(Fulvio Abbate) – La notizia, o forse lo “spettro”, si aggira da molti mesi tra corridoi, transatlantici, redazioni, festival d’ogni ordine e grado e case di produzione, Walter Veltroni immagina se stesso sul Colle, esatto, si desidera al Quirinale. E fa bene. Leggo ora, proprio su queste pagine, che il fondatore del Pd si sarebbe espresso esattamente così, rivolto a Bettini: “Caro Goffredo, in molti mi dicono che potrei essere un buon candidato al Quirinale. Tu che ne pensi?”. Leggo ancora, sempre sulle tue pagine, caro Roberto, che Enrico Letta, chissà perché in questo caso con spietatezza quasi tortura cinese, attuale segretario del Pd, avrebbe ribattuto con un “No, assolutamente”.

Mi auguro, in tutta sincerità, cuore in mano, che Enrico cambi idea e assecondi lo “spettro”, meglio, il sogno, i desiderata tutti di Veltroni. E che la sua campagna per il Quirinale presto cominci, anzi, continui, come la festa, posto che è stata avviata da mesi sia pure sottotraccia e assumendo il basso profilo da terzista romano.

Sia detto, ripeto, con mia massima sincerità, senza secondi fini. Oddio, anch’io, sempre in verità, qualche aspettativa la nutro. Ma adesso consentitemi di fare un passo indietro, tornando ai giorni della campagna elettorale dell’Ulivo, primo tribolato governo di centro sinistra, infine conquistato, che era il 1996? Chi lo rammenta più.

Ci troviamo al Teatro Eliseo di Roma, lo stesso dove Berlinguer spiegò alla classe operaia la politica dei “sacrifici”, alla presidenza è seduto Romano Prodi, il Canditatone, accanto a lui, il suo vice, cioè proprio Veltroni, accanto a entrambi troviamo il “giovane” scrittore Sandro Veronesi, lì in veste di moderatore.

A un certo punto, sempre sul palco, giunge un nuovo narratore, allora non ancora quarantenne, ligure, volto da afflizione degna di una tela funeraria di El Greco, aria però molto “civile”, sebbene penitenziale, Maurizio Maggiani; questi, a un certo punto, mani giunte, rivolto proprio a Veltroni, dichiara il proprio sogno a sua volta: “Dài, io, il mio voto, lo regalo, perché io, queste elezioni, le voglio vincerle!!!” Seguono applausi accorati da una platea assai convinta, certa che la vittoria porterà benefit e soddisfazioni, un nuovo corso dopo la fine del Pci.

Personalmente, ripenso, mi torna in mente il volto dello scrittore penitenziale ogni volta che c’è da ritrovare il concetto di “claque” ispirata, “di sinistra”, inattaccabile, moralmente intoccabile, santa.

Insomma, qualora Veltroni dovesse davvero candidarsi al Quirinale, e io spero sinceramente riesca nell’intento, sempre personalmente, immagino fin da ora il febbrile partecipato interesse e il livello di condivisione che molta bella gente, da lui assai beneficiata nel tempo, dovrà manifestargli, con nuovi applausi convinti, febbrili.

Per intenderci, tutte le telefonate, gli sms, gli emoticon finora inviati a “caro Walter” saranno davvero poca cosa rispetto a ciò che verrà, il riferimento è a ogni qualvolta appare un suo film o un suo libro. Un video di Enrico Lucci girato alla prima di un suo film all’Auditorium di Roma è in questo senso esemplare, sembra stiano andando tutti a onorare un nuovo Ingmar Bergman o, se preferite, Luchino Visconti. 

Qualora davvero, come auspichiamo. Veltroni dovesse affrontare infine la conta per il Quirinale, come direbbe Elio Vittorini a proposito dell’intellettuale “organici”, i nostri, gli amici, amichetti, dovranno intonare con il “piffero” ogni genere di accompagnamento per la sua corsa alla presidenza della Repubblica, sicuramente dovrà farlo chi nel tempo, sebbene non gli fosse richiesto per contratto in quanto “artista”, ha assecondato l’idea secondo cui, perfino da scrittori o da registi o da cantanti o da semplici persone, si debba lavorare alla cosiddetta “vocazione maggioritaria”, cioè alla costruzione del consenso, alla claque eticamente superiore, o comunque di questo convinta. In questo caso di Veltroni, anzi, di “caro Walter”.

A proposito, dovesse qualcuno pensare che personalmente possa avere risentimento verso Veltroni, sappia che mesi fa ci siamo incontrati a Milano, parlandoci in modo più che amichevole, già che c’ero, mentre in taxi tornavamo in albergo, gli ho anche detto: caro Walter, sappi che io sono una testa di cazzo in proprio, mai per conto terzi, e dunque nessuno al mondo potrà chiedere a me di lavorare la costruzione di un qualche possibile consenso, nessuno al mondo.

Detto questo, spero davvero che conquisti il Quirinale, non vorrei mai perdermi lo spettacolo inenarrabile di chi che, già da oggi, va immaginato a stendergli la guida rossa, e sono molti, e tutta bella gente edificante; i nomi? In prima fila immagino lo splendido (quasi) settantenne Nanni Moretti. Il resto della lista? Continuatela voi, non è difficile da ricostruire. E adesso, dai, intonate tutti insieme il magnificat “Vogliamo Walter Veltroni al Quirinale!” Pronti? Via! Dimenticavo: io, il mio voto, come ho scritto quasi vent’anni fa nel mio pamphlet sul conformismo di sinistra, voglio che mi sia pagato, di più, strapagato.