I nuovi incarichi – Così si giustificano i lauti stipendi

(di Gianluca Roselli – Il Fatto Quotidiano) – Parcheggiati, trombati o semplicemente defilati. Fino a un paio d’anni fa, di dirigenti Rai “direttori di se stessi” ce n’erano un bel numero. Non sempre per colpa loro. A volte si è trattato di persone cadute politicamente in disgrazia. Oppure di ex direttori rimasti senza poltrona che rifiutavano incarichi “minori”. O semplicemente soggetti osteggiati dai vertici. La situazione ora è migliorata, perché non esiste quasi più la figura del direttore “senza incarico”. Ma i parcheggiati e quelli “in attesa di..” ci sono lo stesso. Anche perché a volte “i ruoli assegnati assomigliano a delle scatole vuote, create solo per giustificare un lauto stipendio oppure per pianificare progetti che però già si sa che non vedranno mai la luce”, spiega una fonte interna all’azienda. Vediamone alcuni.

Partiamo da Francesco Pionati, il mitico giornalista politico del Tg1 inventore del “panino”: maggioranza-opposizione-maggioranza. Leggenda narra che arrivò in Rai grazie ai buoni uffici di Ciriaco De Mita, suo conterraneo. Dopo essere stato eletto senatore nel 2006 e deputato nel 2008 nelle file dell’Udc, il nostro nel 2013 è tornato in azienda e ora (per 215.360 euro annui lordi) “è alle dirette dipendenze del direttore della Tgr”. In pratica è in forze alla Rai di Napoli.

Poi ci sono i direttori di due canali “fantasma”. Uno è Fabrizio Ferragni (218.589 euro) che, dopo aver diretto il misterioso canale istituzionale, ora guida il canale in lingua inglese che, senza aver visto ancora la luce, è già costato 2 milioni di euro. Il progetto dovrebbe esser pronto, peccato che difficilmente il nuovo canale partirà prima del rinnovo del vertice Rai in scadenza a luglio. A dirigere il canale istituzionale è andato l’ex direttore del Gr Luca Mazzà (240 mila euro). Risultato: due documentari su “I palazzi del potere ai tempi del Covid”: il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti. Roba forte. Ma qui la scelta opinabile sta a monte: perché un canale istituzionale quando c’è già Rai Parlamento (la cui direzione ha scatenato una guerra per affossare la nuova testata)?

Ma andiamo oltre. Dopo molti anni negli Usa, corrispondente da Pechino ora sarebbe Giovanna Botteri (211.666 euro), peccato che la sede Rai in Cina sia chiusa. La Botteri manca dall’agosto 2020 per problemi col visto: le era scaduto e non le è stato rinnovato. Nel frattempo si è candidata per essere spostata a Bruxelles, senza fortuna. Alla famosa inviata di guerra non resta che andare ospite dove richiesta, da Fazio a Sanremo, e continuare a partecipare da Roma a Linea Notte. E in Cina la tv pubblica non ha nessuno.

Era a Gerusalemme dal 2015, invece, l’ex governatore della Regione Lazio Piero Marrazzo (232.886 euro), ma nel luglio 2019 è dovuto rientrare per irregolarità nella gestione economica dell’ufficio sui cui si è fatta pure un’indagine interna. Ora è alle dipendenze della direzione di Rai News24 e ogni tanto lo si vede in video.

Quella che assomiglia poi a una scatola vuota è la “direzione editoriale per l’offerta informativa”, alla cui guida c’è l’ex direttrice del Tg3, Giuseppina Paterniti (206.702 euro). Dovrebbe coordinare la linea dell’informazione tra i Tg, ma se c’è una cosa che i direttori di tg non sopportano è avere qualcuno sopra la testa che dica loro cosa fare. Lei, però, con buona volontà ci prova.

Tra le scatole vuote, secondo alcuni, c’è pure Rai Vaticano: da quando la Santa Sede ha un suo centro di produzione tv, la struttura di Viale Mazzini serve a poco. A dirigerla dall’epoca Gubitosi è Massimo Milone (sotto i 200 mila euro).

E che dire della direzione generale di San Marino Rtv, la concessionaria pubblica del servizio radiotelevisivo della Repubblica di San Marino (diretto da Carlo Romeo)? O del Prix Italia, il concorso internazionale di programmi tv organizzato dalla Rai (sotto la guida di Annalisa Bruchi)?

Così, mentre l’ex presidente Monica Maggioni (240 mila) è stata appena nominata capo-struttura di se stessa con un budget dedicato (conduce Sette Storie su Rai1), c’è poi l’Ufficio Studi, dove in questi due anni di attività è rimasto parcheggiato l’ex direttore del Tg1 Andrea Montanari, ora passato alla guida di Radio 3. Ufficio di cui finora si ricorda un solo volume pubblicato (Coesione sociale. La sfida del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale, edito da Rai libri) e poco altro. Ma magari in futuro andrà meglio.