(Selvaggia Lucarelli – tpi.it) – È difficile trovare le parole giuste per descrivere il fastidio misto a imbarazzo e compatimento per la scena a cui siamo stati costretti ad assistere ieri, grazie allo sciamano di Rignano: lui, Matteo Renzi, seduto tra le due veline Bonetti e Bellanova come un Ezio Greggio qualunque, che concede loro giusto il tempo di uno stacchetto alla fine, durante i titoli di coda.

Un’immagine che è riuscita a immalinconire il paese più delle piazze vuote durante il primo lockdown, specie perché proprio Renzi è quello che aveva presentato il suo nuovo partito così: “Sarà femminista con molte donne di livello alla guida. Teresa Bellanova sarà la capo delegazione nel governo. Una leader politica, oltre che una ministra. Per me le donne non sono figurine e l’ho sempre dimostrato”.

L’ha dimostrato, infatti. Ieri le sue ministre (e il “sue” è stato ribadito più volte, come a ricordarne la proprietà, come le tenesse in tasca a mo’ di figurine dei calciatori, appunto) erano il sunto perfetto di quel “Io t’ho creato, io ti distruggo” alla Totò. Della serie: “Io ce l’ho messe, io le dimetto”.

E faceva impressione vederle lì, le ministre, come ombrelline accanto a Valentino Rossi, senza fiatare mentre il loro creatore parlava di dimissioni che formalmente non erano le sue, ma delle comparse lì accanto.

Lo stesso creatore i cui discepoli di Italia Viva scomodano la parola “sessismo” pure se uno scrive che la Boschi ha le meches troppo chiare. Che mestizia vedere Teresa Bellanova, quella che si è fatta le ossa nei sindacati, che ha combattuto una vita contro il caporalato, con la testa china di fianco al caporale.

E poi quei suoi 7 minuti di monologo finale, con le tv che quando lei inizia a parlare interrompono le dirette, monologo in cui tentava di convincerci che si dimetteva perché le pizzerie nei piccoli paesi non lavorano a pranzo e Conte non le ha tenute in considerazione. Sarebbe stato meno imbarazzante star lì con Paolini alle spalle che reggeva il cartello “Più Viagra per tutti”.

E che tristezza sentire la Bellanova dire che lascia l’incarico di governo in nome della dignità, mentre senza dignità lascia che il capo blateri per un’ ora, ignorandola.

Per non parlare della Bonetti, la cui collana dal peso specifico di Giove ha annuito silenziosamente tutto il tempo, finché non arrivano i suoi 5 minuti netti di spazio in conferenza stampa. Cinque minuti consumati deglutendo, proclamando “Siamo donne libere e non ci rendiamo complici di un comportamento inadeguato!”. Libere. L’ha detto davvero, “Libere”.

Per poi aggiungere: “Sono una donna delle istituzioni, il mio percorso da scout e da ministro porta a questo!”. Da scout. Fosse entrata nelle Giovani Marmotte probabilmente sarebbe riuscita a soprassedere, ma da scout no, non si cede. Si fa cadere il Governo.

Ed è così che Renzi riesce nella difficile, quasi impossibile missione di scatenare le folle perfino contro la Bellanova, di renderla invisa al popolo, proprio lei, che il popolo l’ha sempre rappresentato. Se rendere antipatica la Boschi era un’impresa facile, anche perché lei faceva già da sola metà del lavoro, con la Bellanova era un’operazione complessa. E invece Renzi c’è riuscito.

Del resto, sta riuscendo addirittura a riabilitare la figura di Mastella, e, tutto sommato, a far pensare a mezzo paese che in fondo in fondo, un anno e mezzo fa, perfino Salvini, l’ha fatta meno sporca di lui.