Nel regno incantato del regime televisivo, dove domina il partito-azienda di Sua Emittenza e un ex comico “garantisce” il partito di maggioranza relativa, non c’è da meravigliarsi che sia un altro comico – come il mio “conterrone” Lino Banfi – a candidare Silvio Berlusconi alla presidenza della Repubblica.

(pressreader.com) – di Giovanni Valentini – Il Fatto Quotidiano – “Di solito al Quirinale vanno persone meno controverse, proprio perché la funzione del nostro presidente della Repubblica è quella di aiutare una convergenza e non una polarizzazione del sistema”(da un intervento di Romano Prodi a Rai News 24, 26 gennaio 2021).

Nel regno incantato del regime televisivo, dove domina il partito-azienda di Sua Emittenza e un ex comico “garantisce” il partito di maggioranza relativa, non c’è da meravigliarsi che sia un altro comico – come il mio “conterrone” Lino Banfi – a candidare Silvio Berlusconi alla presidenza della Repubblica. “Da quarant’anni mi chiama per il mio compleanno”, ha rivelato il popolare protagonista di Vieni avanti cretino, pronunciando la formula dell’investitura per l’ex Cavaliere.

Degni comprimari di questa compagnia da avanspettacolo, i due Matteo hanno assunto il ruolo della coppia da barzelletta. Accomunati da un insolito destino, il capo della Lega e l’ex segretario del Pd fanno a gara per elevare sul Colle il padre-padrone di Forza Italia e spartirsi la sua ormai magra eredità elettorale e soprattutto la quota più consistente del suo potere mediatico. Non ci resta che piangere, per dirla con il titolo di un film diretto e interpretato da Roberto Benigni con l’indimenticabile Massimo Troisi.

Soltanto in un Paese sventurato come il nostro qualche buontempone può immaginare di elevare alla presidenza della Repubblica un uomo di 84 anni che – a Dio piacendo – terminerebbe il mandato ultranovantenne; provato nel fisico, tanto da disertare le udienze del processo Ruby-ter per ricoverarsi a più riprese all’ospedale San Raffaele; pregiudicato e pluri-amnistiato con tutti i suoi procedimenti giudiziari alle spalle; concessionario pubblico televisivo e massima incarnazione del più macroscopico conflitto d’interessi. Anche se fosso solo una boutade, sarebbe assurda. Ma, come si sa, non c’è limite al peggio. Se dalla tregua istituzionale introdotta dal “Governo dei Migliori” dovesse sortire un esito del genere, assisteremmo a un golpe mediatico, una fiction, un horror televisivo, l’anteprima assoluta del “Governo dei Peggiori”. Con Berlusconi al Quirinale e poi Matteo Salvini o Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, sarebbe uno scenario da incubo. La Penisola si sposterebbe, di colpo, a Est; la Repubblica italiana sarebbe balcanizzata, sul modello sovranista e autoritario dell’Ungheria di Viktor Orbán; e l’Europa interromperebbe verosimilmente l’erogazione dei fondi assegnati al nostro Paese dal Next Generation Eu, ottenuti dall’ex premier Giuseppe Conte e gestiti ora da Mario Draghi & C. In base ai numeri attuali, mancherebbero una cinquantina di “grandi elettori” per portare a termine l’Operazione Katastrofe. Tutto dipenderà dalla tenuta del centrosinistra, che sulla carta ha ancora la maggioranza in Parlamento, e in particolare dal futuro dei Cinquestelle: sarebbe già un motivo sufficiente per risolvere la diatriba fra Grillo e Conte per la leadership del Movimento, ricompattandolo prima che si sciolga come la calotta polare. Ma i voti dei transfughi di Italia Viva, eletti a suo tempo nelle liste del Partito democratico, potrebbero risultare determinanti. Non a caso l’attività diplomatica è già in corso, come lascia sospettare il voltafaccia dei renziani sul ddl Zan contro l’omofobia: inconcepibile quanto incoerente la pretesa di stravolgere al Senato una legge che loro stessi avevano già approvato alla Camera, tanto più da parte di una forza politica che voleva abolire il cosiddetto “bicameralismo perfetto”. Questo, sul terreno dei diritti civili, sarebbe lo “strappo” più grave dell’ex rottamatore dallo schieramento e soprattutto dall’opinione pubblica di centrosinistra.