(Davide Vecchi – corrieredellumbria.corr.it) – Non so quanto corrisponda al vero l’intenzione di Matteo Renzi di provocare una crisi di Governo e assegnare un dicastero a Maria Elena Boschi. Non so quanto sia vera ma è molto realistica. Non tutti sanno (e in pochi ricordano) che il Movimento 5 Stelle nel 2018 diede vita al Governo (il primo guidato da Giuseppe Conte) insieme alla Lega dopo aver tentato di crearne uno con il Pd, allora guidato proprio da Matteo Renzi. L’allora segretario dem fissò dei paletti precisi e per lui irremovibili a Luigi Di Maio tra cui avere come ministri Luca Lotti e Maria Elena Boschi. Sul primo nome, l’allora capo politico pentastellato era disposto a cedere ma sul secondo aveva un niet fermo: la campagna elettorale appena conclusasi con il voto del 4 marzo era stata condotta dai Cinque Stelle principalmente contro Boschi per la vicenda di banca Etruria, cui il padre era stato vicepresidente ed era indagato (poi archiviato), quindi come far digerire quel nome ai milioni di elettori che li avevano scelti? Per questo il confronto si interruppe e il Movimento per capitalizzare le preferenze incassate preferì piuttosto fare un programma condiviso con la Lega di Matteo Salvini. Sappiamo come è andata.

Sono passati meno di tre anni. Il Pd ha cambiato segretario, ora è guidato da Nicola Zingaretti; Renzi ha fondato un nuovo partito, Italia Viva; i Cinque Stelle non esistono praticamente più e hanno già tradito buona parte dei loro cavalli di battaglia e la fiducia della maggior parte dei sostenitori. Quindi accettare Boschi per loro sarebbe il colpo finale. Ed è quello che tenta Renzi invocando di inserire Boschi sui banchi di Palazzo Chigi. Non è avere uno o due ministri, non è ottenere potere o controllare chissà quali fantomatiche stanze. È semplicemente una rivalsa politica finalizzata a certificare ulteriormente quanto il Movimento non esista più e sia privo di qualsiasi dignità. Perché di Renzi si può dire tutto, nel bene e nel male, ma il suo genio politico, il guizzo da assoluto fuoriclasse dell’emiciclo e dei Palazzi è a lui riconosciuto anche dai suoi principali detrattori. Lo stesso guizzo che nell’agosto 2019 gli permise di bloccare il tentativo di Salvini di andare a elezioni anticipate per capitalizzare le preferenze (e lasciando il leader leghista con il cerino in mano e fuori dal Governo) ora lo porta a volere Boschi dentro l’esecutivo ben sapendo che la mossa non mette in discussione Conte ma mina direttamente il Movimento Cinque Stelle o, almeno, quel che ne resta.