(Giuseppe Di Maio) – E’ indiscutibilmente il migliore giornalista che abbiamo. Attento, obiettivo, scrupoloso, parla di quello che sa e si produce in rapidi e leggeri affondi sillogici nelle cose che non sa. Si documenta, cerca di non entrare in contraddizione, si scusa per le rare imprecisioni. Marco Travaglio è un esempio vivente di un giornalismo esemplare, e mi scopro quasi sempre a sottoscrivere il suo pensiero; insomma, come dicono coloro che vogliono ostentare una precisione fasulla, fino al 90%. Oggi vorrei parlare di quel resto, di quell’inezia con cui non sono d’accordo.

E’ meglio precisare che la distanza che mi separa dalle sue posizioni non è di tipo ideologico – non lo accuso di essere di cultura liberale, anche se preferirei in lui una coscienza della struttura sociale marxista. Ma poi chissà, forse è meglio così: troppo spesso la farina ideologica vetero-comunista oltre a mostrare segni severi di ottusità è di una noia mortale. La distanza invece riguarda una parte del suo lavoro, e una fedeltà a certi amori che forse gli impediscono di essere totalmente obiettivo.

Un buon numero dei suoi articoli si poggia sulla polemica con i giornaloni. Ed è uno spasso impastare il primo caffè con le fake di Sallusti e Belpietro, le omissioni di Giannini e Molinari, le intemperanze di Feltri e Senaldi. Ma perché mai il lavoro che fa il nostro Travaglio non potrebbe essere svolto dalla magistratura? Ho sempre pensato che un programma televisivo con smascheramento di balle news, sarebbe più seguìto del festival di Sanremo. E anche Marco lo sa. Difatti una legge sulla stampa che punisse le menzogne sarebbe di certo considerata da ogni giornalista come un attentato alla libertà di stampa. Che nel caso di Senaldi è libertà di mentire, e in quello di Travaglio è libertà di giudicare e scoprire la menzogna del collega. Insomma, una legge sulla stampa danneggerebbe la stampa e la sua funzione di vendere fumo e manipolare il consenso.

E a proposito di consenso mi sorge il dubbio che forse ogni redazione vorrebbe dettare l’apologia di un leader e di un governo. Negli anni ’80, ad esempio, il giornale “La Repubblica” era l’eco di De Mita e del palazzo DC. Adesso come allora, chiunque abbia una speciale entratura nelle anteprime di palazzo ha il lavoro assicurato per anni. Perciò: la sostituzione di Draghi con Conte ha certamente nuociuto alla pagina politica del Fatto Quotidiano, che adesso si deve accontentare di notizie di seconda mano. Ma oltre quest’affondo semiserio sulla politica delle notizie, penso proprio che Travaglio sbagli a bocciare l’adesione del M5S a questo governo.

Tutti conosciamo il curriculum di Draghi, sappiamo quali sono le sue amicizie e di quali volontà politico-finanziarie sia stato finora l’esecutore. Tutta l’Italia lo aspettava come il meglio del meglio, e Mattarella lo aveva indicato come alto profilo. Non assecondare dunque questo momentaneo consenso al “migliore” ci avrebbe costretto ad un esilio infruttuoso in cui la stampa nemica ci avrebbe definitivamente affossato. Far finta di sostenere un governo di salvezza nazionale, ci consente invece di collezionare tutti i motivi che un esecutivo sfacciatamente reazionario e antidemocratico prima o poi ci fornisce. Ecco l’obiettivo: esaltare la contraddizione, è dimostrare che la caduta di Conte è legata al terrore per il M5S. E’ fare esattamente quello che fa Travaglio quotidianamente, smascherare i cosiddetti migliori e mostrare dietro di loro la cruda volontà del padrone.