(di Massimo Fini – massimofini.it) – Scriveva Marco Travaglio sul Fatto di venerdì (5/02) che ci sono vari modi di suicidarsi, tutti tragici ma rispettabili, ma ce n’è uno invece che non solo non è rispettabile ma è disonorevole: “consegnarsi volontariamente al carnefice”. È quello che han fatto, stando almeno alle dichiarazioni di Vito Crimi di sabato (6/02), i 5 Stelle.A quanto pare costoro accettano di entrare in un governo in cui c’è, tronfio come sempre, chi li ha pugnalati alle spalle, Matteo Renzi, con la complicità di Tatarella (chiedo scusa ai figli dell’onorevole di An per l’accostamento linguistico) e del tecnico di “altissimo profilo” Mario Draghi, una trama che, secondo me, era stata preparata da tempo, cioè almeno da quando Italia Viva tolse il suo sostegno al governo di Giuseppe Conte.

Ma c’è anche di peggio. I 5 Stelle vanno a confluire in un governo dov’è presente Silvio Berlusconi, il noto pregiudicato pluriprescritto plurimputato. Il Movimento di Grillo era nato al grido di “onestà, onestà” (che io avrei preferito tradurre, come dissi loro, inascoltato, in “legalità, legalità”, perché l’onestà è un valore più profondo che può appartenere anche a un bandito), non vedo come possa stare ora, senza coprirsi di vergogna e di ridicolo, con un Tale che è stato condannato in via definitiva per una colossale frode fiscale, che ha violato nella sostanza tutti gli articoli del Codice Penale e anche qualcuno di quello di Procedura penale.

Caro Beppe, io ho partecipato, intervenendo, al tuo primo “Vaffa Day” a Bologna dell’8 settembre 2007. E allora la mia parola contava un po’ di più di quella di Marco Travaglio o di Sabina Guzzanti. Da allora ho sempre seguito con interesse il Movimento creato da Gianroberto Casaleggio e da te, naturalmente mantenendo il necessario distacco che un giornalista deve sempre avere nei confronti di ciò di cui si occupa, criticando, quando è il caso, coloro che gli sono più simpatici o ideologicamente più vicini, elogiando, quando è il caso, gli altri. Per me, adesso, non siete più un oggetto di interesse, né positivo né negativo.

Faceva ridere, perché per un soggetto del genere sarebbe troppo provar pena o disprezzo, Matteo Salvini che l’altro giorno dichiarava la sua entusiastica adesione al premier incaricato, il tecnico di “altissimo profilo”, Grand Uff, Gran Cav, Mario Draghi (a proposito, chi sono ora i ministri in carica, boh?). Faceva ridere quando sottolineava l’importanza del Recovery Fund. Ma chi l’ha ottenuto questo Recovery? L’ha ottenuto il governo di Giuseppe Conte, certamente con l’aiuto fondamentale di quell’Angela Merkel che fino a ieri Matteo Salvini indicava come la fonte di tutti i mali perché perseguiva gli interessi della Germania, il suo Paese (cosa che non dovrebbe far storcere troppo il naso a un nazionalista come Salvini). Il fatto è che Angela Merkel avrà anche perseguito gli interessi della Germania, ma nello stesso tempo ha perseguito gli interessi di quell’Europa unita senza la quale nessuno Stato del Vecchio Continente potrebbe salvare la pelle e far fronte ai grandi conglomerati come Stati Uniti, Russia, Cina e a quel soggetto indefinibile (in realtà definibilissimo ma non lo si può chiamare col suo nome, pena la garrota sociale e anche penale) che è la grande finanza internazionale, di cui Mario Draghi è un alfiere, che ci sta strangolando tutti.

Di passata faccio notare che ogni volta che in Italia si affaccia qualcosa che mette a rischio lo status quo su cui sono assisi i poteri di sempre, si trova sempre il modo di innocuizzarla. Così è stato per la cosiddetta “rivoluzione italiana” del 1992-‘94, che rivoluzione non era affatto, ma era il tentativo di richiamare anche la classe dirigente, politica e imprenditoriale al rispetto di quelle leggi cui tutti noi cittadini siamo tenuti. Chi erano i protagonisti di quella cosiddetta rivoluzione? Innanzitutto la magistratura milanese nei nomi di Francesco Saverio Borrelli, Gerardo D’Ambrosio, Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Francesco Greco e poi Ilda Boccassini. In concomitanza c’erano la prima Lega Nord di Umberto Bossi e Gianfranco Miglio, l’Indipendente di Vittorio Feltri, Gianfranco Funari con Aboccaperta su Raidue e Mezzogiorno Italiano su Italia 1. Nel giro di pochissimi anni i magistrati milanesi divennero i veri colpevoli (“sporcano l’immagine dell’Italia all’estero”, secondo il Berlusconi entrato in politica e diventato presidente del Consiglio), i ladri, i corruttori, i corrotti le vittime e spesso giudici dei loro giudici. Di Pietro fu infamato con sette processi da cui uscì assolto. Umberto Bossi inglobato. Vittorio Feltri comprato. Funari emarginato e rinchiuso nella ridotta di Odeon.

Lo stesso è avvenuto col Movimento 5 Stelle, sia pur con una tecnica di logoramento che ha avuto bisogno di un tempo più lungo. Ed ora eccoci qui. Come ha affermato uno scrittore tedesco, parafrasando quel che si diceva del Cremlino ai tempi dell’Urss, “la politica italiana è un enigma avvolto in un mistero”.