori dai palazzi. Il cambiamento radicale è un’impresa titanica soprattutto in una democrazia malconcia come la nostra e richiede scelte coraggiose e radicali. È storia, non solo cronaca politica. È poi mancata consapevolezza da parte dei protagonisti dell’epopea del Movimento. L’onda anomala del 2018 non si era mai vista in Italia, un fenomeno rarissimo, un’occasione epocale che non andava sprecata così tra miseri egoismi ed errori madornali per poi diventare la stampella a cinque stelle del Pd. Scarsa consapevolezza e quindi senso di responsabilità da parte di tutti. Nei palazzi ma anche a casa. Una bandiera bianca davvero prematura e ancora più indigesta perché nel frattempo non è emersa nessuna idea nuova e alternativa al Movimento ma solo minestrine partitocratiche riscaldate. Ma il fallimento del Movimento ha anche insegnato come il potere sia contendibile anche da noi. Il degrado generale e il malcontento popolare è tale che è possibile scalare democraticamente il potere anche senza soldi e santi in paradiso, bastano buone idee e un progetto credibile. Politicanti e tecnocrati posso ostacolare il cambiamento, ma non lo possono fermare. Un conto è la cronaca politica, un conto è la storia. L’onda anomala del 2018 era storia, era il sintomo del malessere profondo che affligge la società italiana e il suo desiderio di una democrazia all’altezza delle sue nuove consapevolezze. Istanze ancora vivissime e che hanno il dovere democratico di andare oltre. Il Movimento alla fine era solo uno strumento e se fallisce basta trovarne un altro.