(Giuseppe Di Maio) – Hai visto Giggino cosa ha fatto la libertà di stampa? Hai visto come hanno fatto i padroni a farci tutti schiavi attraverso la loro libertà? E siccome il proverbio dice che “chi ha più polvere spara”, nel libero gioco del tiro a segno abbiamo fatto la parte del bersaglio. Ora sarebbe arrivato il momento di usare un po’ di testa, ora che persino Zuckerberg si è dato da fare per limitare i danni. Ma ora è già tardi: per l’America, per noi, per il Movimento, per il nostro governo. E’ tardi, e come al solito capire è la sola consolazione.

Se la rivoluzione delle stelle è di stampo illuministico, l’accesso alla conoscenza è il suo primo motore, e la libera informazione ne è la condizione necessaria. Oh! E invece questo bel programma, che mette in pericolo la società delle disuguaglianze e smuove le fondamenta del potere, è stato cancellato dalla libertà di dispensare menzogne. E già, caro Giggino, poiché acquistare il senso del reale è un processo lungo quanto una vita, che per molti interrogativi manco basta. Scodellare perciò nozioni così, bell’è pronte, senza il cammino filologico e storico che le hanno prodotte, può causare una seria alterazione del senso della realtà. Andiamo per gradi.

Come dei nuovi Gutenberg abbiamo sognato di dare a chiunque accesso alla cultura, e nel tempo di internet abbiamo moltiplicate le iniziative per il libero accesso al sapere. A noi poi, è persino venuta l’idea di una democrazia attraverso la rete, e i cittadini, particelle disperse e confinate nelle proprie mura, si sono messi in contatto per dare forma al bene comune. Ma torniamo alla cultura. Una cosa è la ricerca scientifica, un’altra è la chiacchiera di quartiere. L’idea dei socials di mettere in relazione le persone senza regole specifiche, solo con una netiquette di generica creanza, può funzionare se si trattano questioni tecniche come la manutenzione della propria auto, o la pulizia domestica… Ma le notizie che hanno ripercussioni sull’organizzazione sociale devono essere trattate con diversa attenzione.

Ai socials ha accesso chiunque, persino Salvini. Qui troviamo l’istruito e lo scemo del villaggio, l’atleta e il malato cronico, il lavoratore e il disoccupato, il sobrio e l’esaltato,  senz’alcuna distinzione di genere. E’ la più grande osteria del pianeta. E mentre la scienza a volte fatica secoli per raggiungere una conclusione, qui bastano alcuni secondi: un’immagine, un video, un post-it, un titolo di un giornale al servizio del padrone, e il gioco è fatto. Allora si rischia di mettere sullo stesso piano un ubriacone, un malato di mente, e chiunque altro. Specie se dalla pagina di un politico (che è d’indiscusso interesse pubblico) possono essere esclusi gli oppositori, come da un club privato. Già, le regole sono importanti. Specie quelle che devono costruire le fondamenta della democrazia.

Hai capito Giggino? Hai capito che la libertà di stampa è la più grande cazzata dell’odierna umanità? Poiché la verità è funzione del potere, sempre, anche quando sembra che sorga dalla libertà d’espressione. Giacché per lenire il proprio dolore gli uomini sono disposti a credere a storie incredibili e complicate, invece che ad una semplice e evidente. La gente vuole un nemico, una diretta relazione tra il proprio stato e una fantasia colpevole. Così, invece di allevare i sogni della ragione, nutre i deliri della frustrazione. Ed è lì che il padrone è pronto coi suoi cani a calare un velo sulla realtà, a deformarla, a coprire i rapporti visibili e inventare trame invisibili, favole libere, favole atroci, che si raccontano allo schiavo per aizzarlo contro il proprio fratello.