(di A. Di Battista – tpi.it) – Nel 1960 Enrico Mattei, uno degli italiani più coraggiosi del dopoguerra, partecipò a una puntata di Tribuna elettorale – programma tv condotto da Gianni Granzotto – per raccontare a milioni di italiani cosa fosse diventato l’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) sotto la sua presidenza.
L’ENI venne istituito nel 1953, al termine della I legislatura della Repubblica Italiana. Presidente del Consiglio era De Gasperi, Piola giocava in serie A, Stalin era ancora vivo e Giorgio Napolitano non era ancora deputato. Lo divenne, per la prima volta, pochi mesi dopo.
L’ENI nacque su iniziativa dello stesso Mattei, ex partigiano di area cattolica, che venne scelto nel 1945 per liquidare l’Azienda Generale Italiana Petroli (AGIP), la compagnia petrolifera pubblica creata durante il fascismo. L’Italia aveva perso la Seconda guerra mondiale ed era terra di conquista per le imprese statunitensi. In particolare la Standard Oil of New Jersey, che poi divenne la ESSO, stava investendo nel nostro Paese.
All’epoca di Mattei la Standard Oil of New Jersey era una delle sette sorelle, le principali compagnie petrolifere mondiali che dettavano legge e decidevano i prezzi della benzina ed i governi dei paesi produttori. Chi toccava i loro interessi aveva i giorni contati.
Nel 1953 il premier iraniano Mossadeq – un nazionalista laico, non un fondamentalista islamico – nazionalizzò l’industria petrolifera persiana e la raffineria di Abadan, la più grande al mondo, controllate in quegli anni dall’Anglo-Persian Oil Company, l’attuale British Petroleum. Mossadeq riteneva che il petrolio appartenesse al popolo iraniano e non a una multinazionale con sede a Londra.
Mossadeq venne deposto da un colpo di Stato organizzato dalla Cia e dai servizi segreti britannici e le sette sorelle formarono il Consorzio per l’Iran, il cartello che controllava la produzione persiana. Il cartello, di fatto, faceva la politica estera mondiale.
Mattei decise di rilanciare l’AGIP al posto di liquidarla e fu la prima volta che fece arrabbiare una delle sette sorelle. D’altronde la richiesta di chiudere l’AGIP e mozzare con un colpo netto la mano pubblica sul settore petrolifero italiano veniva direttamente da Washington.
Nel 1945 l’ambasciatore statunitense in Italia Alexander Comstock Kirk ricevette una lettera dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America che conteneva la richiesta di porre fine alla partecipazione del governo italiano negli affari petroliferi perché ciò pregiudicava le relazioni commerciali italo-americane. Di fatto una forte industria petrolifera pubblica italiana pregiudicava gli interessi della Standard Oil of New Jersey.
Mattei tirò dritto e i primi governi italiani lo lasciarono fare. L’AGIP venne rafforzata, così come altre società energetiche controllate dall’azienda, e tutte confluirono nell’ENI. L’ENI divenne sempre più grande grazie al talento e alla spregiudicatezza di Mattei, spregiudicatezza messa al servizio dell’interesse pubblico.
Mattei strinse accordi con i Paesi produttori: concluse affari in Iran rompendo il monopolio del cartello, in Unione Sovietica ruppe la divisione in blocchi decisa nella Conferenza di Jalta, in Algeria sostenne apertamente la causa indipendentista guadagnandosi per questo – come Sartre – le minacce di morte da parte dell’OAS (Organisation de l’armée secrète), l’organizzazione paramilitare francese creata per combattere, anche con attacchi terroristici, gli indipendentisti algerini. Tra il 1961 ed il 1962, anno della morte di Mattei, l’OAS assassinò quasi 3.000 persone.
Durante la puntata di Tribuna elettorale Mattei raccontò l’incontro avvenuto l’anno prima con uno dei massimi dirigenti di una delle sette sorelle. Non fece il nome ma probabilmente si riferiva ad Arnold Hofland, capo del settore Europa meridionale della Shell.
Hofland cercò di convincere Mattei ad alzare i prezzi della benzina in Italia per guadagnare tutti di più. Mattei, in diretta TV, spiegò il perché non potesse farlo.
“È proprio il contrario di quello che devo fare io, che sono l’esponente dell’azienda dello Stato. Io devo cercare di portare al consumatore tutto quello che è possibile”. Portare al consumatore, ai cittadini italiani, i suoi datori di lavoro (sebbene Mattei non ricevesse una lira di stipendio dall’ENI) tutto il possibile.
