(di Gad Lerner – Il Fatto Quotidiano) – Ieri ci si sono messi in due su questo giornale, Padellaro e Travaglio, a sfottere chi negli anni scorsi denunciava il pericolo rappresentato da Salvini per il nostro sistema democratico. Salvo ora ritrovarselo di fianco, entusiasta sostenitore di Draghi. Perfido, ma come sempre acuto, si chiede Padellaro: non sarà che l’unità nazionale abbia come d’incanto emendato Salvini, trasformandolo da minaccia a risorsa della democrazia? E Travaglio rincara la dose interpellando “maestrini dalla penna rossa” e “compagnucci” che non sollevano obiezioni di fronte alla repentina giravolta.

Siccome mi riconosco fra quei “compagnucci” (suvvia Marco, questa parola poteva usarla Guareschi a metà del secolo scorso), e credo di non essere il solo qui al Fatto, chiarisco subito di non avere nessuna intenzione di scusarmi per aver segnalato il pericolo rappresentato dalle pulsioni fascioleghiste di Salvini. Anche nel 2018, quando voi le minimizzavate e sostenevate il governo di cui faceva parte.

Ma prima di arrivarci bisognerà pur spendere qualche parola sul commissariamento della democrazia parlamentare cui siamo disgraziatamente pervenuti e che tanta miope euforia sta suscitando. Le consultazioni dei partiti testé concluse sono state surreali. La velocità con cui hanno ripudiato posizioni ferreamente dichiarate fino al giorno prima dimostra che non si tratta più di partiti, ma piuttosto di gruppi dirigenti allo sbando. Chiamati a votare una fiducia “a prescindere”, senza nemmeno che il premier incaricato venisse chiamato a rendere pubblico il suo programma di governo. I giornali ne pubblicano solo vaghe indiscrezioni, suggerite non si sa bene da chi. L’unica cosa chiara è che, su mandato del Quirinale, spetterà solo a Draghi decidere, visto che i partiti hanno fallito. Prendere o lasciare.

L’Italia ha già conosciuto, per brevi periodi, governi di unità nazionale e “del presidente”. Ma stavolta è diverso: non sono stati i partiti maggiori a prendere atto dello stato d’eccezione in cui versa il Paese e a scegliere di conseguenza. Non di unità nazionale si tratta, ma di un governo imposto dall’alto a leader pericolanti che hanno fatto buon viso a cattivo gioco, nella speranza di sopravvivere al terremoto. Come ha scritto Ezio Mauro, la politica ha abdicato alla tecnocrazia. Cedendo il passo a una sorta di “dittatore benevolo” (cito Michele Salvati, convinto estimatore di Draghi).Qui veniamo alla posizione imbarazzante in cui si trova il Pd. Senza bisogno di aspettare i futuri libri di storia, immagino sia chiaro ai suoi dirigenti quali son stati i settori dell’establishment che hanno manovrato affinché la ricostruzione post-Covid non toccasse a un governo Conte sbilanciato a sinistra. Lo hanno abbattuto alla luce del sole. Che intorno a Draghi e ai suoi prossimi ministri, per lo più sconosciuti, possa formarsi una nuova classe dirigente in grado di riformare lo Stato, fronteggiare lo spettro della povertà e riconvertire un’economia malata, per ora è solo un atto di fede. Ancor più arduo è confidare in Draghi come regista di nuovi schieramenti.

Mattarella gli ha chiesto di formare un governo fondato su una maggioranza bipartisan. Malvolentieri, ma M5S e Pd l’hanno accettato. Dovranno convivere con la Lega, dopo aver digerito Berlusconi, avendo Salvini confermato di essere disposto a cambiare le sue idee con la stessa frequenza con cui si cambia le felpe. Del resto il Pd (come il M5S), sul tema immigrazione, da Minniti in poi, si era già dimostrato subalterno alla propaganda salviniana.

Padellaro e Travaglio rivendicano di aver considerato Salvini sempre e solo un “cazzaro” anche quando, seduto al Viminale in divisa da poliziotto, esaltava e catalizzava in nome della “cattiveria necessaria” l’odio per gli stranieri diffuso nella nostra società. Resto convinto che il riconoscerne la spregiudicatezza di leader senza principi vi abbia indotti a sottovalutarne la pericolosità. Sbagliavamo a denunciarne i comportamenti razzisti e le strizzate d’occhio ai fascisti? Non credo proprio: prima di incespicare nel suo stesso trionfo elettorale (34% nel 2019) mancò poco che portasse a compimento il disegno putiniano della “democrazia illiberale”. Poi cominciò il suo declino, che sembra averlo addomesticato. Dentro al governo Draghi, resterà imprigionato come gli altri. In attesa che la Lega trovi un sostituto.

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(Marco Travaglio) – Caro Gad, premesso che il copyright dei compagnucci è di Alberto Sordi-Mariopio “compagnuccio della parocchietta”, io ho il massimo rispetto per chi, come te, considera o considerava Salvini un fascista ecc., anche se penso che il fascismo sia una cosa troppo seria per un cazzaro che ricorda più Ridolini che Mussolini. Ma non ho alcun rispetto per quasi tutta l’intellighenzia di sinistra che s’è fatta bella per tre anni con la finta Resistenza anti-salviniana da salotto (televisivo e non) e ora tace sul centrosinistra che va al governo con Salvini. Anzi, acconsente. Anzi, applaude.