La speranza di vita che cresce con il titolo di studio

(Enrico Marro – corriere.it) – Chi ha un titolo di studio elevato ha mediamente una speranza di vita maggiore rispetto a chi invece ha qualifiche più basse. Finora era stato l’Istat a mettere in rilevo che la durata media della vita è legata anche al livello di istruzione. Secondo l’istituto di statistica, infatti, gli uomini più istruiti hanno una speranza di vita alla nascita di 3 anni e mezzo maggiore rispetto a quelli meno istruiti mentre per le donne questo vantaggio si riduce a 1,5 anni.

Lo studio dell’Inps sui nati dal 1930 al 1957

Ora anche l’Inps, nel Rapporto annuale, si dedica al tema con un focus firmato da Simone Ghislandi e Benedetta Scotti del Dipartimento di Scienze sociali e politiche della Bocconi. Dopo aver richiamato le indagini dell’Istat, lo studio si propone di approfondire attraverso i dati degli archivi Inps «l’evoluzione della speranza di vita e della dispersione nell’età di morte per diversi profili socioeconomici a 50 anni e all’età pensionabile». A tal fine sono stati selezionati i lavoratori nati tra il 1930 e il 1957, guardando anche al loro reddito da lavoro e alla qualifica ricoperta (operaio, impiegato, dirigente).

Il 20% dei più ricchi vive di più del 20% dei più poveri

Per gli individui maschi nati tra il 1930 e il 1939, si osserva che «gli appartenenti al quintile di reddito più ricco vantano un vantaggio medio in termini di speranza di vita a 50 anni di circa 3 anni rispetto agli appartenenti al quintile più povero». Quindi il 20% dei più ricchi campa decisamente di più del 20% più povero. Ma quello che sorprende è che la differenza è aumentata nel corso degli anni. Per i nati tra il 1950 e il ‘57, si legge, «tale vantaggio si allarga a circa 4 anni e mezzo». Marcate anche le differenze per lavoro svolto. In media un operaio nato tra il 1930 e il ’39 ha avuto una aspettativa di vita a 50 anni di altri 30 anni, un impiegato di circa 32,2, quindi 2,2 anni in più. Differenza che sale a 2,9 anni quando si esaminano le corti di nati tra il 1950 e il ‘57, mentre la differenza rimane di quasi 5 anni in più per i dirigenti rispetto agli operai.

La relazione con la qualifica (non con il reddito) per le donne

«Gli uomini a più basso reddito e a qualifica operaia non solo hanno una longevità attesa inferiore, ma sono esposti anche a maggiore incertezza circa l’effettiva durata della vita. Nel caso delle donne, il gradiente tende a manifestarsi, come per la speranza di vita, per qualifica ma non per quintile di reddito». I ricercatori hanno stimato anche la speranza di vita a 67 anni, l’età della pensione di vecchiaia, osservando anche qui l’aumento delle differenze: «Se tra il 1995 e il 1999, i pensionati appartenenti al quintile di pensione più ricco potevano vantare un vantaggio medio di circa 1 anno nella speranza di vita a 67 anni rispetto ai pensionati appartenenti al quintile di pensione più povero, dalle stime relative al triennio 2015-17 tale vantaggio risulta raddoppiato»

Gli effetti da considerare nel metodo contributivo

Esplicativo, al riguardo, il commento del presidente dell’Inps Pasquale Tridico: «Dai dati emerge che i cittadini con le pensioni più basse e che vivono meno a lungo finanziano i cittadini con le pensioni più alte che vivono più a lungo», anche perché hanno fatto lavori meno pesanti. Queste differenze, è la conclusione, dovrebbero essere considerate per esempio nei coefficienti di trasformazione per il calcolo della pensione col metodo contributivo, che oggi sono uguali per tutti.