Prezzi bassi, benzina di qualità, investimenti nella distribuzione, motel puliti ed economici per i camionisti e, soprattutto, indipendenza energetica. Portare al consumatore tutto quello che è possibile.
Occorrerebbe aggrapparsi a questa frase per chiedere la nazionalizzazione di Autostrade per l’Italia (ASPI), la società dei Benetton. Dopo gli arresti dei massimi dirigenti di ASPI tra i quali l’ex amministratore delegato Castellucci, e soprattutto dopo la pubblicazione dei risultati delle perizie dei tecnici sul crollo del Ponte Morandi, neppure la revoca della concessione è sufficiente.
Lo Stato deve tornare a controllare le autostrade: oltretutto si tratta di infrastrutture costruite grazie alle tasse dei cittadini, dei consumatori ai quali si riferiva Mattei.
Sono passati 868 giorni dalla strage di Genova. 868 giorni duranti i quali la famiglia Benetton ha continuato a incassare pedaggi su pedaggi. Ci sono stati 43 morti, centinaia di sfollati, arresti illustri e parole scritte nelle perizie sul crollo che gridano vendetta.
I consulenti del giudice per le indagini preliminari, nella loro perizia, hanno scritto che se controlli e manutenzione “fossero stati eseguiti correttamente, con elevata probabilità, avrebbero impedito il verificarsi dell’evento”. Inoltre che “non sono stati individuati fattori indipendenti dallo stato di manutenzione e conservazione del ponte che possano avere concorso a determinare il crollo”.
Se Autostrade per l’Italia avesse compiuto normali controlli e fosse intervenuta per contrastare la corrosione dell’acciaio dei piloni, il Ponte Morandi starebbe ancora in piedi. “È molto triste ma finalmente chiaro avere conferma che tutto poteva essere evitato”. Sono parole di Egle Possetti, presidente del comitato delle vittime del Morandi, che in quel maledetto 14 agosto del 2018 ha perso a Genova la sorella, i nipoti e il cognato.
Una tragedia che si sarebbe potuta evitare, se non ci fosse stata “incuria, omesso controllo, consapevole superficialità e brama di profitto”. Queste sono parole del Presidente della Repubblica Mattarella.
Enrico Mattei da una parte, Castellucci dall’altra. Tutti e due pensavano al loro datore di lavoro, solo che nel caso di Mattei era il popolo italiano, per Castellucci la famiglia Benetton. Mentre il primo pensava di dover portare al consumatore tutto ciò che fosse possibile, il secondo pensava alla famiglia che l’aveva reso miliardario.
Nel Paese delle etichette facili chi ritiene l’accoglienza interessata l’altra faccia dello sfruttamento dei migranti è un poveraccio di destra. Chi non vorrebbe vendere più armi all’Egitto di Al-Sisi un poveraccio di sinistra. Chi sostiene la causa palestinese è un antisemita nonostante anche i palestinesi siano semiti. Chi considera una vergogna il bloqueo che da 58 anni colpisce Cuba è un comunista. Chi ritiene che nazionalizzare le autostrade, a partire da quelle dei Benetton, sia una soluzione di civiltà è considerato un pericoloso statalista.
Mattei morì in un incidente aereo il 27 ottobre del 1962. Prove che si trattò di un omicidio non ve ne sono. I sospetti sono migliaia. Nel 2016 la prima sezione penale della Cassazione depositò le motivazioni della sentenza sulla morte del giornalista Mauro De Mauro, sparito, a Palermo, il 16 settembre del 1970. Per la giustizia italiana De Mauro venne assassinato da Cosa Nostra perché era a conoscenza di notizie riservate sulla morte di Mattei.
La morte di Mattei fece comodo a molti. A politici pavidi invidiosi del suo coraggio e della sua capacità politica. Fece comodo ai francesi della Total, ai terroristi dell’OAS, agli azionisti della ESSO, della Shell, della Chevron e della Texaco. Fece comodo al Dipartimento di Stato americano, che ebbe un ostacolo in meno per il suo progetto di colonizzazione liberista del mondo. Fece comodo a tutti coloro che, da oltre sessant’anni, si adoperano per dimostrare alla pubblica opinione che privatizzare è bello.
