(di Giacomo Salvini – Il Fatto Quotidiano) – La storia politica italiana, si sa, è ricca di penultimatum. Dalle continue minacce di Bettino Craxi a Ciriaco De Mita ai tempi del pentapartito, a quelle di Gianfranco Fini contro il celodurismo di Umberto Bossi durante i governi Berlusconi, fino ai lunghi sei mesi con cui Clemente Mastella fece traballare il governo Prodi-2 annunciando – e puntualmente ritirando – le dimissioni (e ci volle un’inchiesta giudiziaria per lasciare a inizio 2008). Ma i “penultimatum” di Matteo Renzi ormai sono un genere letterario. Sia perché ogni volta sono legati a un tema diverso, sia perché durano così a lungo perché hanno un unico obiettivo: sfiancare e battere per sfinimento l’avversario, in questo caso il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. E così oggi compie un mese da quando il senatore di Scandicci ha minacciato di ritirare per la prima volta le due ministre di Iv, Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, e il sottosegretario agli Esteri Ivan Scalfarotto, aprendo ufficialmente la crisi di governo.

La prima provocazione era arrivata un mese fa, il 9 dicembre durante il discorso di Renzi in Senato sulla riforma del Mes in cui aveva attaccato a testa bassa il premier aprendo la verifica di governo: “A chi dei suoi collaboratori chiama le redazioni per dire che noi vogliamo qualche poltrona, le comunico che ce ne sono tre a sua disposizione in più” aveva attaccato Renzi tra gli applausi dei senatori di Italia Viva e di molti del centrodestra. Da allora, solo l’ex premier ha minacciato di far dimettere Bonetti e Bellanova altre 13 volte in altrettante interviste. Il 15 dicembre al Tg5: “Farà dimettere le sue ministre?”. Risposta: “Nel caso in cui non ci mettiamo d’accordo non mi faccio comprare per qualche poltrona”. Il 18 dicembre al Corriere: “Italia Viva saluta tutti e toglie il disturbo”. E così via fino alla presentazione del piano “Ciao” il 28 dicembre in cui minacciava di “ritirare le ministre lasciando il governo” fino all’intervista al Messaggero del 2 gennaio in cui si diceva pronto a “passare all’opposizione”. Ancora ieri a Stasera Italia: “Non è una questione di posti, noi le poltrone le lasciamo”. Il tutto condito dalla retorica delle ministre Bonetti e Bellanova che hanno ripetuto pubblicamente di essere “pronte a lasciare” e sempre “con la valigia in mano”. Non solo: Renzi ogni volta apriva un nuovo fronte contro il premier: prima, a inizio dicembre, la governance sul Recovery Fund, a Natale il Mes, poi i soldi stanziati per Sanità e Turismo nel piano Ue, a inizio anno la giustizia, le infrastrutture e i servizi segreti. Ma la scadenza dei penultimatum per far dimettere le ministre si aggiornava di giorno in giorno: dal 28 dicembre al 2, al 3, al 4, al 6, al 7 gennaio. Ma niente. Dopo un mese sono ancora al loro posto.

Inoltre nella comunicazione di Renzi c’è una frase che ricorre più di ogni altra, per provare a far ingoiare la crisi di governo ai cittadini: “Non ci importa delle poltrone ma delle idee” continua a ripetere l’ex premier. Tant’è che a inizio dicembre aveva dato l’ordine ai suoi parlamentari: “Chi parla di rimpasto lo faccio nero”. Peccato che nel frattempo, nelle trattative sotterranee, Renzi stia cercando di ottenere ogni carica possibile all’interno del governo se non per se stesso per Maria Elena Boschi o Ettore Rosato: il ministero della Difesa, gli Esteri, il Lavoro, le Infrastrutture fino alla delega ai Servizi segreti. Magari sperando di diventare nel 2022 Segretario generale della Nato. Alla faccia dei “contenuti”.