(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Il giornalismo fantasy ci ha già dato molte soddisfazioni negli ultimi mesi del governo Conte, raccontando che il problema erano il Recovery Plan, la Ue, il Mes, la cybersecurity, i bonus a pioggia, i banchi a rotelle, le Regioni a colori, la prescrizione, l’“anima” e altre minchiate assortite. Ora però si supera con le fantacronache del cambio della guardia al Dis, il Dipartimento di Palazzo Chigi che coordina le due agenzie operative d’intelligence Aisi (sicurezza interna) e Aise (sicurezza esterna). C’è nientemeno che la telefonata virgolettata tra Draghi e Conte sull’avvicendamento Vecchione-Belloni: conversazione che conoscono solo i due protagonisti, non certo avvezzi a raccontare ai giornali quel che si dicono. E ci sono i “retroscena” del ribaltone che, in barba al dovere di trasparenza, il governo non spiega (così come per la cacciata di Arcuri, di Borrelli e di 14 membri del Cts su 26). Anziché motivare quelle legittime scelte al Parlamento e all’opinione pubblica, si fanno filtrare sui giornali amici veline più esilaranti di una barzelletta. Prima si dice che Vecchione paga la ripresa degli sbarchi dalla Libia: ma non attacca, perché il Dis non è operativo e il dossier Libia è esclusiva dell’Aise, il cui capo però resta al suo posto. Allora si fanno uscire spezzoni apocrifi dell’audizione di Vecchione al Copasir (in “seduta segreta” ah ah ah) per dipingerlo come un mezzo scemo solo perché non sa nulla dell’incontro fra il caporeparto Mancini e Renzi all’autogrill: come se la responsabilità fosse sua. Forse, per saperne di più, bisognerebbe convocare i due interessati.

Vecchione arriva al Dis nel 2018, quando Mancini è lì da tre anni, e lì lo lascia a far le pulci alle spese di Aisi e Aise, scontentando un sacco di gente e risparmiando un sacco di soldi. Mancini però vuol tornare operativo e punta, in forza dell’anzianità, alla vicedirezione Aise nel giro di nomine di fine 2020. Ma all’Aise non lo vogliono: il suo passato con Pollari e Tavaroli pesa ancora. Così Conte, a dispetto del pressing renziano, non lo promuove tanto Mancini cerca sponde dai due Matteo. Purtroppo un’insegnante lo riprende all’autogrill e informa Report. Ora i fantasisti di Rep sposano la tesi renziana del complotto (l’insegnante è un’emissaria di Mancini o forse di un suo nemico: massì, abbondiamo!). E tirano in ballo Gratteri, che avrebbe chiamato Renzi perché ricevesse Mancini. Come se i due – in rapporti amichevoli da quando il primo era premier, cioè da sei anni – per parlarsi avessero bisogno di Gratteri. Il quale comunque, tabulati telefonici alla mano, sfida Rep a dimostrare una sua telefonata a Renzi. Ingenuo com’è, pensa ancora che tutto ciò che si stampa su carta sia un giornale.