Tanti si sono convinti, tanti si informano. Tanti hanno la memoria corta. Tanti contano i giorni passati dalla tragedia di Genova. Negli anni ’90, per far quadrare i conti ed entrare nei parametri imposti dall’Unione europea, sedicenti governi progressisti – che avrebbero dovuto seguire le orme di Mattei – svendettero gioielli pubblici ai privati. Quote delle partecipate di Stato, gestioni degli aeroporti, concessioni autostradali.
Il pubblico esiste ancora, ma, quantomeno per quel che riguarda le autostrade, gestisce ciò che non è redditizio. ANAS amministra decine di migliaia di chilometri di strade. Alcune tratte le gestisce bene, altre meno. Il punto è che gestisce quelle meno vantaggiose. Le galline dalle uova d’oro, come l’A1, la Bologna-Padova o la Milano-Torino, ovviamente, sono state date in concessione ai privati.
Oggigiorno, sebbene la tragedia del Covid abbia mostrato al mondo intero l’importanza dello Stato e della sanità pubblica, chi osa pronunciare la parola nazionalizzazione è considerato un eretico, un sacrilego, un blasfemo. Chi osa mettere in discussione le concessioni regalate ai privati che, a loro volta, restituivano il favore sotto forma di finanziamento alla politica viene dileggiato, irriso a mezzo stampa, disprezzato magari proprio da coloro che, a favor di telecamera, inneggiano a Mattei e al suo grande senso dello Stato.
Quel Mattei che non volle alzare i prezzi della benzina, e magari proprio per questo perse la vita, in quanto doveva portare al consumatore tutto il possibile. Quel Mattei al quale oggi dedicano strade e piazze, convegni e fiction. Quel Mattei che, da morto, viene incensato da tutti quanti, anche da coloro che appena aprono bocca lo fanno rivoltare nella tomba.
Si, un riassunto, ma veritiero al 100%
Complimenti.
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Dopo leggerò l’articolo, se ce la faccio, anche se posso immaginare quale sua il contenuto.
Mi sorprende il numero di coloro che spalancano le porte ai magnager di Stato (con la loro pletora di fancazzisti che dovremo tenerci sul groppone a vita a prescindere dai risultati) per difendersi dai prenditori di Stato.
Due forme di ruberie a spese della collettività insopportabili.
Però per qualche misterioso motivo le ruberie di fancazzisti e magnager di Stato le preferite, come se fossero più etiche o meno costose per la collettività.
Le privatizzazioni a favore dei prenditori (da non confondere cogli imprenditori veri, che stimo almeno quanto il metalmeccanico in catena di montaggio) sono il risultato NON di un sistema sbagliato ma di una politica ladra che percepisce mazzette e rinuncia al suo potere di controllo.
Con gare d’appalto trasparenti agevoli l’imprenditore e non il prenditore.
Sono portato a pensare che ai vostri cari leader (e forse un po’ anche a voi) piacciono le aziende di Stato perché anbiscono a farci lavorare tutta la famigghia, amici inclusi. Il solito schifoso sistema clientelare
Perché mai, da cittadini, dovreste auspicare un sistema costoso e inefficiente?
Ad un concessionario togli la concessione se non rispetta le performance, arrivederci e grazie!
Il baraccone statale (Anas) te lo tieni a vita!
Su, unite i puntini, non è difficile!
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Strano … a me invece sembra molto semplice perché nazionalizzare.
Premesso che allo stato attuale della politica e imprenditoria italiana quasi tutti rubano, corrompono/si fanno corrompere nel pubblico e nel privato … ma lasciamo da parte la premessa.
E’ semplice: per le infrastrutture costruite dallo Stato (con le tasse degli Italiani), e quindi parliamo di autostrade, aeroporti, raccolta e distribuzione acqua potabile, infrastruttura telefonica, etc. etc. la gestione deve essere pubblica ed in pareggio nel bilancio finale di fine anno. Al privato bisogna garantire il guadagno di almeno il 5 – 7% (il 7% era quello che volevano garantire nella gestione delle acque pubbliche). Va da sé che la gestione del privato è più costosa per la collettività.
Questo è solo il primo motivo.
Il secondo sarebbe la manutenzione dell’infrastruttura che al privato non interessa affatto.
Infine non si capisce perché per tanti di voi un’impresa privata debba gestire una cosa costruita da altri, senza alcun investimento/rischio/merito.
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“Premesso che allo stato attuale della politica e imprenditoria italiana quasi tutti rubano, corrompono/si fanno corrompere nel pubblico e nel privato … ma lasciamo da parte la premessa.”
