(Giuseppe Di Maio) – Quando ho visto la faccia di Alessandro nel salotto della Gruber mi sono depresso. E che cazzo! Dopo aver preso il 33% alle ultime politiche, non abbiamo uno straccio di programma dove un pappagallo ci possa intervistare senza dileggio. “Non ci dovevi andare, Dibba”, mi dicevo. Ma siccome non lo reputo tutto scemo, pensavo che di una vetrina seguita anche da quelli che leggono ne avesse proprio bisogno per presentare “Contro”, il suo nuovo libro. E’ disperazione!, mi sono detto amaramente. Beh, speriamo bene. Invece, nonostante la pietà di Murgia, che ha dissentito educatamente e forse benignamente, quegli altri due si sono intervistati da sé medesimi, approfittando della ghiotta occasione per prendere in giro un 5 stelle, e pure di rango.

Nella commedia dell’arte sono frequenti i servitori di un ricco che canzonano il servo fedele di un padrone squattrinato. Sicché, parlando del passato di Draghi, ormai politico in tutti i sensi, sarebbe giusto come per ogni uomo pubblico giudicare i suoi trascorsi e le sue scelte. Invece i due servi sorridenti asserivano che l’argomento fosse di cattivo gusto perché non c’era contraddittorio. Ma come: non posso giudicare Cesare perché non è presente? E se scappava qualche secondo intero in cui Di Battista riusciva a dire due parole in croce, la lecchina dell’Alto Adige sguaiava repentina come Carlo Verdone in “In viaggio con papà”, le mani sulle orecchie e versi sonori con la bocca per non sentire. E non far sentire.

E poi, scopro che anche l’on. Giarrusso era ospite a “L’Arena”. Stavolta Formigli non si è limitato a togliergli la parola, né solo ad intervistarsi a scapito dell’ospite. Stavolta ha esplicitamente dichiarato di non essere un semplice commentatore, ma un protagonista; di giocare proprio, e di non essere l’arbitro. Stavolta voleva addirittura querelare il 5 stelle. E allora manca solo che la prossima volta ci pigliano a mazzate. Manca solo che mettano in atto quella violenza che noi non abbiamo voluto usare con loro. E c’è ancora qualcuno dei nostri che crede nelle virtù del politicamente corretto, nella democrazia a tutti i costi. Quando invece il padrone la democrazia la sopporta solo perché ha in mano tutti gli assi e a noi ci ha rifilato solo le scartine.

L’informazione non è il semplice corredo della Democrazia, ma la sua conditio sine qua non. Dall’informazione, quindi dalla stampa e dai giornalisti, dipende la volontà generale e perciò anche il bene comune. Proprio essa, la stampa, è il fucile puntato in faccia all’ignaro elettore alla ricerca di idee per la società e per la politica. Altrimenti i padroni non avrebbero usato quei servi, come capita nei paesi evoluti, ma un vero esercito privato come purtroppo succede in quelli arretrati. Ma sia negli uni che negli altri essi non sono disposti a cedere terreno se non glielo si contende con la forza, se almeno, e si spera subito, non consentiamo più loro di avere il monopolio delle notizie e delle mistificazioni.