(Luca Telese – tpi.it) – Se salta il governo il primo effetto sarebbe il blocco della tranche di scostamento di bilancio da 24 miliardi di euro. Ovvero la cassa che serve a pagare i ristori di chi è rimasto senza lavoro, e i vaccini che servono per completare la campagna più importante per combattere il Covid.

Tuttavia, mentre questo rischio aleggia sulle nostre teste, i ministri renziani continuano ad annunciare le dimissioni un giorno sì e l’altro pure, a partire dalla ciarliera Teresa Bellanova, capo delegazione di se stessa, un altro ministro e un sottosegretario.

E mentre muovono guerra su di un tavolo, gli uomini di Italia Viva, in questo spericolato gioco d’azzardo, su un altro tavolo trattano per due nuovi ministeri.

In cima ai desiderata ci sono due poltronissime: una per collocare la fedelissima di sempre, Maria Elena Boschi, al Welfare (sacrificando la ministra grillina Nunzia Catalfo) oppure – meno probabile – ai Trasporti (al posto di Paola De Micheli), innescando una catena di ricollocamenti.

Nel pieno di questo turbinio di pre-crisi, due temi arrivano a compimento. Il primo: Renzi dovrà svelare il suo bluff entro domani, perché quella è la data in cui passa il documento sul Recovery plan in Consiglio dei ministri. Dopo tanti annunci, o la minaccia di dimissioni delle ministre diventa concreta, e tutto precipita, oppure gli uomini (e le donne) di Italia Viva dovranno accettare la moral suasion del presidente Mattarella, che in via informale chiede di dare priorità – su tutto il resto – alla messa in sicurezza del piano sui fondi europei.

Uscendo per un attimo dai corridoi dei Palazzi, tuttavia, la situazione è spiazzante, quasi surreale. E qui c’è il secondo tema: il paese reale è alla prese con i conti dell’epidemia, con la campagna vaccinale, ascolta in modo distratto i grandi proclami con cui Renzi sostiene che “il problema della delega sui servizi segreti” sia una questione cruciale per il futuro della democrazia. Lo spread ha toccato questa settimana il punto più basso da mesi (quota 100 sul titolo tedesco), garantendo possibilità di finanziamento a tasso vantaggiosi che una crisi farebbe subito saltare.

E così questi proclami politici alla Ghino di Tacco sono davvero un tema per addetti ai lavori. “Se si dovesse spiegare una crisi agli italiani in queste condizioni – dice il ministro Stefano Patuanelli, capo delegazione del M5s – verremmo considerati marziani”. E poi aggiunge, con un avvertimento pesante: “Dopo il governo Conte c’è solo il voto”.

Fin qui, rumors a parte, questa è la posizione del Movimento Cinque Stelle. A cui si aggiunge quella (solo leggermente diversa) del Partito Democratico, per cui o c’è un Conte-ter, o c’è il voto. Goffredo Bettini – stratega zingarettiano – ribadisce che serve “una intesa vincolante per tutta la legislatura”.

Lo stesso premier continua ad essere tentato di mettere alla prova Renzi, verificando se davvero esistono i numeri per sfiduciare il governo. Il che spiega che molti hanno in mano un pezzo di questo rompicapo, ma nessuno ancora sa come sarà completato il puzzle.

Curioso che ad innescare tutto sia un partito in calo di consensi, inchiodato in tutti i sondaggi, davvero sorprendente sarebbe l’idea di una forza che con il 3% ambisce a portare a casa quattro ministeri.

Ma le vie dell’ambizione politica, si sa, sono infinite. Aprire una crisi in piena pandemia, in queste condizioni, è un azzardo che si può pagare anche caro. Soprattutto se l’obiettivo più alto è trovare una sistemazione ministeriale per Maria Elena Boschi.