No, no, altro che lasciamo perdere, è proprio la tua premessa il punto.
Se tutti o quasi rubano e si fanno corrompere, la mangiatoia è inevitabile, pubblico o privato che sia.
Con una fondamentale differenza che capisce solo chi si identifica con il “contribuente” e non col “magiatore”:
La mangiatoia statale è una strada senza uscita!
La mangiatoia privata è una strada con una vita d’uscita: la revoca della concessione!
” la gestione deve essere pubblica ed in pareggio nel bilancio finale di fine anno”
E chi te lo ha detto, la fata turchina?
“Al privato bisogna garantire il guadagno di almeno il 5 – 7%. Va da sé che la gestione del privato è più costosa per la collettività”
Manc pe’ ‘o caz, la gestione statale quel 7% in più che ci potrebbe costare il privato (ma le percentuali possono essere oggetto di trattativa) se lo divora a colazione con la sua inefficienza ed il suo sistema clientelare e antimeritocratico.
Gestire una impresa ha un costo, indipendentemente se manager o dipendenti siano pubblici o privati.
Bisogna capire se la “GESTIONE” convenga (nel senso di rapporto qualità del servizio/denaro pubblico speso) affidarla ad una impresa privata o pubblica. Una impresa che faccia lecitamente utili nella gestione di autostrade è del tutto legittimo se offre un buon servizio ad un prezzo congruo.
Le tasse che abbiamo pagato non c’entrano un nulla, ora bisogna solo capire quale scelta sia più vantaggioso per il contribuente.
Io mi identifico in quello.
Tu in chi ti identifichi?
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La premessa serviva a mettere sullo stesso piano pubblico e privato escludendo corrotti ladri e inefficienti.
A parità di servizio quello pubblico costa meno.
I servizi pubblici non includono nel calcolo il margine di guadagno.
Con corruzione e ruberie incluse … sì è ancora meglio il pubblico … vedi i morti del Morandi.
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Ottimo Di Battista.
Un po’ di storia di questa povera colonia italica fa sempre bene.
Nazionalizzare le infrastrutture pubbliche è la cosa giusta
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Di Battista è un vero fenomeno, azzecca le premesse e toppa le conclusioni.
“Prezzi bassi, benzina di qualità, investimenti nella distribuzione, motel puliti ed economici per i camionisti e, soprattutto, indipendenza energetica. Portare al consumatore tutto quello che è possibile.
Occorrerebbe aggrapparsi a questa frase per chiedere la nazionalizzazione di Autostrade per l’Italia (ASPI), la società dei Benetton”
E perché mai?
Perché la gestione da parte dello Stato di un bene statale porterà al consumatore “quello quello che è possibile”, ovvero “prezzi bassi” e “qualità”?
La gestione statale è efficiente ed economica per le tasche dei cittadini? Davvero? Ma tu guarda?!
Far gestire Autostrade da un’impresa privata equivale a “privatizzare” niente, le Autostrade rimangono una concessione, quindi un bene statale.
Piuttosto, quand’è che si rimuoveranno le concessioni ai titolari degli stabilimenti balneari? Dove sta scritto che debbano tramandarsi di padre in figlio? Le concessioni, tutte (inclusa Autostrade) devono essere pro tempore. Altrimenti diventano beni privati.
Far gestire Autostrade da una impresa privata, se la politica fa il suo dovere e impone norme chiare e performance che giustifichino il prezzo, nella massima trasparenza (che è un fantastico antidoto contro la mazzetta), con resoconti pubblici dei risultati ottenuti, allora privatizzare potrebbe essere conveniente per la collettività.
Altrimenti chi propone la nazionalizzazione dovrebbe almeno spiegarci come intende difenderci dai rischi Alitalia, Anas, Atac, Ama e Alimeglimortacci loro!
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Andreaex
Applausi scroscianti.
Ma perché uno deve leggersi le tesine scolastiche di Dibba, che studia certo, si applica, ma ha sempre quell’aria da eterno studente fuori corso. Giusto i parenti stretti.
