Maria Elena Boschi e la voglia di tornare alle riunioni a Palazzo Chigi. Ma c’è chi usa il suo nome anche per provocare. Con Renzi ha litigato. Dall’inizio della crisi è sempre in nero, come se Casini cominciasse a vestirsi solo di bianco

(di Fabrizio Roncone – corriere.it) – Alle 9 del mattino sembra certo che Meb sarà il nuovo ministro della Difesa (domenica, a quest’ora, era però data per sicura all’Economia. Quindi non fateci il titolo e, soprattutto, non ditelo a Roberta Pinotti, se no si attacca al telefono con Zingaretti e comincia a urlargli che allora il Pd non conta davvero più niente, siamo tutti prigionieri di Renzi, di Italia Viva, eccetera eccetera).
Va bene: ma dov’è Meb?
Eccola Meb.
Maria Elena Boschi (Meb è l’acronimo con cui affettuosamente la chiamano quelli della sua piccola corte) sposta delicatamente i tendoni di velluto, incede nell’androne di Montecitorio e anche oggi, anche adesso alla luce del mattino, tutti notiamo che è vestita di nero.
Nero il tailleur, nera la camicia, nera la mascherina. Improvvisamente, sempre così, dall’inizio della crisi (i cronisti vivono di dettagli, sembrerebbe curioso pure se Pier Ferdinando Casini cominciasse a vestirsi di bianco; e del resto abbiamo raccontato le giacche arancioni di Roberto Formigoni e i completi rosso elettrico del grillino Sergio Battelli, che guida la commissione Bilancio della Camera e — anche — un banda rock: i Red Lips).

Meb è vestita di nero e non parla. Due certezze, in questi tribolati giorni, tra molte incertezze, voci, promesse, ambizioni. Comprese le sue. Perché Meb vorrebbe tanto tornare a Palazzo Chigi. Non le sono bastati due giri, prima alla guida delle Riforme costituzionali, poi da sottosegretario alla Presidenza: la verità è che quando tocchi il potere vero, lo gestisci, ti viene riconosciuto, poi ti piace (e dimentichi le promesse solenni: «Se perdiamo il referendum, lascio la politica», disse a Lucia Annunziata il 22 maggio del 2016, ospite di In 1/2 ora).
Intendiamoci: Meb non l’avrebbe voluta, questa crisi. O meglio: non l’avrebbe voluta così. Se l’immaginava meno contorta, sporca, pericolosa. L’idea era: un rimpastino, mi prendo un bel ministero, salgo al Quirinale, giuro, e via, si prosegue. All’inizio Renzi era sembrato persino d’accordo; solo che poi quando Renzi parte non lo fermi, vincere non lo diverte, gli piace stravincere, in baruffa si esalta, e allora la crisi è precipitata nel buio più fitto.
E lei, con Matteo, ci ha litigato.
Di brutto.
Se le sono proprio dette.

Ad un certo punto è circolata pure la notizia che Meb fosse così arrabbiata da valutare l’uscita dal partito, mollava la guida del gruppo qui alla Camera e se ne andava con i «responsabili». Mezza Italia viva è entrata subito nel panico. D’altra parte il partito è inchiodato nei sondaggi al 2,5% e molti parlamentari confessano di osservare ormai con preoccupazione crescente le mosse del capo: non capiscono mai cos’abbia di preciso in mente, e le sue rassicurazioni — «Fidatevi di me. Non vi fidate di me? Come sarebbe?» — hanno il suono di un mantra lugubre.
Meb, alla fine, ha dovuto dettare una dichiarazione all’Ansa, con formulazione furbesca: «Resto con Iv. Notizia assurda da non poter nemmeno essere smentita».
Forse, a ripensarci, aveva però ragione lei. Se accendi il frullatore, poi, boh. Specie se vuoi tornare a fare il ministro, ma non un ministro qualsiasi. Nelle ultime ore, retroscena dopo retroscena, Meb è stata avvicinata a molti, troppi dicasteri. Sensazione diffusa dentro il partito: il suo nome — assai ingombrante, ma certo l’unico con un peso politico autonomo e una coda di militanti/fan — talvolta viene usato anche per provocare, e incendiare.

Fanno girare la voce: Boschi alla Giustizia. E subito si sente l’ululato duro e puro di Alessandro Di Battista: «Ma è indagata nella vicenda Open! Ragazzi, no, dico: stiamo parlando di finanziamento illecito…». Sabato l’hanno fatta finire alle Infrastrutture, però poche ore dopo — via WhatsApp — eccola allo Sviluppo economico, in sostituzione del 5 Stelle Patuanelli: «Oh, bellini, qui c’è da dare una controllatina anche al Recovery, eh» (il testo del messaggio).
Meb ai grillini fa venire le bolle.
Ma Meb i grillini li ignora.
Ha tolto il saluto anche a certe ex colleghe del Pd. Quando vede Luca Lotti da lontano, prende il cellulare e finge di fare una telefonata. Del vecchio gruppone dei turbo renziani è rimasta amica solo di Francesco Bonifazi, che però sta al Senato: e poi Bonifazi è sempre così preso dai suoi barboncini, dai Rolex, passioni rispettabili, ma scarsamente conciliabili con la politica, che richiede concentrazione, tenacia, cinismo.
Ecco, appunto: lo sguardo di Meb vale un editoriale su questa crisi di governo. I suoi occhi sono radar. Dov’è il pericolo? Chi mi è amico? La mascherina cela sospiri di fastidio: vorreste intervistarmi per chiedermi cosa?
Tutti, intorno, cercano però di rassicurarla: ma certo, te lo meriti, avrai sicuramente un ministero importante (laggiù, muta, Teresa Bellanova: che comincia ad avere il tremendo sospetto di essersi dimessa per fare posto proprio a lei, a Meb)