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viva il privato!
viva la sanità privata!
viva la scuola privata!
viva il privato delle bustarelle!
viva il privato che fa cascare i ponti!
viva il privato che è imparziale, bastano i soldi!
viva il privato della turbativa d’asta!
davvero il privato e sempre meglio del pubblico?
se c’è un’industria in Italia lo si deve all’intervento NEGLI ANNI dello Stato!
certo che lo Stato non può fare i gelati ed i panettoni,
ma le infrastrutture, le reti e i servizi PUBBLICI SI! E LI DEVE GESTIRE non CONCEDERE rendite di posizione a degli speculatori che sono SEMPRE i privati, è nella parola stessa: PRIVATO
“Pertinente alla persona in quanto contrapposta allo stato e agli enti pubblici: interessi p.; iniziativa p.; spesso con riferimento esplicito a una sfera di attività o di rapporti o a una condizione caratterizzata da speciali garanzie di particolarità e di autonomia: scrittura p.; scuola p.; proprietà p.; emittente p. ECC.”
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“viva il privato delle bustarelle!
viva il privato che fa cascare i ponti!”
Le bustarelle nel pubblico non esistono?
I ponti gestiti da Anas non crollano?
Le bustarelle le intasca il politico dall’imprenditore.
E tu vorresti far gestire Autostrade dallo Stato, ovvero dai politici prendimazzette e dai loro lacchè raccomandati Un’altra Alitalia?
Qualche anno fa scrissi in post in cui affermato che questi MAGNAGER di Stato con stipendi fuori mercato (Cimoli, ad esempio, percepiva da amministratore delegato di Alitalia uno stipendio doppio o triplo dei suoi corrispettivi europei di AirFrance, Klm eccetera.
Poi si è scoperto che una parte di quello stipendio questi manager strapagati la giravano al politico o partito che li aveva nominati.
Capito Adriano, altro che “pubblico è bello e gratis”.
Tu confondi il “dare in concessione” con privatizzare e siccome so che a te non sfuggono differenze così macroscopiche perché mai metti tutto nel calderone”privatizzazione”? Forse per far coincidere i fatti con le opinioni tue e di Di Battista?
Matteo è stato un grande manager di Stato, una mosca bianca, negli anni 50 il pubblico funzionava, ora è in mano non ai De Matteo ma ai De Scalzi e chi ci lavora dentro, per qualche misterioso motivo, è libero di non fare un cazzo!
Questa libertà di continuare a percepire uno stipendio nonostante gli imboscamenti dei dipendenti e gli arraffamenti dei magnager pubblici non è un DIRITTO, è un ABUSO che crea lavoratori di serie A (inamovibili e non licenziabili qualsiasi cosa accada al mercato o qualsiasi negligenza compino) e lavoratori di serie B (tutti gli altri) deve finire!
Confondete il SERVIZIO PUBBLICO (indispensabile, che io metto certo in discussione) con la GESTIONE PUBBLICA del servizio.
Ciò che conta al cittadino è il costo del servizio di GESTIONE (lo si paga con le nostre tasse) e la qualità del servizio offerto.
Te lo spiego meglio: a me di chi lavora nel pubblico non frega un beato cazzo, nel senso che a me da cittadino interessa SOLO il rapporto COSTI/BENEFICI del sistema scelto, nient’altro.
Del resto, lo dico a te che lavori nel pubblico, perché mai dovremmo interessarci – da cittadini usufruirori di servizi – all’inamovibilità di chi lavora nel pubblico?
Capisci che con le imprese che saltano e i dipendenti che rischiano il posto, preoccuparsi di concedere ad un pugno di italiani costosissimi il diritto al posto fisso non può essere una priorità?
Le speculazione dei privati possono esserci solo se la politica ladra lo concede.
Se si fanno contratti dove il concessore (lo Stato) tiene per le palle il concessionario (e non viceversa) la collettività ne beneficerà. Ma è fondamentale che lo Stato non prenda mazzette altrimenti dovrà rinunciare al suo potere di controllo.
Una impresa che gestisce autostrade in modo efficiente ed al giusto costo non fa speculazione, fa impresa.
I rischi di impresa sono limitati? Bene, saranno limitati proporzionalmente anche i margini di guadagno.
L’appalto lo fa lo Stato, è proprio in questo che dovrebbe dimostrare di essere uno Stato dalla parte dei cittadini, nella trasparenza e meritocrazia nelle gare d’appalto.
Lo Stato dovrebbe fare meglio il CONTROLLORE non L’IMPRENDITORE.
Non è una questione di inimicizia verso chi lavora nel pubblico, è una questione di etica ed equità. Il pubblico mi ha disgustato ma nel pubblico ho conosciuto gente in gamba, quasi eroici nel tentare di tenere in piedi la baracca nonostante tutto.
Mi piace pensare che se fossi un dipendente pubblico avrei la forza ed il coraggio di fare gli stessi discorsi.
Come mai voi difensori del pubblico tout court non siete promotori di una maggiore severità nei confronti di chi nel pubblico si macchia di gravi negligenze?
Se lo volete proteggere, il pubblico, dovreste auspicare una maggiore severità verso fancazzisti e assenteisti.
Altrimenti la vostra sembra una schifosa difesa corporativa.
Nazionalizzazione! Bene!
Mi dici Adriano come intendi tutelarci dal rischio Alitalia/Atac e compagnia?
Trovo veramente singolare che proponete la statalizzazione di Autostrade (nazionalizzazione vi piace di più? È più al paso coi tempi? Fa più sovranista?) senza porvi il problema di trovare soluzioni affinché non si trasformi in un pozzo di San Patrizio per le nostre povere finanze.
Non è strano?
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mi stai imputando parole che non ho mai scritto.
mai difeso le storture del settore pubblico, dipendenti o malagestione.
ma il tema era un altro mi sembra, è l’economia iperliberista contro l’intervento dello Stato.
secondo la tua opinione (da quello che scrivi) lo Stato cioè Noi deve investire per poi lasciar fare ai privati.
Che così guadagnano rendite di posizione senza rischiare nulla, vedi Benetton per esempio, ma l’elenco è lungo.
Faccio un esempio: rete ferroviaria e vettori, da quando è stato privatizzato in parte e male il settore, si sono avuti più incidenti in percentuale e meno investimenti in tutte le tratte e addirittura dismissione di quelle meno redditizie.
Descrivimi un solo esempio dove i PRIVATI delle reti o infrastrutture, hanno operato secondo leggi e regolamenti e abbiano fatto meglio dello Stato, senza lasciare danni, macerie o fallimenti alle loro spalle.
Se non ci fosse stato l’intervento dello Stato nell’economia e nello sviluppo l’Italia sarebbe ancora a livello di un’agricoltura di sussistenza! Vedi la storia della rete dati, lasciata ai privati e ora deve intervenire lo stato per fare la rete dati ultraveloce.
Da quello che scrivi dimostri di avere troppe lacune di storia dell’economia
Ho la netta sensazione che la tua cultura in economica si è basata su articoli di quotidiano iperliberisti o conversazioni tra chi ha la stessa opinione.
Riguardo Alitalia, sono stati i cantori del liberalismo all’italiana (col culo “portafogli” degli altri) Berlusconi & C.ad impedirne la vendita quando era ancora possibile.
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per tua informazione
non sono un dipendente pubblico
collaboro anche con il pubblico, con regolari contratti a visione pubblica, ma non è l’ unico e più importante committente.
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Ho trovato interessante l’articolo di Di Battista, che riassume un po’ di storia economico-politica italiana
Aggiungo che mi sono fatto l’idea che a tirare giù l’aereo di Mattei sia stata l’Inghilterra (se ne parla in documenti desecretati di recente a quanto so, ma potrebbero essere informazioni manipolate, non ci metto la mano sul fuoco, è solo uno spunto).
Che le autostrede debbano essere tolte ai maletton direi che nessuno lo metta in dubbio, a parte i maletton stessi, i castellucci, i toti occasionali, le demicheli di turno e la casta in generale, che ha ìa sindrome di stoccolma, e per due bricilole sotto il tavolo scodinzola o abbaia a comando.
Poi ho letto il dibattito nei commenti e direi che sono d’accordo più o meno con entrambe le parti, quelle che si oppongono alla nazionalizzazione e quelle contro la privatizzazione con altri privati.
Il problema è che entrambi i sistemi hanno dimostrato di essere fallimentari, perchè il problema è a monte secondo me.
Andrebbero bene dei privati sotto rigido controllo, ma anche il pubblico, sempre sotto rigido controllo: il problema è che questo rigido controllo appena arriva una carriolata di banconote affonda.
Abbiamo un sistema politico marcio di corruzione.
Ma il problema vero non è nemmeno quello secondo me, ed è ancora più a monte.
L’elemento che impedisce la democrazia è la presenza di un potere che sta sopra alla politica grazie alle disponibilità economiche immense di cui dispone, in grado di comprare chiunque, e se trova qualcuno non ricattabile che non si fa nè comprare nè intimidire, basta abbattere l’aereo su cui sta volando … costa comunque relativmente pochissimo, serve anche ad ammorbidire gli altri, e rende profitti talmente alti che secondo la logica capitalista sarebbe stupido non farlo, quasi immorale direi.
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